poco prima della guerra di Stefania Crozzoletti (Kolibris)

crozzoletti copertina okkkkPoesia

La scrittura di Stefania Crozzoletti non si adagia mai su se stessa, non si compiace, piuttosto si torce in una continua vigilanza di pensiero e osservazione. Nei suoi versi “la guerra è madre di tutte le cose”, se vogliamo stravolgere a nostro uso l’espressione di Eraclito. Anche se la silloge si intitola poco prima della guerra, mi sembra si avverta un senso di lotta costante in tre tempi, prima-durante-dopo. La battaglia condotta è forse quella contro le cose perdute, cercando il riscatto del tempo dell’emozione, del tempo del sogno. La forza di una sognatrice (“i sogni dei più sono pratiche inevase” scrive a pagina 55), che non dimentica affatto il realismo e la durezza della vita, e non si rintana dietro-dentro un io narcisista autotelico, anzi infligge colpi duri al proprio ego e alla pratica della poesia: “[…] L’esperienza non significa nulla, serve sempre una conclusione. Questo rimane, mi rimane – alla fine – dopo l’ebbrezza della creazione, l’illusione della condivisione, la delusione che segue la presa d’atto. I mondi, in fondo si assomigliano tutti” (p. 50). Uno dei punti di forza di questi testi è riservato alla potenza delle chiuse (in cauda venenum), forse una messa in pratica del modo di amare (lato sensu) dell’autrice, “solo / con un coltello in mano” (p. 18), nel “disordine che fa male” (p. 34). Le cose più belle appartengono a una dimensione fuori dai recinti da noi tracciati, quando siamo come “bambini che cantano senza spartito”(p. 38), noi destinati ad abitare una frattura pur di aggrapparci a quanto la vita ci offre: “di quel che rimane cercare / come una missione / la frattura dove stare // fosse anche una pozzanghera / immergersi // – restare –” (p. 46). Dopotutto, visto che “i limiti a volte fanno regali / inaspettati” (p. 33), questi “figli interrotti delle possibilità” (p. 25), si dovrebbe forse optare per una tregua con le forze contrastanti, tra la deriva dei continenti e le danze di piccoli pianeti, immersi nelle (e riemersi dalle) parole che “hanno la consistenza delle nuvole” (p. 21).

 

 

Potrebbero interessarti

3 risposte

  1. Pingback: Maurice
  2. Pingback: Roy
  3. Pingback: Brian