tre domande, tre poesie
Senza l’ingombro dei pensieri ogni cosa è rivelata». Un verso chiarificatore di Iole Toini per segnalare la lettura del nuovo, “bruciante”, libro, “niente di tiepido”, pubblicato da “Pietre Vive Editore”, nella collana “Perìgeion”. Percorriamo pagine pervase da luce «gonfissima», «che canta le cose illuminate, le cose amate», fino a credere che «tutto fonde in sé e in altro da sé travasa», che «alberi e nuvole e vento/ non sono alberi e nuvole e vento», che «Levare il viso all’aria scuote le più semplici aperture», che «il cielo sopravviene quando tutto è smarrimento», che l’invisibile «è vivo», fino a «Cogliere il passo del ciliegio/ mentre slaccia i fiori e li libera alla solitudine della bellezza». Esplorazione di sé congiunta all’esplorazione dell’accadere, poesia che scaturisce dal dolore e che “si diluisce nel complesso e vastissimo sistema della natura”, poesia come orizzonte “oltre il cammino del sapere”.
(Grazia Calanna)
Qual è stata la scintilla che ha portato il tuo “Niente di tiepido”, meglio: in che modo la (tua) vita diventa linguaggio?
La poesia è l’esigenza di espressione delle emozioni meno facilmente esprimibili nel quotidiano, meno riconducibili a un linguaggio colloquiale, che necessità di una forma più definita, cesellata da percezioni che nascono da incontri, da immersioni nel paesaggio esterno o anche interiore, da visioni. Il linguaggio è la necessità di rendere vero il più a lungo possibile quel fugace volo nell’invisibile e possibilmente di condividerlo. È anche il bisogno di raspare sul fondo di se stessi per liberarsi del sedimento più brutale e penoso. La scrittura può chiarirci a noi stessi. Esprimere se stessi è comunque sempre una forma di egocentrismo che cerca di raggiungere l’altro, toccare l’altro, partecipare l’altro attraverso se stessi. La realtà è sempre una diminuzione del desiderio e del sentire; nessun gesto, nessuna esperienza può davvero spingersi dentro la luce. Così ci viene in soccorso il linguaggio, la pittura, la musica, tutte espressioni della stessa cosa che sanno accedere dove il nostro corpo, il nostro sguardo di superficie non può. Niente di tiepido nasce da un percorso che si è evoluto nel tempo.
I primi due libretti pubblicati – uno nel 2009 e l’altro nel 2014 – sono più emotivi, e anche in parte meno gioiosi. Quest’ultimo invece trova una pacificazione di me attraverso la natura, e lo scriverne è in parte un omaggio ad essa ed è anche il bisogno di condividere la gioia che appunto me ne viene.
La poesia è un destino?
Ognuno di noi possiede la capacità di guardare più in là del proprio naso; qualcuno in modo più o meno volontario sa attraversare il visibile per cercare di vedere o intravedere quella pulsazione che mostra – seppur per brevi attimi – quel barbaglio di luce che ci fa soffermare sul più piccolo, sul più insignificante: ci rivela un percorso che apre a sua volta a molteplici altri significati. Di certo questo non avviene – o avviene solo parzialmente – in modo impulsivo, istintivo (la famosa ispirazione). Poi c’è un lavoro di ricerca, di fatica, di approfondimento costante. Ecco, sì, solo una frequentazione continua della poesia può darci accesso alla poesia stessa. Niente viene da solo. Il destino lo si deve guidare. Di certo una personalità attenta al particolare, predisposta all’ascolto, alla partecipazione, ha probabilmente un’attitudine più spiccata per la poesia. Ma anche questo non basta. La poesia quindi può diventare un modo di vivere se quello è il modo in cui si vuole vivere. La propria destinazione la si sceglie.
Per concludere, ti invito, per salutare i nostri lettori, a riportare tre poesie dal tuo libro; e di queste scegline una per condurci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere (nel contesto del libro che l’accoglie).
Ne propongo due. Non ho l’abitudine di conservare il processo di evoluzione di quello che scrivo. Posso solo cercare di tracciare una linea fra il primo pensiero o immagine che mi sollecita e la creazione dello scritto. La prima poesia nasce da quel corpicino riverso sulla spiaggia nel naufragio del 2015. La tragedia dei migranti filtra attraverso una realtà parallela che guarda e passa oltre nel viavai frenetico di una vita di superficie. Noi siamo il paese che sta morendo per nostra stessa mano. Ma nello stesso tempo – comunque e a caro prezzo – un nuovo paese sta nascendo: è il paese delle persone che resistono, che credono in una nuova vita, che, a rischio della loro stessa esistenza, si protendono verso un’altra di là da venire.
Nella seconda poesia – l’ultima contenuta nel libro – c’è la sintesi di come sia tanto più facile amare tutto quello che è natura, paesaggio, contrapposto a quanto sia invece più faticoso, più complesso amare l’essere umano. La natura offre senza chiedere niente in cambio, dona senza misura quanto di più alto ci sia al mondo. Di contro, quando anche crediamo di amare una persona più della nostra vita, in realtà lo amiamo sempre egoisticamente; io viene sempre prima di tutto, purtroppo; questo è quello che la società ci imprime in un consumismo perpetuo che consumando l’altro, consuma noi.
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Tenerezza. Corpi allagati. Mari di carne abbandonata.
Fiori di plastica volano dagli occhi delle case.
Un paese sicuramente sta nascendo. Un paese sicuramente sta morendo.
Tenerezza nel cuore delle cose. Il verme si contorce. Una barca dondola il mare.
Lungo la strada cartelloni pubblicitari sorridono denti troppo bianchi.
Dalla Tv lo schermo ci riflette spenti.
Il volto di un uomo affonda la terra.
Il corpo di un bimbo affonda l’uomo.
La terra sprofonda.
Tenerezza, oh, tenerezza.
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Quando amo il verde, tutto il mondo è verde:
amo la cicoria, e tutto il mondo è verde cicoria;
amo il muro rotto della cascina, e tutto il mondo è il verde muro rotto della cascina.
Quando amo il verde, amo la roccia esplosa, lo svasso, la dafne velenosa, il carpino nero, il sorbo, la donnola.
Quando amo il verde, il verde cade su tutto il mondo, e la mia gola è verde, i capelli verdi, gli occhi la milza il fiato sono verdi.
Quando amo il verde, tutto il mondo amo.
Quando amo una persona, la persona entra nelle ossa. Il mio corpo cammina col suo corpo, la mia bocca diventa la sua bocca;
e perdo i contorni, perdo l’orizzonte, e non so più come né cosa;
e si fa un rombo, invento misure, confondo me con l’altro e l’altro con me;
e non so come essere la me che ama,
senza la guerra che si fa in me per scalare l’altro e poterlo mangiare,
e lui mangia me uguale, e non c’è più il mondo, e c’è la disintegrazione del mondo, e tutto il mondo schianta, e perdo me e l’altro e tutto.
Dopo un tempo tutto di senza, dalla terra si schiude un occhio che scivola fra i vermi, che risale la pioggia, che sfrigola nell’erba, che entra nella luce, che apre il verde e il verde cade sul mondo e nuovamente cade su me che mi faccio verde, e tutto il mondo è verde, e nuovamente amo.
Concludo. Se qualcosa di buono c’è nelle cose che ho scritto, molto lo devo alle persone incontrate sul percorso. Sono loro che mi hanno spronato oltre che aiutato a definirmi nella scrittura. Ringrazio tutti per essersi soffermati su me anche solo un momento e avermi così dato modo di frequentare sempre meglio questa viva realtà che ci è prossima che è la poesia.
Ringrazio molto Grazia Calanna per avermi invitata a questa interessante rubrica.
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Iole Toini nata a Darfo Boario Terme il 06/05/1965. Ha pubblicato: Spaccasangue, 2009, Le Voci della Luna, Sasso Marconi, Dei Colori dei Luoghi, 2014, Terre d’Ulivi, Niente di tiepido 2023, Pietre Vive. Lavori collettivi: Confronto a dieci – poeti e pittori in visioni contemporanee, 2010, Associazione Culturale Città d’arte, Rimini; Mauro Moscatelli, Eravamo dei, 2011, Rimini; La Versione di Giuseppe, poeti per Don Tonino Bello, 2011, Accademia Terra d’Otranto; Cuore di preda, poesie contro la violenza alle donne, Edizioni CFR 2012; Rivista Qui di Massimo Parizzi – Appunti dal presente – Estate 2003 – “Di guerra”. Traduzioni: Francesca Maffioli, “Sulle montagne, un cuore sperticato”, Cahiers de l’Approche. Angoulême, 2021.
(la versione ridotta di questa intervista a cura di Grazia Calanna, è apparsa sul quotidiano LA SICILIA del 02.06.2024, pagina Cultura, rubrica “Ridenti e Fuggitivi”).