A prima vista “Cetti Curfino” di Massimo Maugeri (La nave di Teseo) è un romanzo che parla di “vinti” alla maniera verghiana: vinta è la protagonista, donna di rara bellezza la cui vita è segnata dalla sventura e dalla miseria, vinto il figlio di lei, che non riesce ad emanciparsi dalla mentalità perversa di un ambiente malato e dominato da una serie di codici distorti, e vinto è anche il terzo personaggio, Andrea, che nel tentativo di narrare la storia della donna cerca l’occasione che lo porti finalmente a riscattarsi come uomo e come giornalista, ma è costretto a rinunciare al suo progetto. Tutti e tre i personaggi sembrano fatalmente destinati al fallimento, e ognuno di essi rappresenta un’umanità dolente e senza speranza, perché il corso della nostra vita spesso è determinato da eventi ineluttabili che ci rendono inerti di fronte ad essi ed incapaci di agire per cambiarne la rotta: così Cetti, pur dotata di grande forza di carattere e di intelligenza, non riesce a gestire la propria condizione di donna sola alla mercé dell’ignoranza e della cattiveria altrui; il figlio, vittima impotente dell’ambiente malsano che lo circonda, è incapace di pensare con la propria testa e di comprendere le ragioni della persona che più lo ama al mondo, e finisce per fare proprio un credo che non gli appartiene; Andrea deve rinunciare al suo sogno e preferisce rifugiarsi in un tran tran quotidiano tranquillo e totalmente privo di stimoli.
Il romanzo si dipana tra ambienti chiusi e claustrofobici: il carcere, con la sua serie infinita di porte e cancelli, di volta in volta aperti da rumorosi chiavistelli, e la casa del giovane Andrea, che rappresenta per lui un porto sicuro in cui trovare sollievo dalle sue ansie ma che è allo stesso tempo una prigione dorata, all’interno della quale gli obblighi domestici e i ricatti, se pur affettuosi, fatti dalla zia che lo ha cresciuto non gli consentono di emanciparsi e di vivere appieno la sua vita di giovane uomo che vorrebbe fare tanto ma che poi mostra troppo spesso un’indole arrendevole e poco assertiva.
All’interno del libro emergono con forza diverse problematiche sociali: la triste realtà delle carceri, strutture cadenti e sovraffollate all’interno delle quali ogni recluso vive il proprio dramma personale; la violenza sulle donne, la cui avvenenza troppo spesso diventa un ulteriore motivo di vulnerabilità ed esposizione ad atteggiamenti di sopraffazione da parte di maschi a loro volta frustrati e falliti; la condizione di molti giovani spiantati che non resistono alle lusinghe di un ambiente malavitoso e finiscono per imboccare la strada del guadagno facile e della violenza intesa come unico stile di vita; il lavoro precario, in nero e non tutelato, che spesso espone il lavoratore onesto al rischio di incidenti, anche mortali; in ultimo, anche se ad un livello meno drammatico, la condizione, abbastanza diffusa nella società odierna, di tanti giovani i quali, per motivi economici ma anche per una certa pigrizia mentale e culturale, non riescono ad emanciparsi dalle famiglie di provenienza rimanendo a vivere fino ad età adulta nelle case nelle quali sono cresciuti, ingabbiati in uno stile di vita rassicurante ma che spesso impedisce loro di affermarsi come individui autonomi ed autodeterminati.
Il lavoro è notevole su più livelli: oltre che sull’aspetto contenutistico e delle problematiche sociali di cui si è parlato, l’attenzione va posta anche su quello propriamente linguistico, nel quale la prosa fluida e stilisticamente impeccabile della voce narrante si contrappone alla parlata tutta peculiare della Curfino, che scrive come parla, e ne viene fuori una prosa assolutamente originale, dotata di una metrica tutta propria e godibilissima da parte del lettore, non solo siciliano; anche il livello più “leggero” è degno di nota, e le descrizioni delle eccentricità di talune figure secondarie (Dina la secondina, zia Miriam), di carattere apparentemente bozzettistico, sono perfettamente integrate all’interno del contesto e contribuiscono ad alleggerire la tensione narrativa.
Su tutto il romanzo campeggia la forte personalità della protagonista, Cetti Curfino, donna poco istruita e tuttavia dotata di grande forza di carattere e di quella saggezza spicciola che deriva dall’esperienza di una vita dolorosa, dove il lavoro, seppur duro ma garantito e tutelato, diventa un lusso che non ci si può permettere, e dove si è costretti a mantenere un perenne atteggiamento di subalternità e deferenza di fronte al politicante di turno, nella vana speranza che questi si degni di concederci poche briciole dei privilegi di cui lui gode. Quando la sventura bussa alla sua porta, il suo carattere forte di donna, ma soprattutto di madre, la conduce verso una strada che, seppur ripugnante, imbocca quasi come fatalmente necessaria perché finalizzata a ciò che più le sta a cuore, il benessere del figlio. Ma tutto ha un limite, e Cetti, di fronte all’ennesimo oltraggio alla sua persona e alla sua dignità, finisce per perdere la lucidità e commettere un crimine che, in situazioni diverse, non avrebbe mai commesso. Il resto è tutto una discesa agli inferi del carcere, della disperazione e dell’abbandono, ma Cetti non molla, e riesce comunque a riscattarsi e comunicare al mondo, con forza, le sue ragioni e il suo grido di dolore.
La parte finale del romanzo lascia spazio alla speranza, e in questo l’autore (per cui, in definitiva, non si può parlare esattamente di “vinti” alla maniera verghiana) intende offrire all’immaginazione del lettore (pensando forse, chissà, ad un sequel della storia) la possibilità di una prosecuzione in chiave di riscatto, sociale e affettivo, non solo della protagonista ma anche di Andrea, la cui ammirazione verso questa piccola grande donna forse costituirà lo sprone che lo porterà a scuotersi dallo stato di torpore in cui è caduto. Ma questa sarà un’altra storia.
Un’ultima notazione vorrei farla sull’interessantissima idea di associare i vari capitoli del romanzo ad altrettante canzoni del grande John Lennon: spesso la musica, almeno per chi (come chi scrive) la sente come insostituibile e fedele compagna di tutta la vita, ci aiuta a comprendere meglio la realtà ed è fonte di ispirazione e conforto, perché contribuisce (proprio come fa un bel libro) a spiegare meglio ciò che altrimenti non sapremmo dire neanche a noi stessi.
Un libro da leggere assolutamente.
SCHEDA LIBRO
MASSIMO MAUGERI
CETTI CURFINO
(La nave di Teseo)
Collana Oceani narrativa italiana, pp. 252, 18 euro
Un giornalista, una donna detenuta in carcere,
una confessione che non può più aspettare.
Alcuni dei temi forti e delle problematiche affrontate nel romanzo:
la ricerca di una forma di riscatto attraverso la scrittura, la “condizione femminile”, gli abusi sessuali, la vita in carcere, le cosiddette “morti bianche” e la sicurezza sul lavoro, la disoccupazione dilagante
Un giornalista giovane e spiantato, Andrea Coriano, entra in un carcere per incontrare una detenuta, Cetti Curfino. Gli si pone davanti una donna prorompente, labbra carnose, corpo colmo, occhi che rivelano abissi. Andrea ha letto la storia di Cetti sui quotidiani: una donna semplice, un marito che muore mentre lavora in nero, un figlio da sistemare e una lenta discesa nelle viscere di una società che sa essere molto crudele. Una storia di politici senza scrupoli e amici fedeli, di confessioni improvvise e segreti infamanti, un caso che ha fatto molto parlare ma che adesso sta per spegnersi, ingoiato da altri clamori. Il giornalista ha subito creduto che la sua storia andasse raccontata e ora che se la trova lì, ferina, impastata di dialetto, dolore e femminilità, capisce di non essersi sbagliato.
Chi è Cetti Curfino? Qual è la storia che l’ha portata in carcere? Sarà in grado di aprire a lui – giornalista alle prime armi – la propria vita, i percorsi oscuri che l’hanno condotta fin lì? Andrea non ha molte armi professionali in tasca, e nemmeno molti strumenti di seduzione, in verità. Al più, può sfoderare con una certa autoironia le proprie difficoltà. La vita con zia Miriam ad esempio, e le corse in macchina per portarla in giro con il suo festoso gruppo di amiche di mezza età, vedove ringalluzzite dalla gioia di godersi la stagione del tramonto. La voce di Cetti, però, non gli dà tregua: vibrante nel suo italiano imperfetto, sembra salire dalle profondità della terra di Sicilia.
Cetti Curfino è un romanzo potente sull’origine delle azioni umane e sul mistero di ogni delitto, costruito come un valzer tra due personaggi che cercano nella scrittura la propria verità.
Massimo Maugeri collabora con le pagine culturali di magazine e quotidiani. Ha ideato e gestisce Letteratitudine (in rete dal 2006), blog letterario d’autore del Gruppo L’Espresso nonché uno dei più noti e seguiti blog letterari italiani, integrato dal quotidiano culturale online LetteratitudineNews.
Dal 2009 cura e conduce una fortunata trasmissione radiofonica culturale di libri e letteratura che ha lo stesso nome del blog, incrociando la propria voce con quella dei più noti scrittori italiani e internazionali. Ha pubblicato romanzi, racconti e saggi, tra cui il romanzo Trinacria Park (Premio Vittorini).
Tra i vari riconoscimenti ricevuti: Premio Addamo, Premio Martoglio, Premio Più a Sud di Tunisi, Premio Internazionale Sicilia “Il Paladino”, Premio Elmo, Premio Promotori della Lettura e del Libro.