Sfioritura
Stavo pensando ai fiori nel giardino e agli anni per curarli mentre tu te ne andavi.
Pensavo al blu accennato verso il viola e il verde quando nasce. Poi scurisce e assume un fondo come di corteccia, sotto l’ombra degli alberi.
Ho messo anni a spandere ninfee tra richiami di vento e indistinguibili riflessi delle acque. A volte i tuoi capelli, mentre formi scintille che sembra che possiedano pensieri e rincorse per coglierli. Di sera, quando la luna cresce e le chimere si levano da gusci di conchiglie dove allevano sogni ed i miei passi ripensano un sorriso di cinabro. E la casa che chiude. Infinite le rose alle pareti, tanto che le persiane: non ce n’è più bisogno. E il glicine al cancello, una tintura lieve pochi giorni.
Poi magari ti viene un’alluvione e ti copre le viole. Capita per incuria; un lieve stato di disperazione che fai finta di niente. Sale dal fondo blu colmo d’azzurro e ripetuti rossi come allarme. Giallo il sole, con toni grigio a strascico di nubi. Fino alla sera grande dove stelle si formano per vaghe nostalgie che tu guardavi dalla tua finestra. Io rastrellavo con i miei pennelli oltre l’ultima luce. Poi pensavo i silenzi domani.
Occorreranno anni per ritrarre tutto quello che è stato. Sarà il ritratto di una sfioritura, come una cosa piccola che cade nel tuo colore terra dove l’acqua scompare.
Spazio d’interno chiuso
Passaggio
Io naufragavo ad ogni luna persa. Sostenevo la storia che incanalo verso il solito fine soffio d’addio incostante. Quando domani, magari un cataclisma, una farfalla storta, una chimera. Un’onda forse, grande come Nulla.
L’indefinito immenso non ha forma. Comunque, insensibile sempre.
Serrato
Ti ho amata a dispersione allucinata. Affiancavo, al tuo margine incerto, ogni mia processione senza velo. E lancio fili spasmi recensioni al tuo volto allagato dalla luna. Inglobo, nel canale serrato, le tue diramazioni: serro braccia.
A volte: un luogo di scomparsa.
Tempo
Non mi rassegno.
A metà notte
Quando mi sveglio incontro strani sogni. Tra questi, una forma sgusciante serpentina, come di terra e filo fino al cielo. Se mi arrampico cade.
Quando succede vado nel diverso altro volto di me. Io sono una coscienza sorvegliata da forze enormi che non so gestire. Un paradosso che neppure esiste se non faccio da sola. E la tempesta, la notte, la stortura.
Sosta
Ti ho amato come si ama una collina, con le sue svasature a fronte mare e sbalzi di salute fiori appesi tra la cima ed il fondo, Ti ho amato negli odori ed il sapore; aspro, quando scivolo e salgo negli inciampi di virgole di sogno; e il mondo duro, quando la luna cede.
Tuttavia, lasciami, fondo immenso, rappresentare ancora.