Carmelo-Bene l'EstroVerso

 

 

Giungi dentro l’ora
tiepido fiorire
rosso d’alba ingenerato
alle sembianze d’echi
terra e senso d’elementi.
Giungi e spandi carne dappertutto
l’intero abito smanioso
sui tornanti
e mille colpi mescolati all’incostante oblio.
Nei recessi ogni frantume
serba il bianco dello specchio
ma tu crolli
sopra spazi di ricordo smisurato
impresso come il fato divenuto pesto.
Quale venatura
rinunciando pure all’aria
frenerebbe un cielo ambito
e orfano di mondi?
Quale passo d’assoluto
ricucirebbe un solo flutto
se figure senza rango
riportassero quel gesto
all’inveduto sole del possibile
ormai guasto?
L’età non si lascia riposare
diviene stella
tempo e meraviglia
osando anche un’impronta
vorticando di natura
se il lucore delle attese sovrumane
già tesse da lontano la sua rotta.
Un giorno
minuscole trazioni
segneranno le colonne solitarie
e il risibile contorno sfumerà nelle distese
tramutando piogge asettiche e lontane
in autentica bellezza.
E tremeranno anche i bastioni
in quell’urgenza d’esplosione
masticando le vicende funzionali
e innominabili
come il parto intontito della luna.
Così giungi
narrando d’altre fiere
come il giorno scorso
accompagnando le saturazioni
affratellate con l’odoroso muschio
ai piedi della quercia.
Giungi ancora
amato come il mare
vino sparso all’insoluta pietra
per sfiorare intese
e spingere all’animalità più dolce
il fuoco di questo sortilegio.
 

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