Del bello e del bene, disposizione innata di certe anime che accolgono i segni di ciò che non si vede o che semplicemente si guarda senza realmente vedere. In Assolo dell’ortensia (Macabor, 2024, prefazione di Silvano Trevisani) il pensiero disciplinato e deciso e pure delicato di Anna Maria Curci offre la visione sorgente della sacralità nascosta in ogni cosa e la pone al riparo, la salva dall’avvilimento quotidiano con il dono innato della poesia, antico dono di scorgere e scrutare in profondità e da qui intonare, alzare un controcanto allo sgomento. Fiore composito, l’ortensia, la cui forma globulare è data da un insieme di piccoli fiori assiepati, stretti gli uni agli altri; fiore assurto a ruolo di alter ego d’una voce poetica forte, incisiva, decisamente originale nel cercare e nel dire il sentimento della vita grazie a un pensiero che diventa linguaggio e cammino, esercizio ed esperienza d’una realtà che la tenacia dello spirito denuda e osserva, quel circo permanente a cielo aperto (così un verso tratto dalla prima sezione ) che richiama il ciclo del tempo e l’ esistenza in esso immersa. Che è graffio, spina, fiato, attesa e accoglienza, ed è soprattutto casa degli affetti, dell’amore filiale: benché perduta “l’amata voce ora risuona dentro”, scrive Curci, stretto legame interiore, “dopo l’addio/dolore e desiderio/ sono i due fuochisti”, con la figura materna cui è dedicata la sezione Lei che attese, che accolse. Colei dalla quale ancora ricordare e trarre insegnamenti mentre si continua a camminare con la lentezza necessaria a riconoscere lo stupore, la meraviglia, la gioia tra assenso e smarrimento intanto che con nitidezza risalta manifesta la coscienza del tempo che recide; dunque cogliere l’attimo come si coglie la rosa, E sul quel graffio impresso dalla spina/ lascia che il bene incontri la rabbia/e dica piano con sussurro squillante/la furia non distrugga la bellezza. Certo la scrittura di Anna Maria Curci è preciso segno di devozione e gratitudine verso ciò che esiste anche per il semplice fatto di pensare, intuire e scrivere ciò che sta al fondo, all’origine della materia: siamo composti/ di stelle collassate/ frammenti e luce dell’universo, siamo una messe di segni e tracce e bisbigli che costituiscono il punto fermo di una ratio che si dà per enunciati parsimoniosi e concreti; concisa e pure vibrante ricerca di conoscenza concatenata in versi brevi, parole distillate, esse stesse benigna presenza di un respiro profondo dopo e malgrado l’apnea, condizione di smarrimento ribadita e condensata nelle 48 terzine della sezione Sommessi in una sorta di icasticità sapienziale, assunti brevissimi , passi/ nel tempo bisognoso/ e nel silenzio contemplativo, soste di riflessione sulla provvisoria vulnerabile quiete del mondo dimentico delle sue proprie radici celesti. Le stesse radici che procurano stordimento di gioia senza ragione apparente, stato d’animo che in Anna Maria Curci corrisponde a un abbraccio totale quando l’esortazione fermati e guarda è pura obbedienza al desiderio di armonia.
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Nata a Roma, Anna Maria Curci insegna lingua e letteratura tedesca in un liceo statale della sua città. Poeta, saggista, traduttrice e critico letterario, è direttrice editoriale del settore libri (poesia, saggistica, narrativa) della Casa editrice Cofine, è nella redazione della rivista Periferie, diretta da Vincenzo Luciani e Manuel Cohen; per il sito “Ticonzero” di PierLuigi Albini ha ideato e cura la rubrica “Il cielo indiviso”. Dal 2010 al 2021 ha fatto parte della redazione del lit-blog “Poetarum Silva”. Dal 2011 cura la realizzazione di eventi culturali (poesia-narrativa-saggistica ) per L’Associazione culturale “Villaggio Cultura Pentatonic” di Roma. Ha tradotto, tra l’altro, poesie di Lutz Seiler (La domenica pensavo a Dio/ Sonntags dachte inch an Gott, Del Vecchio 2012), di Hilde Domin (Il coltello che ricorda, Del Vecchio 2016) e i romanzi Johanna (Del Vecchio 2014) e Pigafetta (Del Vecchio 2021) di Felicitas Hoppe. Sue sono la curatela e le traduzioni del volume Anima azzurra, vagare oscuro. Antologia delle poesie di George Trakl (Collana “La costante di Fidia, diretta da Sonia Caporossi, Marco Saya Editore 2023). Ha pubblicato i volumi di poesia Inciampi e marcapiano (Lietocolle 2011), Nuove nomenclature e altre poesie (L’arcolaio 2015), Nei giorni perversi (Arcipelago itaca 2019), Opera incerta (L’arcolaio 2020). Con Insorte, sua quinta raccolta, ha ottenuto il secondo posto al Premio per la silloge inedita “Pietro Carrera” 2022 (Il Convivio 2022)