#1Libroin5WPOESIA, a cura di Giulia Martini, “Poeti italiani. Nati negli anni ’80 e ’90”, vol. 3, Interno Poesia.

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Chi?

La relazione. Vale a dire, non il singolo autore né la singola voce lirica, e nemmeno l’insieme degli autori o l’insieme delle singole voci: ma l’evento del loro incontro, quando avviene. Questo incontro non si produce nel libro come oggetto o progetto editoriale, ma nella vita che vi fluisce e ne rifluisce sotto forma di occasioni relazionali: scambi dialogici; eventi; viaggi per andare agli eventi; creazione di rapporti da cui possono nascere (e sono nati) progetti poetici o comunque culturali, vivi. È un’antologia relazionale.

Cosa?

I temi sono quelli della poesia recente (riprendo questo aggettivo da Riccardo Frolloni: <http://www.leparoleelecose.it/?p=40112>); che sono, al fondo, quelli della poesia da sempre. Nel corso degli anni comunque, mi sembra che sia emerso un ordine di discorso che fa capo al concetto di nostalgia creativa (<https://doi.org/10.31273/polisemie.v2.811>), progressivamente definito nelle prefazioni ai singoli volumi. Si tratta, in sostanza, di una particolare messa in relazione di motivi e stilemi ricorrenti, fra cui l’autoinvestitura poetica, l’uso del futuro semplice, la disgregazione del mondo, la rappresentazione di un pubblico ostile, il cibo nocivo e via dicendo.

Quando?

Nel 2018, appena congedato Coppie minime: mi sembrava che quel gesto fosse irreale; o meglio, che fosse destituito di senso finché non fosse dialogicamente condiviso. Così è cominciata una ricerca, in direzione non tanto della famosa ‘guida’ quanto di coloro che allora ritenevo (anche ingenuamente) potessero essere dei ‘compagni di strada’, connessi da un lato da qualcosa di accidentale e meramente convenzionale come l’anagrafe, dall’altro da qualcosa di volontariamente necessario e determinante come il gesto poetico. Nei quattro anni intervallati dalle tre pubblicazioni, il senso di questa ricerca è cambiato e ha assunto prospettive molteplici, più complesse (e forse meno ingenue). Non è cambiata, invece, l’attesa di fondo: quella del costituirsi di un evento relazionale.

Dove?

A Firenze, in via G. Monaco: era dove abitavo fra marzo e giugno del 2018, nei mesi in cui ho congedato e pubblicato Coppie minime. Allora facevamo delle cene a casa mia, io, Francesco Vasarri, Manuel Giacometti, Bernardo Pacini e Dimitri Milleri: ci leggevamo le nostre cose e ne parlavamo. Questa ‘componente fiorentina’ forte nel primo volume dell’antologia, per quanto mi riguarda, attesta soltanto il fatto che questo libro, come dicevamo, fluisce dalla vita. Fare quest’antologia ha anche cambiato la mia geografia, che da territoriale è diventata affettiva, la mappatura di una relazionalità basata sull’esperienza poetica. Ne parlavamo meno di una settimana fa (inizio dicembre ’22) con Francesco Ottonello, in macchina sua, perdendoci nelle vie impossibili di un non-luogo a Nuoro, talmente strette che con gli specchietti aperti non si passava, nel tentativo di raggiungere una casa dove ci sarebbe stato un reading di poesie: questo è accaduto realmente, ma avrebbe potuto anche essere soltanto la metafora di quella cosa che i tre volumi cartacei di Interno Poesia fissano in una materialità concreta.

Perché?

Perché no? È un libro di poesie bello (bello tutto).

scelti per voi

Adele Bardazzi: «Quando dopo un lungo weekend l’ospite lascia casa, senza rimanere fino a dopo pranzo, ma per educazione si sveglia prima di te, e riparte dopo solo un caffè, allora una strana frenesia di felicità arriva alle mani – così mi sento quando te ne vai, ripensando che te ne sei andato ieri senza lasciare troppa polvere dietro di te, ma solo una bustina di zafferano»

Michele Bordoni: «L’anima, il cocchio a due cavalli di Platone, / vi penso in aeroporto, a motori accesi, / in fase di rollaggio sulla pista. / È metà ottobre, ancora verde l’erba / ai lati del cemento.  Vi penso come a una corsa / frettolosa, anticipata / se poi la paragono alla fermezza / titanica dei fiori a inizio autunno»

Carola Borys: «Nella quiete del mattino, sono sempre un passo indietro dal capire. L’oggetto, molto piccolo, è già stato posseduto – da anni compilo la sua storia, i precedenti proprietari. Che non sia uno di loro, questo è evidente […]. Ma se avessi la sicurezza – l’oggetto non è mio ma lo userei. Lo userei fino a consumarlo, a esibire il suo relitto, mi guardereste che lo butto via»

Francesco Brancati: «Questo fatto è invece accaduto, / lo stiamo vedendo in un video / e dobbiamo abbassare il volume / perché quando il camion rovescia / il terzo carico di bestie nella terra / il rumore dei grugniti è troppo forte / e potrebbe disturbare i vicini / seduti al tavolo accanto»

Davide Castiglione: «“E sì, ho interrotto gli studi, non ho idea di come sia accaduto, / facevo vestiti ed eccomi rovesciare le mie poche carte / come i motivi dei miei cuscini e non mi trovo, non mi trovo”».

Riccardo Frolloni: «La casa era prima di terra e poi d’aria, l’acquedotto / ce lo siamo allacciato noi, con le nostre mani, // la terra infine la nostra e così comincia una stirpe, / seguono vigneti e alberi di prugne, il caco // d’inverno porta frutti rossi su rami secchi»

Giulia Rusconi: «Edoardo è paziente, aspetta qualcosa, / ma a volte è stanco e si ribella. / Ha tutto che non va, i meccanismi / saltano uno dopo l’altro. Dall’antro / oscuro del suo letto spuntano / due occhi gialli di rospo»

Francesca Santucci: «Non c’è tra queste parole qualcosa / che possa avere scritto solo io, e nessun altro. // Ora credo che uscirò in bici, perché il cielo / voglio vederlo passarmi sopra la testa, come un uccello»

Riccardo Socci: «Si prepara al temporale. Una donna / consiglia all’uomo di non soffocare / le proprie emozioni. Sui tronchi, / muovendo l’addome, i maschi di cicala / richiamano le femmine. Un’immagine / di recente ricorre nei suoi pensieri: / è mercoledì, siamo in cucina, / c’è una vecchia signora / che stende gli gnocchi»

Matteo Tasca: «è una stanza con grandi finestre / assolate –  proprio come / nell’incubo che preferisco, dove c’è / la-donna-più-bella-del-mondo / fredda e inespressiva, un letto / con orrende lenzuola violette / e la nonna che mi guarda preoccupata, / e io ho solo voglia di scopare / ma ogni cosa è irraggiungibile / fino allo spasimo»

Francesco Maria Tipaldi: «con un grosso panno nella bocca sembra avere / uno sguardo più potente / è vero? / è sano che si veda quella vena verde?»

Marco Villa: «Poi il tempo, il tempo inizia / a dare il suo peso, e quello / che capisci costruendo è che tutto / era fuori dalla tua volontà / e nella sua estrema debolezza / ti chiedeva un destino da cominciare: / per i tuoi errori definitivi, una certa / parete illuminata, e la donna / che ancora stringi perché questo / luogo tagli col caos e sia una casa»

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Giulia Martini (nella foto in copertina di Cléo Rosette) si è laureata in Letteratura italiana contemporanea con una tesi su Pigre divinità e pigra sorte di Patrizia Cavalli. È attualmente dottoranda in Filologia e Critica all’Università degli Studi di Siena, in co-tutela con l’Université de Fribourg (Svizzera), con un progetto di ricerca dedicato alle forme e alle funzioni del dialogo nella poesia italiana del secondo Novecento. A giugno 2018 ha pubblicato la raccolta Coppie minime (Interno Poesia).  Sempre per Interno Poesia è curatrice dell’antologia Poeti italiani nati negli anni ’80 e ’90 (I vol. 2019, II vol. 2020, III. vol. 2022).

 

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