Paolo Parrini, “Prima della voce”, una lente “essenziale” sul sentire umano.

tre domande, tre poesie

La ricerca poetica di Paolo Parrini sembra muoversi e crescere insieme al desiderio di scoprire come nascono, muoiono e permangono i sentimenti umani. (…) Scrivere in modo autentico del sentire umano implica capacità di introspezione, empatia, disponibilità ad affrontare un viaggio senza fine. (…) Prima che la parola si faccia voce poetica, c’è un tempo di raccoglimento e di silenzio, un tempo in cui si tolgono gli orpelli e si lascia che l’essenziale trovi la forma del verso e affiori sulla carta.

(dalla prefazione di Annalisa Ciampalini)

 

In che modo la (tua) vita diventa linguaggio, qual è stata la scintilla che ha portato il tuo “Prima della voce”?

Prima della voce nasce da lontano, direi, da una ricerca inizialmente quasi inconsapevole di me stesso e del mio posto in questa vita. L’amore per la scrittura è sempre stato vivo, ma restava chiuso in se stesso. Dopo le prime raccolte di poesie, ho sentito l’esigenza di allargare il mio mondo poetico e vitale e di provare a renderlo meno ego riferito. Da qui la necessità dell’ascolto e del silenzio per fare posto a un qualcosa che aveva bisogno di questo per uscire. Prima della voce c’è il non detto, c’è il mettersi in ascolto e c’è il silenzio. Da questa predisposizione a volte scaturisce la poesia, un dare spazio in noi, facendosi anche un poco da parte. E allora magari escono parole inattese, versi che escono dal nostro piccolo mondo privato e possono essere sentiti propri anche da altre persone. Prima della voce c’è tanta lettura, e direi tanta umiltà, quella di sapersi infinitamente piccoli, ma anche pronti a cogliere l’opportunità di aprirsi al mondo e al dono dello scrivere. Aggiungo una cosa molto importante: “Prima della voce” è nato con l’apporto morale e di concreta presenza di Alessandro Canzian, editore appassionato e partecipe come pochi nel seguire il lavoro e nel dare il giusto sostegno; il libro si è anche giovato dell’apporto di Elisabetta Zambon, inesauribile e presente sempre ad ogni mia richiesta di aiuto. Elisabetta è la direttrice della Collana Callisto di Samuele editore.

Riporteresti una poesia (di altro autore) nel quale all’occorrenza ami rifugiarti, rivelandoci cosa “muove” la tua “preferenza”?

Ci sono alcune poesie nel mio cuore che lette e rilette non finiscono mai di arricchirmi. Forse nella sua totalità se debbo pensare a un rifugio, a una accoglienza, mi viene in mente Whitman, “Noi due quanto a lungo fummo ingannati”, una poesia splendida, al pari di molte altre nel mio cuore ben salda, ma che ha in più forse questo senso di compartecipazione cosmica dell’io col tutto. Leggendola o ascoltandola o anche leggendola a voce alta mi dona un senso di pace profondo. All’altro estremo del filo invece metterei Pavese e le sue “The cats will know”, insieme a “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”. Ecco, diciamo che questi due estremi alla fine si toccano dentro di me. La disperazione di Pavese, espressa in modo così vivo e vero, una disperazione che ha sapore di desiderio ancora di vivere, seppure poi purtroppo annegato nella calura di un pomeriggio estivo, quando Pavese si uccise, si contrappone a Whitman e alla sua adesione al tutto. Non potrei fare a meno di nessuno di questi due poeti grandissimi.

Per concludere, ti invito, per salutare i nostri lettori, a riportare tre poesie dal tuo libro, “Prima della voce”; di queste scegline una per condurci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere.

La prime delle tre poesie che scelgo è quella che si trova all’inizio del libro.

“Tra la pace degli alberi
e la furia di un temporale
Il rituale dell’abbraccio alla corteccia.
Sulla via camminata in mille ore
il sunto d’un dolore
poi il mandorlo fiorito
là sulla collina.
La terra che aspetta
dietro un cancello stretto.”

La seconda la amo perché la sento tanto mia.

“E nonostante tutto il buio
sperare che il tuo occhio s’apra
a meraviglie verdi e vento.
Che cali la luce del mattino
sull’onda cupa del tuo grano
che diventi meriggio e giorno.
In una sera d’estate
non fuggire più gli sguardi.”

La terza è quella conclusiva, posta nel libro addirittura dopo l’indice e dopo le collane della casa editrice, idea dell’editore che ho approvato con entusiasmo,

“Il cammino si conclude qui
dove era cominciato.
I giorni sono sentinelle stanche
riconosci gli odori e il silenzio.
Forse solo un poco più fondo
questo muoversi piano delle cose
l’emozione sale a cercare il fiore incolto.
Sei partito per tornare a casa
ora è tempo di raccoglimento.”

Direi che forse proprio la conclusiva potrebbe essere quella adatta a dare un’idea della formazione del libro. Inizialmente più lunga è stata sfrondata del superfluo e ha mantenuto una sua fisionomia fedele senza esserne snaturata. In fondo racconta il cammino di ognuno di noi, questo partire alla fine della vita che dentro di noi si spera sia un tornare a casa. Il raccoglimento è sinonimo di ascolto e di rendere il respiro. Il libro termina e resta da raccogliersi intimamente un poco come era accaduto all’inizio quando dal porsi in ascolto erano nate le parole.

Paolo Parrini nasce a Vinci il 17/05/64. Laureato in Scienze Politiche nel 1992 alla Cesare Alfieri di Firenze, indirizzo storico. Ha pubblicato 8 libri, tra i quali, “Quando cadranno i giorni” (Ladolfi 2019), “Oltre il buio della notte” (La Vita Felice 2019), “Un uomo tra gli uomini”, (Ladolfi 2020), “Dentro tutte le cose c’è amore” (Puntoacapo 2021) e “Prime della voce” (Samuele Editore 2021). Ha ottenuto vari riconoscimenti, tra i quali la vittoria al “Premio Giovanni Pascoli L’Ora di Barga” nel 2019 con “Quando cadranno i giorni” (ed. Ladolfi), il quarto posto al Premio internazionale “Città di Latina” sempre con “Quando cadranno i giorni” nel 2019 e il quarto posto al Concorso Letterario “Città di Grottammare – Franco Loi” ancora con “Quando cadranno i giorni”. Due volte nei 21 finalisti al “Premio Letterario Camaiore” con “Quando cadranno i giorni” nel 2019 e con “Oltre il buio della notte” nel 2020. Con “Un uomo tra gli uomini” è stato sesto al Premio Letterario internazionale “Città di Latina 2021”, finalista al Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti 2020-2021 e terzo classificato al Premio Letterario Internazionale di poesia “Principe Nicolò Boncompagni Ludovisi” 2021.

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