COPERTINA HB
Graphic novel di Hugues Barthe
uscirà il 17 ottobre 2013
(traduzione di Tania Spagnoli)

 

La sinossi – «Ci ho messo trent’anni a raccontare questa storia… L’autunno ‘79 è prima di tutto la storia di una liberazione». Come crescere nell’avversità? Dove trovare la forza quando i genitori sono assenti? Questi i temi di L’autunno ‘79, secondo volume dell’opera autobiografica di Hugues Barthe iniziata con L’estate ‘79. Quando sua madre, annientata dalla violenza del marito, si rifugia presso un’amica, Hugues viene spedito da una zia a Besançon. Il ragazzo di campagna scopre così la città e una vita familiare in cui le risate rimpiazzano le botte… Hugues non crede ai suoi occhi, ma la favolosa parentesi non dura a lungo. A fine estate, sua madre torna a vivere col padre, il protagonista torna a casa e ricomincia l’inferno: alcol, violenze, silenzi… Tutto questo durerà altri dieci anni, dieci anni senza speranza, con la lettura come unico rifugio. La reazione arriverà con l’annuncio della malattia mortale di sua madre. Sapendola condannata, Hugues prende un appartamento in città e decide di vivere della sua più grande passione: il fumetto. Con questo volume Hugues Barthe ci regala la sua opera più potente, scritta sotto forma di liberazione. Più che un semplice seguito di L’estate ‘79, questa sorprendente graphic novel mostra come il disegno e la letteratura possano realmente salvare delle vite.

L’autore L’autunno ‘79 è un po’ diverso dall’Estate. Pur essendo il seguito del primo volume, il racconto si spinge ben oltre il 1979. Mi metto in scena al presente, come sono oggi, e racconto le difficoltà che ho incontrato nello scrivere L’estate ‘79. Ci sono quindi continui andirivieni nel tempo. Non volevo limitarmi a un semplice racconto della mia adolescenza, ma guardare anche in prospettiva. Oltre a questi salti temporali, c’è una scena, alla fine del libro, dove descrivo un quadro del XVII secolo, Presentazione al tempio, in cui trovo alcune corrispondenze con la mia storia personale. Ho dedicato molto tempo alla scrittura della mia storia, prima di cominciare a disegnare. Per una storia dura come la mia, la cosa più difficile è stata trovare la giusta distanza. L’ho trovata grazie al disegno. Avevo provato a scrivere un testo letterario senza illustrazioni, qualche anno fa, ma finivo per scadere nella retorica. Col disegno, evito di appesantirmi. I disegni parlano da soli e io sono meno tentato di aggiungere parole che poi si rivelano inutili. Ho trovato la giusta distanza anche evitando di mostrare la violenza, privilegiando le scene dove non accade granché ma si avverte una certa tensione. Per esempio, quando Hugues la sera aspetta il ritorno del padre, chiedendosi in che stato sarà. Nello stesso ordine di idee, per tutto il libro, non mostro mai il padre. Si vedono solamente le sue mani o i suoi piedi, cosa che lo rende ancora più spaventoso. Del resto, è il principio di molti film horror dove non si vede mai l’assassino, ma lo si sente appena respirare. Questi due libri mi hanno permesso di comprendere meglio la mia storia, ma non sono una terapia. Sono stati innanzitutto un lavoro di scrittura. Che mi ha permesso comunque di buttare fuori delle cose che mi avvelenavano lo spirito. E ho l’impressione di aver fatto un grande passo, sia sul piano personale che professionale. Attualmente sto lavorando su due nuovi progetti di graphic novel.

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