#1Libroin5W.: Massimiliano Bardotti, “A noi basti la gioia di cantare”, peQuod.

#1Libroin5W

 

«L’ultimo germoglio di questo tempo/ sarà il primo germoglio del nuovo tempo. L’ultima stagione di questo mondo/ sarà la prima stagione del mondo.// Morire è fiorire.// Fiorire per sempre». Versi diafani di Massimiliano Bardotti, scelti dalla nuova raccolta dettata da profondità di pensiero, “A noi basti la gioia di cantare”, pubblicata da “peQuod”, prefata da Guidalberto Bormolini, con una nota di Daniele Mencarelli. «Un poeta che sa farsi voce di ciò che è detto impossibile, e realizzarlo nel canto», si legge nella motivazione del Premio “Montale Fuori di Casa 2025”, sezione “Poesia e Anima”, conferitogli di recente. Un poeta spirituale, d’elevatezza e purezza,  che vocalizza il bene universale («non resti di me neanche una traccia,/ solo amore e nulla più»), destando il nostro vigore interiore, svelando il nostro potenziale («il disegno d’amore che ognuno di noi è»), invitandoci, sull’esempio del creato,  a «smettere ogni resistenza», a chiedere perdono («per la pace/ che non ho saputo con amore costruire»), a ringraziare per ogni accadimento, «doni preparati con amorevolezza struggente», come «Per i girasoli, i fiordalisi, per la rosa e il tulipano./ Per l’odore dei pini a ridosso del mare», a vedere la coscienza dell’Uno, «Cantiamo fino all’alba/ fino a sentire nascere dentro il giorno nuovo/ la vita nuova./ Fino a sentire battere il cuore di ogni creatura/ nel proprio cuore».

(Grazia Calanna)

Chi? 

Il canto è il vero protagonista del libro. La gioia di cantare, malgrado l’inferno quotidiano che si realizza intorno a noi. Non si canta per rifiuto della realtà, non credo nelle fughe. Si canta per trasformare la realtà. Denunciare il male è opera sacra, e fa benissimo chi lo fa. Ma da sola, la denuncia, non basta. Serve realizzare un’altra realtà. Credo fermamente nella possibilità di seminare un nuovo tempo. Credo fermamente nella possibilità di coltivare la terra di un nuovo mondo. E credo che un mondo nuovo sarà possibile solo se fondato sulla bellezza, che non è un parametro esteriore, ma una qualità interiore, profonda, del cuore. E credo nella cura, nel prendersi cura del prossimo, delle piante, degli animali, del creato. Credo che la pace sia un luogo da raggiungere, uno stato interiore che se non realizzato prima dentro di noi non vedremo mai realizzato nel mondo. Ecco, alla luce di tutto questo, insieme al canto, protagonista del libro è certamente Utopia…

Cosa? 

Il tema chiave di tutto il libro, il filo rosso che lega tutta l’opera, è sicuramente il tema della morte. La morte è il fondamento della nostra vita (si nasce per impararla, conoscerla, lasciare che ci abbracci quando sarà il momento, senza fretta né fughe) e contemporaneamente è il grande rimosso dei nostri tempi. Ritengo sia vitale tornare a contemplarne i misteri. Dalla contemplazione della morte si dipanano poi tutti gli altri argomenti, che sono i temi chiave della nostra vita, dall’amicizia alla memoria, dal perdono all’amore. Poi ci sono altri temi più nascosti, che non sono esplicitati ma sono poi anch’essi protagonisti del libro, come la meditazione e l’antica pratica della recita silenziosa del mantra, pratiche dalle quali scaturisce la scrittura.

Quando?

C’è stato il momento in cui mi sono accorto che avevo abbastanza materiale da poter pensare a un libro, ma non mi immaginavo che da quel materiale sarebbe nata un’opera in versi e in prosa, di 33 testi per 12 sezioni, che sono il mio testamento poetico e spirituale. Questo libro è anche un appello al mondo, ai miei fratelli e alle mie sorelle, davvero spero che a noi basti la gioia di cantare…

Quando scrivo un testo lo scrivo e basta, non so mai dove mi porterà, di che cosa parlerà… Non progetto i miei libri, sono loro che si realizzano attraverso di me.

Dove? 

Credo che ogni opera si riveli al mondo attraverso uno strumento. Siate un flauto silente, canta Rumi. Uno strumento in attesa di essere suonato. Non ho avuto e non ho altra aspirazione che essere un flauto silente…

Perché?

Perché non ho potuto in nessun modo sottrarmi alla sua scrittura, avrebbe voluto dire sottrarmi a quella che sento come la mia vocazione, la mia vita. Ma ora che il libro c’è posso dire che mi sembra tratti temi necessari, vitali, come dice anche Guidalberto Bormolini nella prefazione, e come dice anche Daniele Mencarelli nella nota finale. Poi ovviamente non so se li ho trattati nel modo migliore, mi restano sempre dei dubbi…

scelte per voi 

Chiedo perdono, per ogni parola
pronunciata senza fede
per i pensieri, che non sanno fare luce
per le ferite inferte con la voce.

Perdono, chiedo, per la pace
che non ho saputo con amore costruire
per quei versi che ho scritto senza cura
per la speranza, che non so coltivare.

A tutti chiedo perdono
per non aver impedito al mio cuore
di provare rancore.
Perdono chiedo al mondo
per ogni volta che ho guardato
senza avere negli occhi la bellezza.

Chiedo perdono ai miei genitori
per chi potevo essere, e non sono stato.
E a te, misura d’anima,
se quello che ti ho dato è stato poco.

Perdono chiedo a Te, Amore Sacro
che tutto hai costruito con sapienza.
Perdono chiedo, Santa Accoglienza
perché la mia casa non è stata sempre aperta.

Sorelle, fratelli, perdonatemi
e aiutatemi ad amare chi è assente
nel segreto appello del mio cuore.

**

E poi ce ne andremo, presto
perché non è più tempo per restare.

Ce ne andremo di notte, perché sarà notte
da tre giorni, senza stelle e senza luna.
Gli occhi dei gatti e dei pipistrelli
anche quelli saranno spenti.
Non si accenderanno neppure le candele
tranne quelle benedette.

E noi ce ne andremo perché sarà il momento
come quando da bambini non si poteva più restare
ai giardini a giocare.

Esiste da sempre un tempo così
in quel tempo ce ne andremo.
Allora pronunciare la parola gelsomino
avrà un valore nuovo.
Ognuno sulle labbra avrà il nome più amato.
Per conservarlo lo ripeteremo senza sosta.
E poi capiremo, che non ci saranno più le notti insonni
le scadenze per consegnare un lavoro
certe estenuanti litigate
l’ansia per un esame.

E ci mancherà, tutto, anche quando in un lampo di luce
avremo una visione del dopo
quando finalmente sentiremo
di che amore moriamo,

quando lo sapremo senza più sorpresa
che ad attenderci è il bene più grande mai immaginato
che tante parole usate, meraviglia, stupore,
bellezza, non bastano più

che dire amore è chiamare ad essere le cose
e che tutto risponde presente all’appello dell’amore.

Che quando abbiamo avuto inizio
non c’era ancora il tempo,
e che la vita, tutta la vita sulla terra,
è appena quella pausa
quando non sai se dire sì o no alla domanda:
Andiamo?
Ma già hai afferrato la mano che ti attende.

Eppure, malgrado questo,
il morso all’albicocca, il ciocco d’uva
il sorso di acqua fresca per la sete
la quercia illuminata dal primo sole del mattino
sono ora quello che ci resta
l’eredità del nostro essere al mondo.

**

Appartengo a tutto ciò che è sacro
il ginocchio che si piega
per eguagliare la statura della viola,
la fessura dell’occhio
sempre aperto alla pianura.

Appartengo a mio padre
al lavoro che per cinquant’anni ha fatto
al treno delle sei di mattina
alla sveglia che suonava un’ora prima.

Appartengo ai silenzi di mia madre
quelli più rari, dedicati a pochi eletti.

Appartengo alle mani di mia moglie
alla sua voce, rifugio sempre aperto.
A quella pausa silenziosa e allegra
quando mi chiede se le voglio bene.

Appartengo alle fusa di Etty
al suo cercare di notte le mie gambe.

A chi mi ha insegnato a stare seduto
a gambe incrociate e occhi chiusi.
Chi del silenzio ha fatto devozione
e del respiro un canto.

Appartengo alla forte tramontana
canto di questa terra sacra
dove sono nato e vivo.

Appartengo a chi un po’ di bene mi ha voluto
a chi mi ha detestato.
Appartengo a quell’ultimo respiro
dal quale sono nato.

Massimiliano Bardotti​ (1976) è nato e vive a Castelfiorentino (in copertina nella foto di Francesco Corsinovi). Poeta, è presidente dell’associazione culturale Sguardo e Sogno, fondata da Paola Lucarini. Pubblica tra gli altri: Il Dio che ho incontrato (2017 Edizioni Nerbini), Diario segreto di un uomo qualunque, appunti spirituali (2019 Tau Edizioni), La terra e la radice (2021 Puntoacapo Ed), La disciplina della nebbia (2022 peQuod Ed collana Portosepolto) vincitore del Premio Camposampiero e finalista al Premio Poesia Onesta. A maggio 2024 esce “Il privilegio dei vivi, conversazioni sulla morte e sul morire” edito da Eretica Ed. Libro-intervista curato dal regista e scrittore Adamo Antonacci. A febbraio 2025 esce “A noi basti la gioia di cantare”, peQuod Ed. Ad aprile 2025, al San Leonardo al Palco di Prato, gli è stato conferito il “Premio Montale Fuori di Casa”, per la sezione “Poesia e Anima”. Affianca Luca Pizzolitto, che ne è fondatore, nella direzione della collana poetica Portosepolto (peQuod Ed). Nel 2017 a Castelfiorentino dà vita a: “La poesia è di tutti”, percorso poetico e spirituale. Dal 2018 conduce: “L’infinito, la poesia come sguardo: Ciclo di incontri con poeti contemporanei” al san Leonardo al Palco di Prato. Dal 2022 cura, insieme al poeta Valerio Grutt, la Scuola Annuale di Poesia (La parola, l’ispirazione, la voce) ideata da Valentina Lingria (presidente de La scuola di Editoria).

 

 

 

 (la versione ridotta di questa recensione-intervista a cura di Grazia Calanna, è apparsa sul quotidiano LA SICILIA del giorno 18.05.2025, pagina Cultura, rubrica “Ridenti e Fuggitivi”).

 

 

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