Il secondo numero del nostro Quadernario prosegue nella sua linea, a nostro avviso chiara e aperta, che è quella di proporre, volta a volta, autori di letterature e generazioni differenti. Ed ecco dunque, accanto a quello che, in questa antologia di inediti, possiamo considerare il decano, e cioè Arnaldo Ederle (nato nel ‘36), alcuni giovani o addirittura giovanissimi, come Antonella Chionna (nata nel ‘90, ma altri ne proponiamo, nati alla fine degli anni ‘80), che ci danno modo di cogliere, insieme, la continuità e le evidenti – ma non certo decisive – varie impostazioni di orientamento e tono che si sono manifestate nella nostra poesia nell’amplissimo arco di esperienze e di condizioni storiche così diverse.
Tra gli autori stranieri qui proposti, (grazie alla valida collaborazione di eccellenti traduttori) due dei quali di lingua spagnola, ma l’uno messicano e l’altro argentino, emerge invece un dato: la sostanziale appartenenza a una stessa generazione, quella dei nati nei primi anni del dopoguerra: Vegliante nato nel ‘47, Campos e Lazić nel ‘49, Vallisoo nel ‘50 e Boccanera nel ‘52. Leggere come poeti quasi coetanei, ma vissuti in paesi e dunque in realtà e culture diverse, riescano ad esprimere, nella vitalità della loro poe-sia, queste profonde differenze è cosa davvero stimolante.
Un altro aspetto notevole, a mio avviso, nella varietà delle nostre scelte, è anche la presenza di una scelta stilistica sempre più, ne sono convinto, destinata a imporsi nel futuro, e cioè quella del poemetto in prosa, di cui appaiono nel Quadernario esempi molto persuasivi.
Infine, come nel primo numero, ecco un intervento critico di Mary B. Tolusso, su un poeta del nostro tempo, Ivano Ferrari, così come rilevante (trattandosi poi di un’autrice appartenente a una letteratura tanto diversa dalla nostra quanto, in effetti, poco conosciuta) è il saggio che accompagna i testi di Mari Vallisoo.
(Maurizio Cucchi)
cinque poesie da Sizigie (Poesia Straniera)
di Marco Antonio Campos
(tradotto da Martha L. Canfield)
Tratado de la vanidad
Romano ínclito que la gloria anhela
le dio por esculpir su propia estatua.
Todo lo estudió, lo aprendió todo.
¡Qué torneado perfecto del conjunto!
¡Qué melodiosa luz en mármol vivo!
¡Qué levedad intensa en cada rasgo!
Pero algo olvidó el artista en su cuidado,
algo que azar o dioses no perdonan.
Que en el correr de los siglos, hundidas
en el lodo o bajo el templo, de súbito
aparecen estatuas sin cabeza.
Roma, 2013
Trattato della vanità
Inclito romano che alla gloria aspira
volle scolpire il proprio monumento.
Tutto volle studiare, imparò tutto.
Che tornita perfezione dell’insieme!
Che soave intensità in ogni tratto!
Ma qualcosa scordò l’artista in quell’impegno,
qualcosa che gli dèi o il fato non perdonano.
E col passare dei secoli, affondate
nel fango o sotto il tempio, ad un tratto
compaiono statue senza testa.
Roma, 2013
*
di Jorge Boccanera
(Tradotto da Alessio Brandolini)
Polvo para morder
(fragmento, III)
Bésale las piernas a la poesía
aunque diga que no que aquí nos pueden ver.
Bésale las palabras hurga su lengua hasta
que abra los brazos y diga ¡santo dios !
O hasta que santodios abra los brazos de escándalo
bésale a la poesía a la loba
aunque diga que no que hay mucha gente que aquí
nos pueden ver. Bésale las piernas las palabras
hasta que no de más hasta que pida más
hasta que cante.
(de Polvo para morder, 1986)
Polvere da masticare
(frammento, III)
Baciale le gambe della poesia
anche se dice di no perché qui possono vederci.
Bacia le sue parole fruga la sua lingua finché
apra le braccia e dica: santo dio!
O fin quando santodio apra le scandalose braccia
bacia la poesia della lupa
anche se dice di no perché c’è troppa gente e qui
possono vederci. Bacia le sue gambe le sue parole
fin quando non dia di più fin quando chieda di più
fin quando canti.
(da Polvere da masticare, 1986)
*
di Radmila Lazić
(Tradotto da Marijia Mitrovic)
Voleti
Volim tvoje sede vlasi
I svaku tvoju boru.
Tvoj reumatizam i kašljucanje,
Podrhtavanje tvojih ruku
Dok prelistavaju stranice
Novina i knjiga,
Ili mi dodiruju kosu.
Volim ih dok ustima prinose
šolju sa čajem,
I kada miruju u krilu,
Ili miluju psa kraj nogu.
Takođe volim i tvoje noge
U kućnim patikama
Skupljene jednu uz drugu,
I dok se sporo vuku volim ih
Po tepihu i po lišću,
Kao što se godinama vuku u meni.
I tvoj glas drhtav volim
Dok mi se obraća sećajući se,
Ili dok mi skreće paţnju
Na neki stih.
I tvoje mutne oči volim
Dok ţmirkaju i dok me gledaju,
I tvoje naočari na pola nosa,
I tvoju veštačku vilicu u čaši
Volim,
Već sada,
Mnogo godina unapred.
Amare
Amo i tuoi capelli bianchi
E ogni tua ruga.
I tuoi reumatismi e il tuo tossicchiare,
Il tremolio delle tue mani
Mentre sfogliano le pagine
Dei giornali e dei libri,
O mi sfiorano i capelli.
Le amo mentre portano alle labbra
Una tazza di tè,
E quando riposano in grembo,
O accarezzano il cane ai tuoi piedi.
Anche i tuoi piedi amo
Nelle pantofole da casa
Raccolti l’uno vicino all’altro,
Mentre lentamente si trascinano li amo
Sul tappeto o sulle foglie,
Come da anni si trascinano dentro di me.
E la tua voce tremante amo
Mentre mi si rivolge ricordando,
O mentre richiama la mia attenzione
Su qualche verso.
E i tuoi occhi velati amo
Mentre si socchiudono e mentre mi guardano,
E i tuoi occhiali a metà naso,
Anche la tua dentiera nel bicchiere Amo,
Già ora,
Molti anni in anticipo.
*
di Jean-Charles Vegliante
(Tradotto da Mario Benedetti)
Aconit – Keats
Racines cheveux d’on ne sait plus quel sol
(longue élaboration en potions muette).
Éloigne de nous cette grappe de nuit
je ne veux pas du Léthé encore : assez
descendu ! cette honte bue de tard vivre,
et savoir dans une bouche ultime exsangue
la fleur noire si claire de l’aconit.
(avec Keats, lu par F. Turner)
Aconit – Keats
Radici capelli che non si sa più quale suolo
(lunga elaborazione di pozioni muta).
Allontana da noi questo grappolo notturno
non voglio ancora il Lete: già troppe volte
disceso! smarrito il pudore di un tardo vivere,
e sapere in una bocca ultima esangue
il fiore nero così lucente dell’aconito.
(con Keats, attraverso F. Turner)
*
di Marga Clark
(Tradotto da Roberta Buffi)
I
Emprendo mi descenso a los adentros
la oscuridad me enciende
grito y no me oigo
llor y no me siento
busco y no me encuentro
Yo soy el vacío
I
Comincio a calare nelle profondità
il buio m’incendia
grido e non mi òdo
piango e non mi sento
cerco e non mi trovo
Io sono il vuoto
sette poesie da Plenilunio (Poesia italiana)
di Lorenzo Caschetta
Insonne
Non vuole darsi il sollievo del sonno
e si apre il ventaglio fra il grigio e il nero
dove ogni sbaglio ritorna puntuale.
Sono pensieri senza corrimano
mozziconi di frasi moleste
ombre dietro un vetro smerigliato.
*
di Massimo Daviddi
I
Tra le parentesi, spazi vuoti da riempire e zone non occupate dal tutto, una protezione nei segni che sembrano allontanare le certezze o precisare, quando pressiamo una delle due per tenere a bada un di-scorso, per riposare. Un piccolo pianeta, il silenzio di una chiesa senza cristiani fuori dalla foga della verità, noi che vorremmo noi stessi altri, sfuggiti alla cronaca, ai genitori, al giorno.
*
di Letizia Dimartino
Fossi io stata lontana
dietro i lunghi corridoi
in fondo alle stanze
riparata dai tanti vestiti
avrei morso labbra
sporcato sorrisi
aperto le porte che tu chiudi
in ogni ora della mia giornata
avrei dormito sopra grandi cuscini
ma si fa giorno a stento
qui, in questa casa che rischiara.
Qui, dove tu sai, io ancora vivo.
*
di Mario Fresa
2
Alla fine, il coraggio viene fuori davvero. E lo sai chi è la persona a cui ho salvato la vita? Io non fatico certo a capire come ha fatto. Cioè mi ha detto: il mio padrone non è mica il fidanzato del mondo. Eppure, poco prima di finire, le rivedevo stese, così, pronte all’assalto. Perciò mi si avvicina, vedi, e mi sussurra: «però ne avresti voglia». E allora io, di rimando: «ma voglia non è fare, e fare non è voglia!». Ed ecco nata un’improvvisa amicizia.
*
di Renato Minore
2
In bilico sulla crosticina
esile e tremante
siamo qui a ricontarti,
madre-madrigna
da maledire, da adorare,
se non stravolgi
infissi, travi, mattoni
nel pulviscolo
dei tuoi comandamenti
*
di Ottavio Rossani
Vitalità
In un giorno di sole lucente come questo
nel mezzo di un febbraio troppo freddo
qui a Roma aspettando un amico,
potresti anche chiudere gli occhi
e auspicare un evento eccezionale.
Un’avventura restando fermo e sospeso,
un sorriso che ti svegli dal torpore.
Stridere di piatti, aroma di caffè,
una musica lontana che titilla la pelle.
Vedi giovani e vecchi sfogliare libri,
cullarsi su pigrizie inconsuete,
lasciare le ore spaziare sui corpi,
intuire segnali misteriosi.
E quel volto di donna illuminato
che saluta confidente e ti trascina
verso un’ipotesi di ardita rinascita.
Ti suggerisce una rapida strategia?
Ma non era già partito l’ultimo treno?
Roma, 23 febbraio 2011
*
di Luigia Sorrentino
la scintilla aurorale
svela il legame col vento, ritmico
il respiro scardina
la parola, sente, non vede
là dove tutto ha avuto inizio
si compie a poco a poco
beati quelli nati
da una generazione spontanea
più di un vento saldano a sé,
nella corteccia di un suono dorsale
eccede il canto
cinque poesie da Novilunio (Poesia italiana)
di Dina Basso
T’ha fari lignu, figghia mia
canusci u vientu, fatti purtari
e crisci ‘ntricata
no modu ca tu sula
ti poi spurugghiari.
E chiancia sulu cu n’occhiu
si lignu e ‘n quantu tali, solitamenti
nasci pp’ammucciari.
(Devi farti legno, figlia mia / conosci il vento, fatti portare / e cresci intricata / nel modo che tu sola / ti puoi sbrogliare. / E piangi solo con un occhio / sei legno e in quanto tale, solitamente / nasci per celare.)
*
di Roberto Cescon
Eravamo il lievito del pane,
un cucchiaio di odori stropicciati.
Ora guardo a ponente, primavera
per noi non ci sarà.
Bruciavo di volerti ancora
com’eri. Ora corto
è il fiato, le forchette a parlarsi
sole nella bonaccia del pranzo.
Lascio il timone, conto alla rovescia.
Come afferrano l’alba le labbra
cucite, le gemme innevate?
*
di Stelvio Di Spigno
Notizie dall’estate
Fuoco nell’aria mista a sale e a corpi terrestri
e incostanti. Pedalare, camminare, sterzare con l’auto
per Gaeta, Formia, Minturno. Una curva presa male
e ti ritrovi in Campania o su una croce. Tutto sa di altro.
Ovunque luoghi troppo cari per passarci l’estate.
Troppo inutile l’estate per passarci la vita.
Dove i miei cari pendevano verso il fresco del mare
ora negozietti e rent car. Fine delle trasmissioni,
con la camicia sbottonata, cerco di essere
invisibile come loro, ma la parete della morte
non si fa attraversare. Loro sono oltre, io dall’altra
parte, non so se partire, restare, pregare
per una vita breve. Estate benedetta, che mi riporti
dove tutto è cominciato. Agosto torrenziale,
che mi fai vedere a figura intera i volti, i templi,
i tempi in cui tutto si è interrotto. Fuoco per ogni dove,
fuoco su di me. Sparate pure, non mi prenderete.
Non ancora, tra le rotonde e le spiagge con nomi
californiani, anche la fine perde l’orientamento.
*
di Andrea Leonessa
Pseudocodifica
«Allora ho rinunciato alla mia lingua»;
questa dello stare non è azione che attrae;
le falene, la luce, e ne risulta dal vetro;
che questo mondo s’annida nel nulla siliceo;
che è battuto da zampette assolate, ed ancora;
che le cose che s’annodano nella gola sono sole;
cronologie che sgomitano il tempo, che sbattono;
tra un esoscheletro ed una schermata di carne;
//questa solitudine è un’attività programmata;
*
di Giulia Rusconi
Se si potesse mangiare di spalle
schiena contro schiena
e con le mani! Invece quando è in casa
vuole una cena vera la tovaglia
i piatti i tovaglioli di stoffa.
Ed io che sono goffa
mi sento venir meno le posate
mangio a rate, distratta,
seduta di sbieco pronta a scappare.
*
Il Quadernario Almanacco di poesia contemporanea 2015 a cura di Maurizio Cucchi (LietoColle, Libriccini da collezione) è articolato in cinque sezioni. Come da sommario: Sizigie Poesia straniera (Marco Antonio Campos, Jorge Boccanera, Radmila Lazić, Jean-Charles Vegliante e Marga Clark); Plenilunio Poesia italiana (Lorenzo Caschetta, Massimo Daviddi, Igor De Marchi, Antonio Di Mauro, Letizia Dimartino, Arnaldo Ederle, Mario Fresa, Renato Minore, Francesca Moccia, Ottavio Rossani, Luigia Sorrentino); Novilunio Poesia italina (Dina Basso, Stefania Buiat, Roberto Cescon, Antonella Chionna, Stelvio Di Spigno, Francesca Donazzan, Andrea Leonessa, Piero Simon Ostan, Michele Porsia, Giulia Rusconi); Corpo Celeste uno – Nel simbolo materico di Ivano Ferrari di Mary B. Tolusso; Corpo Celeste due – Il canto dell’aldiquà e dell’altrove / La poesia di Mari Vallisoo di Mailis Põld.
(Redattori: Mary Barbara Tolusso, Alberto Pellegatta, Fabrizio Bernini. Segretaria di Redazione: Valeria Poggi).