Pensando a Lorenzo Girosa, protagonista del tuo romanzo “Ovunque, proteggici”, ti chiedo: in che modo – ammesso sia possibile – possiamo difenderci dalla “forza di un destino che è scelta e di un sangue che si riconosce solo nelle ferite”?
Scrivendo “Ovunque, proteggici” ho tentato di raccontare come non esistano strade certe e sentieri inamovibili. Anche la certezza del vincolo familiare viene meno, poiché l’essere padre o figlio non sempre coincide con il sentirsi tale. Nel momento in cui il destino diviene scelta non credo ci si possa difendere: perché diventa volontà. Lorenzo Girosa è un uomo come se ne incontrano tanti, con i suoi dubbi e le sue ombre; è ciò che resta a seguito di un’infanzia passata a sognare l’orfanezza, e una maturità lambita appena attraverso la nascita di una figlia. Se non è possibile difendersi dalla propria volontà, è tuttavia lecito guarire dalle ferite: l’unico rimedio è il perdono, da chiedere, concedere e poi ricevere.
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