Intelligenza può derivare da intus-legere e da inter-legere: leggere in profondità e scoprire le relazioni, le connessioni, intuire i contorni di quelle circostanze che chiamano coincidenze.
“Il colore delle cose non dette”, romanzo di Simone Rausi, pubblicato da Rizzoli nel giugno 2023, è in questo duplice senso intelligenza dei sentimenti.
I sentimenti sono quelli di un palazzo di via delle Cave 27, di un ospizio, posto lì di fronte, di una casa abitata dal vuoto, di un ragazzo che tiene uniti tutti, e in fondo sono anche quelli che albergano nell’animo di ciascuno di noi e si danno il cambio quasi fossero magliette di diverso colore e di taglia unica.
Ogni colore è un’emozione che possiamo indossare ed è proprio attraverso i colori che la protagonista, Nina, una giovane grafica freelance, tenta di dare significati alle cose, ricostruire il senso di un’esistenza, andare alla radice del vero scovando quei codici che ci determinano.
E se il codice di Nina è una tavolozza virtuale, quello del suo ignoto interlocutore con cui in uno strano gioco entra in comunicazione, sono le parole racchiuse in un dizionario.
Parole sfuggenti, colori sfumati, delineano la figura di un terzo personaggio, Samuele, che fa da ponte tra i due ed è il ponte fra Nina e il mondo, un ponte che la conduce fuori da se stessa, la continua a tenere per mano e le mostra il mare.
Il mare, presenza personificata, è un dolce compagno per Nina, una certezza che abbraccia ogni precarietà, un orizzonte da cui è impossibile distogliere lo sguardo, una meta che intende seguirci, un passaggio obbligato per un giro di boa.
Boa, come tante altre parole dal significato doppio, forse ci avvisa dell’ambiguità degli avvenimenti che possono mostrarsi salvifici come un galleggiante e rivelarsi fatali come la stretta del serpente.
Di parole simili, di slittamenti semantici e di contaminazioni è denso il dialogo fra i protagonisti.
Tutte le parole infatti possono custodire un rifugio e allo stesso tempo celare una trappola.
Fuori dai cancelli delle parole sopravanza però la vita che ci viene incontro senza chiederci il permesso e ci sono le vite degli altri inquilini del palazzo, dei vecchietti ricoverati, dei genitori della protagonista nella sua casa di famiglia.
Il romanzo ce le presenta tutte con uno sguardo comprensivo e non giudicante, come se si arrestasse sulla soglia dei comportamenti direttamente osservabili, sulle “coincidenze dimostrabili”.
La struttura del racconto appare sostenuta da sapienti misure, da precisi dosaggi, dalle quantità e le stesse 36 domande che compongono la prova in cui si sperimentano i protagonisti, sono introdotte facendo leva sulla tranquillità delle cose calcolabili: “un percorso guidato, scandito da numeri, senza imprevisti”.
Ma anche la promessa che sembra portare in dono il calcolo non è altro che una vana speranza, perché nella scommessa con il destino non ci sono dati che tengano, non valgono le probabilità e perfino i nostri piani, il nostro tentativo di anticipare il futuro e dominare il tempo, rischiano di rimanere incorniciati dentro un quadretto riposto in fondo a un baule, incastonati come desideri incompiuti sulle stelle cadenti.
Nella valigia dei sogni che è il bagaglio delle nostre esperienze, non c’è spazio tuttavia per le definitività, né per quelle rassicuranti, né per le condanne inappellabili.
E Nina comincia a capirlo concedendosi seconde possibilità, realizzando che “forse potevamo indossare vestiti diversi a seconda delle occasioni ed essere sempre noi. Potevamo mostrarci con un colore diverso per ogni relazione ed essere veri comunque.”
La cifra di cui fidarci non si indentifica perciò nella fissità del numero, quanto piuttosto nel suo altro significato di singolarità, particolarità, unicità.
Questo vale pure per quell’eterno ritorno del 7, numero magico, che è inizio della storia, che si ripete e che emerge persino dalle cifre della sua ultima pagina, la 313.
Quel sette che è Samuele, è compiutezza e allo stesso tempo assenza, attesa e perenne scoperta.
Il romanzo inizia parlandoci di lui, ci fa commuovere e ce lo fa amare.
A questo punto basta aprire il libro e conoscere la sua storia, una storia tra tante che il mare ci restituisce coi suoi rumori, coi suoi pensieri, con la sua dedizione e le sue preoccupazioni.
Le attenzioni, le premure, la cura degli affetti e quella responsabilità dei sentimenti che è nello “scegliere di esserci”, sono le cose che restano, le sole che contino e che nessuna ondata potrà trascinare via.
Adesso bando alle ciance e via alla lettura, all’immersione in questo romanzo fresco di stampa e scritto per Rizzoli da un trentenne catanese, Simone Rausi, Direttore Creativo per Reattiva, agenzia di comunicazione e marketing.
Il suo linguaggio leggero, delicato, espressivo vale già da solo come opportunità di vivere e vedere gli eventi in un’ottica diversa, vivace, ricca di sorprese, di contrasti e di inediti incastri, perché come è narrato ne “Le mille e una notte”: “ogni cosa, in ogni tempo, va con il suo contrario”.