Piet Mondrian, The Grey Tree
Piet Mondrian, The Grey Tree

 

I.

nel sogno la ragazza si tramuta in allodola, lei ora vola, nel volo
lei desidera, anzi vuole i rami, le sinapsi e le costellazioni, le stelle
trascolorano, la bussola indica il sud, la gravitazione nasce dal centro
si inerpica tra la gola e la glottide, mentre l’allodola canta nell’epifisi

si inceppa il ritmo circadiano, poi riprende, la pituitaria arresta il suo
rintocco: ora gli uccelli si affollano nel giardino, osservano gli uomini
minuscoli in attesa, il melanconico piange, il giorno sgocciola, la marea
sommerge la città, l’allodola avanza con un vaso di cristallo, l’alba si

dilata nel sangue rappreso, sul letto un filo di bava, il petto si rinchiude:
ora lei cade, le ali rattrappite, urla ma il becco è cucito, nell’iride il neon
del bar, la stanza si rovescia, lei precipita nel soffitto, appesa a guardare

il cielo lacerato, lo specchio dilatato, si percuote per uscire dal sogno, ma
rimane ventre al cielo nel giorno che raggiorna, sullo zigomo il fuoco a
strisce, nel letto il miglio le fa da colazione, la porta aperta

 

III.

in india ogni tre anni si è liberi dal ciclo terrestre:
né vita né morte, l’elisir cade da un catino conteso
ai quattro angoli del paese le gocce svelano il regno
del sole, alla confluenza dei fiumi la purificazione

si trasmette per generazioni, mentre il sadhu si salva
individualmente e fa ritorno al cosmo, shiva fuma
con lui hashish e si ritrova sull’eminenza tanar delle
discrezioni: hegel ha torto, e preferisce la coincidenza

di pensiero e modus vivendi, si scopre gimnosofista
eremita del corpo nell’ascesi del silenzio, nell’imbuto
del bacino le voci percorrono il corpo mesmerizzato:

anche i topi sono sacri, nell’inconscio si ingravida
il ramo d’oro, i bambini e i cantastorie si sottraggono
alla morte e proseguono lesti un altro giro di vita

 

XII.

i dendriti crescono sulla carta fotografica, lo psicoanalista
osserva nella penombra indotta gli sforzi della paziente, poi
pensa ai rami del filodendro e all’entelechia della vita che
c’è o dobbiamo credere ci sia: la funzione delle piante è

l’intuizione, la bruciatura ora si spande dal centro ai margini
il vento fa oscillare il mandala, nella notte del ’43 il fascista
salva l’ebreo, ma prima delle definizioni siamo individui, ecco
la paziente esce al sole e pensa al lago che l’inghiotte la notte

ai campi di grano che a giugno riducono il padre en morceaux
l’urlo della madre che la perfora, tagliandola di netto: è caldo
nella mansarda fioriscono le indecisioni, la finestra aperta

al vento, cala la notte, e il sangue corre a peccare, la libellula
entra e ruotano gli oggetti nella stanza: – anche la materia è
vivente – dice l’inconscio psicoide

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