Non è poi così “strano” questo diario. Lo sarebbe certo di più se domani mattina, i passeggeri della linea che fa Salvatore Sblando, scoprissero che a condurli su quei binari è un poeta. Una persona dedita alla scrittura e alla poesia da ormai quasi vent’anni. Un poeta consapevole di demandare alla scrittura d’essergli “testimone e figlia”. La cui scrittura è sicuramente un modo di affrontare la vita, di veicolare il proprio impegno “civile” nei confronti degli ultimi, di quelli a cui hanno tolto ogni voce, o delle donne maltrattate e vittime di violenza, come dimostra il lavoro antologico che ha curato di recente. Una vita dove la poesia ti costringe ad essere vigile e presente per cogliere anche “la confusione di un sussurro”. Un’esistenza comunque vissuta, tra lavoro, affetti, viaggi di andata e continui ritorni con lo sguardo fisso a sud, a Palermo e alla Sicilia tutta che, superato lo Stretto, sull’Espresso Agrigento – Torino, si riversò nell’indotto di quel miracolo italiano chiamato FIAT. Un’esistenza pubblica, ed una privata. Nella sua mansarda che è una sorta di rifugio bohèmien, un luogo di pace e raccoglimento, soprattutto per un tramviere che lavora nel traffico caotico. Ho in mente delle parole di Pessoa, scritte dal suo mezzanino al Barrio Alto. Parole che Sblando, da conducente si merita più di noi: “il rumore del primo tram come un fiammifero che illuminerà l’oscurità dell’anima”. Perché quello stridere delle ruote, spesso è ciò che avvertiamo dentro di noi quando sentiamo che le cose non vanno, non sono allineate. E la vita come il tram, strattona. E per citare il Sommo, se i colpi di ventura si fanno tosti, bisogna aggrapparsi ai sostegni ed avere sulle gambe la fermezza di un tetragono. E a proposito del rapporto tra poeta e poeta vorrei citare una poesia, dal titolo “Poeta”. Parafrasando dice che prima di scrivere, legge sempre un po’. E immagino sia per compiere quei tre gradini del Flauto Magico che portavano Mozart al suo luogo segreto. Ovvero per cercare sponde e risonanze, un sodalizio con chi coltiva le nostre affinità. Ci si immerge nelle altrui parole e si riaffiora col cuore mutato. Quella di Sblando è una poesia, che cerca e si ritrova nelle cose anche minime come “una mollica di pane che resiste ed insiste”. Una poesia che non teme il confronto con una dimensione del quotidiano, anzi che se ne appropria per ricollocarlo nella propria memoria salvifica. Una poesia in cui tutti siamo inclusi. Poeti e non.
Ereditaria età
per me e per mio padre
Sei una casa
senza muri
con le finestre
di un mare aperto
sempre calmo
e io come
acqua e sale
e pianto
e canna da pesca
sul molo
vorrei
vasculo patire
la tua demenza
mentre ti fai
dimenticanza come
quella mollica
che lancio
ogni mattina di fronte
al formicaio
lenta, piccola, lenta
più piccola, più piccola
e bianca comunque
bianca
che resiste
insiste
si fa semenza
l’assenza
la memoria
l’essenza
di limone
che non ho
saputo
voluto senza sale,
dovuto
cogliere
trasmettere
a quel mare
che accoglie
la mia prigione
avvolge
e la porta lontano
bambino
col paesaggio
di pomelie
bianche, comunque
bianche
che resistono
e insistono
sopra il mare
e sulle spiagge
dell’isola nostra
delle femmine
(Marina Palmense-Torino, luglio/agosto 2016)
*
Salvatore Sblando nasce nel 1970 a Torino dove risiede e lavora in qualità di dipendente della locale azienda di trasporti. Sue liriche sono pubblicate in antologie e blog letterari. Membro del Comitato di lettura della casa editrice La Vita Felice, partecipa attivamente a reading e manifestazioni poetiche. La sua opera prima Due granelli nella clessidra (LietoColle, 2009) è giunta alla seconda edizione. Attivo nel panorama letterario torinese, è fondatore e collaboratore di alcune associazioni culturali. Fra i curatori di diversi festival letterari, a gennaio 2015 inaugura “Aperipo-Etica”, rassegna di cultura, poesia e letteratura contemporanea. All’interno del proprio LIT(tle) Blog (www. larosainpiu.org) è solito ospitare le migliori voci del panorama poetico italiano. A fine settembre 2014 pubblica il suo secondo libro di poesie, Ogni volta che pronuncio te (La Vita Felice). Il 15 gennaio 2016, insieme ad Anna Maria Scala e Diana Battaggia, fonda l’Associazione culturale Periferia Letteraria (www.periferialetteraria.org).