emilio-paolo-taormina-foto

parola d’autore

Mi racconto. Sono nato nel 1938 a Palermo. Mio padre era medico, nipote del grande entomologo Enrico Ragusa, fondatore del “Naturalista Siciliano”. Il Darwin siciliano dell’ottocento. Fin da bambino seguivo mio padre, anche lui entomologo, nelle gite. Qui ho sviluppato un elevato senso dell’osservazione dei particolari ed ho imparato a leggere il libro della natura: un nodo inestricabile sulle origini dell’universo. A casa c’era una vasta biblioteca ed ho cominciato a leggere di tutto e disordinatamente. Come molti coetanei amavo il calcio e  trascorrevo abbastanza tempo per i campi di periferia. Facevo parte della squadra parrocchiale. Non ero uno studente esemplare e negli anni di ginnasio e liceo, sono stato rimandato in greco e matematica. Ero bravo nelle attività sportive e nel 1956 sono stato campione provinciale di salto in alto. A tredici anni m’innamorai della musica jazz e cominciai a seguire sul “Notturno d’Italia”  le trasmissioni e investivo i miei risparmi nell’acquisto di vinile.

    A sedici anni, ho pubblicato la prima poesia nella rivistina del liceo Umberto I:

 

                                          La soffitta

    Ogni sera un bambino parla alla luna

    Ogni sera un cigno selvatico

    Porta acqua dal bosco di cera

    Tutte le terrazze

    Sono gocce dello stesso stagno

    Tutte le terrazze hanno gerani

    Un gatto randagio sul muro

    Sotto la lampada

    La tavola è vuota

    Le fotografie ingiallite dei nonni

    Il discorso è degli uomini assenti

    Nell’armadio di noce sgangherato

    Una valanga di vestiti delle  zie zitelle

    Una rosa di carta dorme annoiata

    Gli odori sono in una urna

    Il cucù è fermo alle tre

    La spada dell’antica armatura

    Chiude in pari la partita col ragno

    Sul tappeto verde uno scarafaggio

    Punta  sicuro sulla donna di picche

 

Con una amica andavamo, talvolta,  a visitare le zie che abitavano in un antico palazzo nobiliare ed ero rimasto sommerso dalle atmosfere surreali, misteriose, progressive, decadenti, come di un profumo che non vuole  estinguersi. In quegli anni avevo preso l’abitudine di raccogliere pensieri, racconti e poesie nei quaderni senza l’idea minima di pubblicarli. Scrivevo, anche, sulla musica i testi per un amico che studiava al conservatorio. La mia scrittura, poesia e narrativa, nasce dalla vita vissuta, non sono capace di scrivere nulla  che non è entrato nel mio sangue, anche se non è colpa mia, come diceva Rimbaud , se “il giglio si sveglia tromba”. Improvvisamente due o tre parole cominciano a girare nella mente e quando diventano un’unica cosa con la musica che mi attraversa la poesia è fatta. Non so dire altro. So quello che non è poesia: la mafia, la corruzione, l’inquinamento, il razzismo, le dittature, il fanatismo e qualsiasi atto che limita la libertà dell’uomo. Non ho la formula esatta della poesia. Lei è nata con l’uomo. Esiste  come possibilità e diviene realtà con la partecipazione fantastica e l’intelligenza del lettore. La sento nascere dentro di me come una musica: misteriosa, dolorosa che mi libera e mi fa sentire realizzato ed essenziale. La scrittura per me è il perno su cui gira la mia vita. Sono gli episodi che hanno scritto la mia vita. Nel 1956 durante una gita ai templi di Agrigento, ho incontrato una ragazza olandese, Anita, con la quale iniziammo un’intensa corrispondenza. Conseguita la maturità classica decisi di partire in autostop verso l’Olanda. Dal ’57 al ’61 vissi lì, lavorando in una fabbrica di alluminio. Alla fine del ’61, in attesa della primogenita, Elena, e con l’insistenza di mia madre che voleva che completassi gli studi universitari, ritornai a Palermo. Ormai maggiorenne, svincolai una cifra ereditata dalla nonna, e iniziai un’attività commerciale musicale specializzata in rock, folk, blues e jazz. La ”boutique della musica” fu da subito un luogo d’incontro d’intellettuali, musicisti, giornalisti. Si vendeva qualche vinile, ma si parlava molto di musica, di libri, di cinema. Ero certamente preparato nel jazz e nelle nuove tendenze musicali, ma scoprii che avevo molto d’apprendere dagli amici clienti. Fu in questo bugigattolo che acquistai coscienza di me stesso e giurai che volevo essere poeta e scrittore. Nel ’64 cominciavo a mettere in piedi le raccolte poetiche “il fonografo a colori” e “deserti” che pubblicai nel ’73 con presentazione di Elio Giunta. Nel ’65 portai a temine la stesura del mio primo romanzo: “la stanza sul canale”. Una storia d’amore in terra straniera, ma fondamentalmente la vita in fabbrica con i connazionali. Forse è il primo romanzo, certamente tra i pochi, scritti non da un sociologo, ma da un operaio, ,sulle condizioni degli emigranti. Provai a mandarlo a una decina di editori con esito negativo. Qualcuno mi disse di farmi presentare da uno scrittore conosciuto che facesse da garante con una presentazione. Deluso e amareggiato misi il manoscritto in un cassetto.

Nel ‘73 pubblicai a mie spese, quasi contemporaneamente, “Il fonografo a colori”, “deserti” e “La stanza sul canale”. Inaspettatamente i libri ebbero successo di critica. In particolare una recensione di Vera Passeri – Pignoni sulla rivista Forum – Quinta generazione dell’editore Giampaolo Piccari di Forlì, grande talent scout della poesia italiana. Con l’editore forlivese si stabilì un rapporto di stima e amicizia. Ho pubblicato tutte le mie opere degli anni ottanta e novanta con la Forum fino alla morte di Giampaolo Piccari. Ho parlato delle mie prime opere e voglio fare una considerazione. I primi libri rivelano a un autore se stesso. Forse poeti si nasce. Col tempo il poeta impara a cogliere l’attimo che la musica gli svela. Scrittori si diventa, bisogna imparare a manipolare il flusso che ti attraversa, renderlo fluido. È un lavoro quotidiano che sai che è finito quando hai scritto l’ultima parola. Dal 2000 vivo in un rustico perso nella campagna dentro un uliveto. Ero venuto con una compagna tedesca ch’era mia traduttrice. Dal 2008 vivo da solo. Nel 2012 la mia attività commerciale è stata travolta dalla crisi. Ho 78 anni e molti dei miei amici non ci sono più o hanno difficoltà a venirmi a trovare: dove abito io i postini non vengono e internet  e telefono sono aleatori. Sono tradotto in armeno, croato, francese, inglese, portoghese, russo, spagnolo e tedesco.  Sono presente in antologie e riviste internazionali. Tra le pubblicazioni recenti: Archipiélago, traduzione in spagnolo di Carlos Vitale, Plaza & Janes Editores, Barcelona 2002; Magnolie, traduzione in armeno di Hakob Simonyan, Erevan 2007; Lo sposalizio del tempo, Edizioni del Foglio clandestino, Sesto San Giovanni 2009, ristampa ampliata 2011; Inchiostro, (racconti), Edizioni del Foglio clandestino, Sesto San Giovanni , 2011;  Le regole della rosa, Edizioni del Foglio clandestino, Sesto San Giovanni, 2014. Su quest’ultima opera poetica Massimo Barbaro ha scritto una breve  saggio. 

*

*

Sei poesie dalla raccolta inedita “segnali di fumo”

 

*

 

 tutto

si lega in te

 come in una corda

                 i fili

il cinguettio

          dei passeri

   in giardino

il volo

   di una coccinella

il rosso e il nero

    ed io funambolo

  in bilico

sul tuo respiro

 

 

 

         *

 

un sasso scagliato

     in cielo

non può oscurare

 la luce del sole

 

 

 

         *

 

anche le stelle

               invecchiano

 per mille e mille

                     notti

avete accompagnato

       i passi

 della mia solitudine

questa sera vi vedo

           rugose

come  le mie mani

 

 

*

 

             ogni goccia

 della mia vita       

ha preso il sale

dal tuo mare

 

               *

 

    sono un bambino

che abita       

nel corpo        

di un vecchio

quando lui dorme      

mi affaccio        

ai suoi occhi

e gioco col mondo

 

               *

 

          il silenzio

cadeva tra di noi   

come una pioggia

minuta         

fastidiosa

due coppe di gelato             

restavano    

sul tavolo

del bar della stazione          

ci avviammo

senza voltarci                 

ognuno

al proprio treno

 

Potrebbero interessarti