all’alba
all’alba
mi rivoltavo verso il tuo cuscino
per vedere se aveva dormito
o un’altra notte insonne
chissà se sulle stelle o il pianerottolo
ma non sentivo l’acqua giù in cucina
dunque senz’altro non in casa.
Poi passavo una mano
a ricercare il vuoto dei capelli
per sentire se erano sudati
o la brezza
che conosce le strade e le fessure
era stata d’aiuto
a superare tutto quel disagio
che un caldo oscuro spesso ingenerava
ma non capivo
e mi rivolsi a un attimo di stasi
che si aggirava lungo la penombra
che vagava la casa
rendendo trasparente il tuo mattino.
Non c’è modo di dire
non c’è forma
e non ci sono ginestre nel tuo vaso.
Non c’è neppure l’ombra di un respiro
e sospirando mi rivoltavo verso la parete
che non sa cosa dire.
*
*
*
l’altra mano
Non s’intuiva alcuna curvatura
d’orizzonte
senza forma di terra
di cui intravedo l’ombra nel deforme.
Prendimi l’altra mano
nel vasto senza fondo del mio senza
che la mia presa è fragile
e la sera cammina e non si volta.
C’era veglia sul viso
mentre aspettavo un sonno involontario.
Notte, come sempre la notte
ma non voglio ferirti se ti amo.
*
*
*
terza passeggiata a volo basso
mi ricordo di te
quando eravamo uccelli
le nostre passeggiate a volo basso
e le nuvole che odorano di pioggia
quando l’inverno ti riflette il mare
le gocce da schivare
e la città
dove la notte fugge dai lampioni
ed i tuoi passi sanno di distanza
una fuga che avanza.