Del povero pennivendolo e dell’aver prostituito la propria anima all’attualismo.

(secondo capitolo, “Del povero pennivendolo e dell’aver prostituito la propria anima all’attualismo.”, del saggio inedito, “Il bello è brutto, il brutto è bello: il nuovo mondo.” di Dario Matteo Gargano)

 

Ci si chiederebbe che fine abbia fatto la penna degli scrittori, quella che per Lytton ferirebbe più della spada. Al massimo la penna è diventata una piuma innocua, che può solleticare il piede del potere – o quello delle tre Parche – prima che venga sbrandellata dal futile ronzio chiassoso del quotidiano.

Qual è lo scopo dello scrittore di oggi? Certamente la vanità, anzi lo scopo dello scopare, più prosaicamente. Le case editrici lavorano sui numeri, e cercano la fortuna, cercano il danaro, cercano l’imbesuito di turno, l’ottenebrato mansueto che faccia al caso di un pubblico interdetto e sprovveduto – i più – a cui possa arrivare.

Naturalmente si è sensibilmente smarrito quel voler gridare e apostrofare contro l’umanità abietta e mediocre, arranca quella voglia di denuncia del crimine senza tempo che è l’uomo: questa è la vera funzione del poeta, dello scrittore: gridare, denunciare, apostrofare. Karl Kraus e Joyce sono dei grandi riferimenti per chi voglia farsi strada lungo il sentiero che porta ad un nitido orizzonte dove il velo di Maya è stato finalmente squarciato e dove tutto appare com’è esattamente.

Chi grida? Chi denuncia? E poi ancora: chi lascia gridare? Chi lascia denunciare? Badate che vi sono false denunce, e false grida, ottenute non per amor del vero, non per amor della verità, ma per – ancora una volta – trovare consenso, per vanità propria, come la ragazza che cerca attenzione facendo della sua nudità l’unico segnale e risorsa che ha da lanciare al mondo per nutrire quel comico principio di piacere freudiano. Si installa così la bugia, il voler fingere, il volere pretendere ad una virtù che forse non s’ha.

Oggi, sì, lo scrittore è cambiato, si è cambiato, le “scrittoresse” sono aumentate, e nell’aria vi è la possibilità di trovare la sciagurata starlet dell’ultimo minuto nel negozio di libri del centro commerciale di provincia mentre firma le copie del suo ultimo romanzetto strappalacrime dal finale più che scontato, di fronte a tante facce imbesuite che la assecondano: i fan!

Sembrano tutti così contenti! Accontentàti, insomma: lobotomizzati. È questa la loro idea di orgasmo? E dire che il lirismo di Byron nel Don Giovanni è il solo a restituire ciò che è Eros. E che dire della Nona di Beethoven che venne allestita al Porta Carinzia di Vienna?

Povero pennivendolo: ha prostituito la propria anima all’attualità, all’attualismo, alle formine preconfezionate delle mode del tempo, che si diffondono come una peste, per la quale ancora non è stato trovato alcun antidoto, o – giusto per essere attuali – un vaccino. Quale miracolo per una palingenesi dello spirito umano di quest’era?

In effetti esiste un antidoto bello e semplice: l’isolamento. Esattamente come in un campo di peste, la soluzione migliore per scampare alla peste è allontanarsene, trovando placido e austero riparo in una campagna, in un territorio pristino, incontaminato, dove poter far confidenza con la potenza della natura, dove poter far esperienza di quegli spiriti che ci attorniano ma che non vediamo, da quella metafisica scambiata ingenuamente per credenza o credulità, piuttosto che come luogo inaccessibile ai poveri di spirito!

Si ritorna facilmente a terra: i titoli dei libri sbracano. Quale genio o editor ci potrà essere dietro e di fronte a tali crimini dell’estetica? Ecco qualche esempio: Io ti voglio bene. Oppure si va dal kitsch smielato e infantile al banale freddo: Chi si ferma è perduto. Oppure: La prima tazza di latte al mattino. Perché no? Magari ne pubblico uno anche io della stessa caratura: Una rondine non fa primavera!

Dare la possibilità è prerogativa della capricciosa sorte, perseverare a darla è diabolico! Ci sono tanti modi per evitare l’ovvio, la banalità sconcertante, ad esempio la meditazione: Swami Satyananda Saraswati afferma che essa calmi la mente e la elevi. Ci potrebbero provare, questi poveri criminali dello spirito eletti a campioni di vendite. Il leitmotiv così, in nuce, rimane questo: per ogni artista di merda, v’è sempre un pubblico coprofago, o forse sarebbe meglio dire: coprofilo; si deve amare la merda, per accoglierla: ecco il bel ritratto della scatologia della cultura contemporanea.

Su Amazon, trionfano libri sulla vera e propria cacca, non certo la merda d’artista di tal Piero Manzoni, e al momento in cui scrivo, si possono più o meno citare nella selva dei più venduti titoli come: Scoreggiare in maniera corretta: guida alla scoreggia ideale. Si può cadere ancora più in basso? Oppure: Perché tu vali! O ancora: Cuor di gattino. Si va dallo scatologico, al melenso stucchevole, al kitsch pacchiano. Voglio continuare con quest’altro titolo: Le persone sensibili sono con una marcia in più. Titoli di una vaghezza e di una imbecillità clamorosa, ma che ad avviso degli editor farebbero presa. Ma su chi? Sull’ottenebrato di turno, certamente. Il gusto è il buon senso del genio scriveva F. R. De Chateaubriand, e quando il gusto vien meno, ciò che viene a galla è il cattivo senso dell’idiota.

Di certo oggi, nessuno riesce a scommettere su titoli che hanno fatto la storia della letteratura come L’insostenibile leggerezza dell’essere, capolavoro di Kundera. Ci si è dimenticati di quest’opera in nome della voluta banalità, esaltare lo spicciolo, promuovere il gramo e mesto vacuo contenuto che vuol lanciare un segnale di falso valore. 

Ecco così che si struttura pericolosamente la psicologia del pubblico, plasmato dalla vergogna delle case editoriali, con un motto battente e infernale: vendere, vendere, vendere. A tutti i costi.

Il livello nefando e infimo del trash e del kitsch è tale che il premio – ad ogni livello – viene accordato a chi dimostri più morte spirituale, al conformista per eccellenza, al prediletto del professore in classe. O alla professoressina che ha praticato dei leccamenti orali alla tribade che capeggia il corso di laurea sventurato, e che adesso sceglie le più “meritevoli”. Il contratto Freud-Marx, sesso per soldi, e viceversa è un destino sempre in gioco.

Non si può fare a meno di entrare nel mercato della prostituzione dei beni materiali e spirituali: è questa la sorte dell’uomo. Non è questione morale o estetica, è una tecnica ontologica. Vi è una compravendita, e forse nel tentativo di sostituire cazzo o vagina con la parola amore si diventa ancora più farisaici.

Non è forse vero, cara esperta psicologa di turno che contrabbandi una professione che non ti dovrebbe nemmeno appartenere per l’amor di Jung e di Lacan? “Oggi vi svelo come far bagnare la trallalera alla vostra compagna”, questo è il messaggio preliminare di numerosissimi video “didattici” che si possono incontrare su YouTube sull’Erotica contemporanea, partoriti dalla prima infante di turno che non fatica di certo a costruirsi un gregge di improvvidi proseliti dietro alle sue deficienze spudorate in materia.

Non parliamo qui certo delle Memorie di Casanova, né del Diario del Seduttore di Kierkegaard, né del Fedro di Platone. Parliamo del trash, ma non del nulla cosmico, (vedi: Bosone di Higgs), perché già sarebbe qualcosa di troppo. E da Youtube al primo libro in carta stampata il passo sembra breve, oltre che scontatissimo.

Questo fardello di piombo spirituale arrugginito che si è materializzato nell’attuale culturina contemporanea è certamente una croce molto dolorosa da sopportare, un Golgota vero e proprio dove tuttavia non esiste una redenzione, tantomeno una riedizione nostalgica di un glorioso passato letterario.

Se un Pirandello o un D’Annunzio hanno raggiunto un’impresa, hanno creato la storia della letteratura, attraverso una provocazione nobile ed estetica, di modi, di maniera e contro-sociale, dall’altro lato, essi vengono e sono stati seppelliti assieme a tanti altri grandissimi scrittori (chi reputare veramente grandissimo?) di cui i più distratti dal torpore lobotomizzante quotidiano dei social non hanno mai sentito parlare, da Dino Campana, a Zanzotto, a Dario Fo, giusto per citare alcuni grandi nomi che invigoriscono le parole penna e scrittura.

La grandezza di uno scrittore si colloca in una dimensione sempre elevata, celeste, che sradica il lettore sensibile dalla sterile terra del provincialismo di massa globale fondato sul gusto per un trash o kitsch lussuoso per portarlo nelle ampie terre paradisiache solatie, a distanza dal nero dell’inferno del compromesso quotidiano.

Ora: più ci si avvicina alla gretteria, al banale, più si tocca il cuore della stupidità umana, ed ecco che si viene ripagati, anziché puniti. Il bello è brutto, il brutto è bello. Einstein è stato illuminante: la stupidità umana è infinita tanto quanto l’universo è infinito: la prima è certa, del secondo non ne sono tanto sicuro.

in copertina, Natura morta con teschio, Vanitas,  Philippe de Champaigne, 1671

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