«La promessa del domani/ si agganci alla bocca delle madri/ come bottone d’osso all’asola». Versi vigorosi di Rosa Maria Di Natale, scelti da “Corpo di tutte le madri”, libro dell’esordio poetico pubblicato da “Ensemble”. Consanguineità, coinvolgimento “viscerale” della scrittura, parole come luogo che rende “possibile” il mondo, modernità del mito, avventura della coscienza, trasfigurazione, sinestesie («Ho toccato la tua voce/ bucava le mie dita/ ogni tono una scheggia.»), apertura stilistica, assertività come capacità della poesia di riappropriarsi di un “fatto” dicendolo («Siamo diventati brutti/ ora che abbiamo/ accecato le balie.»), ciclicità familiari («Le somiglio in questi anni/ che le guance asciugano/ lasciando a vista,/ meraviglia, la resa.»), distinguono questo volume incentrato sul portato simbolico della figura della madre, «Melodia insepolta», finanche «obliqua», da colei che mette “al” mondo a colei che mette “nel” mondo, «Ti ho respirata/ nelle mattine di marsiglia/ maestra nubile/ tra i banchi di quartiere/ sgranavi rosari/ schieravi madonne». Non mancano (forse, non potevano mancare) i versi in dialetto, la “lingua madre”, se vogliamo la “lingua naturale”, arrivano dritti al cuore delle “cose” muovendo tra recondite immagini e aderenza alla realtà, «Ora m’abbersi pi sempri/ acciuncannumi u ciatu».
Partiamo dal titolo, “Corpo di tutte le madri”, cosa sottende?
Il corpo di tutte le madri è una “mole di carne e nuvole” senza tempo. È un corpo mondo abitato dalla Storia e dal mito, è umano o animale, è pianeta Terra ed è Natura, e perciò può anche essere un corpo abusato dalle guerre o da una violenza.
Non importa che abbia davvero generato, e non a caso parlo anche di “maternità obliqua” fuori dagli stereotipi che gli abbiamo affibbiato. Dove c’è un corpo che nutre e sostiene, allora quello è un corpo materno, che però può anche trafficare con la morte dei figli, come per le tante Medea. Ma le poesie non si spiegano. Nella raccolta ciascuno troverà quel che vuole.
Qual è stata la “scintilla” che lo ha portato (segnando il tuo brillante esordio in poesia). Qual è il messaggio cardine che desideri venga colto dal lettore?
È successo che a forza di comporre poesie sul materno ho dovuto prenderne atto. Con la maturità mi sono decisa a raccoglierle a pubblicarle, ma non l’ho fatto per promuovere un messaggio. Lettrici e lettori diventano padroni delle poesie una volta che le prendono in mano. Vale anche nella prosa, ma per i versi vale persino di più.
“La parola lascia impronte/ simili ai morsi sulla carne”, con i tuoi versi per chiedere: cosa può la poesia “contro” la “pensosa” solitudine del poeta?
La poesia è cura della parola, e fare poesia significa non avere paura della parola concreta e vera. Può essere un potere “contro” o un potere “per”. Credo però che questa raccolta non sia nata per consolare.
Ancora i tuoi versi, “Ho toccato la tua voce / bucava le mie dita / ogni tono una scheggia. (…)”, per chiederti cosa può la poesia in un tempo segnato dalla sempre più evidente assenza di ascolto?
I dati ci dicono che la poesia viene letta poco e che i libri di poesia vendono pochissimo. Eppure c’è tanta voglia di produrla, ascoltarla, leggerla in pubblico. Questo è un fatto. Se i versi sono buoni si fanno ascoltare, eccome.
Qual è oggigiorno il (primo) dovere critico della poesia?
Non imbellettarsi per piacere a tutti i costi, non prestarsi al politicamente corretto. Dire parole trasparenti ed esatte, ma non sentirsi mai in dovere di spiegare. Se così non fosse, allora non sarebbe poesia ma un birignao.
Qual è la tua più intima e “attuale” definizione di poesia?
Ogni sezione di “Corpo di tutte le madri” è introdotta da un verso scritta da una donna. Non è un omaggio di maniera. Sebbene con modalità differenti tra loro, per me quei versi rappresentano la poesia più vera, insieme attuale e senza tempo. In esergo si trovano Emily Dickinson, Louise Glück, Alda Merini, Patrizia Cavalli, Vivian Lamarque e la nostra grande Maria Attanasio.
Quali sono i tuoi poeti di riferimento? Citeresti per i nostri lettori una poesia o uno stralcio di versi (altrui) nei quali, all’occorrenza, sei solita trovare rifugio?
Dante, Leopardi e Pavese sono stati imprescindibili per tutta la mia giovinezza e tutta la loro produzione vale ancora come rifugio personale. Ma subito dopo in me hanno “preso potere” anche Montale, Pasolini, Caproni, Ungaretti, Rosselli, Dickinson, Whitman, Achmatova. E poi, ovviamente, le poetesse che cito in esergo.
Pensando ai tuoi versi in dialetto, ti chiedo: la poesia è realmente traducibile? E se lo è, è più corretto parlare di traduzione o di reinvenzione, riscrittura?
In verità non credo sia completamente traducibile. Mi capita di leggere versi in altri dialetti e di goderli appieno per musicalità ed emozione. Solo alla fine cerco di conoscere anche il significato di tutte le parole. Tradurre è riscrivere.
Per concludere, ti invito, per salutare i nostri lettori, a riportare 3 poesie dal tuo libro; di queste scegline una per condurci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere.
“Ho conosciuto il mio odore”, “Ci fu anche per me” e “Lavo il tuo corpo”. Quest’ultima l’ho scritta pensando a mia madre scomparsa per una malattia incurabile nel 2014; parlo della sua ultima vestizione. L’ho composta due anni fa, quando finalmente mi sentivo pienamente guarita dal dolore della perdita. Mia madre era la vera poeta di casa. Quando i figli accompagnano i genitori nell’ultima fase della vita e diventano i loro caregiver, si invertono i ruoli. Diventiamo genitori accudenti delle nostre madri e dei nostri padri. Forse, non casualmente, queste poesie sono tra quelle che non ho ritoccato quasi per nulla. Il vero percorso creativo è stato quello precedente al componimento. Poi è la vita che ti suggerisce le parole migliori.
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Rosa Maria Di Natale, giornalista professionista, vive e lavora a Catania. Dopo aver pubblicato diversi racconti su riviste nazionali, ha esordito con il romanzo Il silenzio dei giorni (Ianieri, 2021), ricevendo parecchi riconoscimenti. Corpo di tuttele madri (Ensemble) è la sua prima raccolta poetica.
(la versione ridotta di questa lettura-intervista a cura di Grazia Calanna, è apparsa sul quotidiano LA SICILIA del 21.06.2024, pagina Cultura).