Marco Arduini, In viaggio con capitan Filo. Acrilico e tempera PACILIO
Marco Arduini, In viaggio con capitan Filo

Ancora oggi studiosi della psicologia della coppia e della comunicazione sono costretti a rilevare che la maggior parte delle persone si sposa, o si unisce alla persona amata, per trovare una ‘sistemazione stabile’ socialmente condivisa e riconosciuta. Il rapporto interpersonale a lungo termine, però, sempre più spesso, viene interrotto dalla separazione o dal divorzio, voluto sia dai maschi che dalle femmine i quali si risposano per ricercare quel ‘rapporto fisso’ spezzato nella precedente esperienza di convivenza. Gli alterchi avvenuti o che continuano a essere presenti in una relazione a due vengono intesi quale normale forma di comunicazione, soprattutto, tra i coniugi. Spesso la violenza verbale e fisica, infatti, è all’ordine del giorno e non viene considerata, dai due, la motivazione primaria per interrompere la vita di coppia. Negli Stati Uniti, per esempio, alcuni studi mettono in evidenza che le coppie accettano la violenza nella vita coniugale e che la utilizzano anche più di una volta all’anno durante i litigi. I problemi di rapporti con l’altro, specie nel matrimonio, sono attribuiti a mancanza di dialogo e di ascolto e da qui scaturisce l’infelicità di chi ama meno allontanandosi dalla vita in comune. Quando si è consapevoli che la vita a due non può più procedere come prima si arriva a comprendere ‘il conflitto’ e si tenta la risoluzione in modo amichevole cercando la separazione consensuale. La separazione, comunque, resta sempre un’esperienza traumatica e dolorosa per entrambi a prescindere chi ama di più o chi è meno felice dell’altro. Spesso questa frattura rende fragili gli esseri coinvolti fino a sconvolgere la salute fisica e quella psichica. I dati mostrano che gli uomini ne escono più prostrati delle donne e soffrono maggiormente le coppie anziane rispetto a quelle giovani. Accade che, nonostante si pianifichi la vita dopo la separazione, generalmente cambia la prospettiva dello stile di vita acquisito con il precedente partner. Improvvisamente ci si ritrova in uno stato di insicurezza intima e personale fino a mettere in discussione la propria identità: questo spinge a ricercare l’altro anche per futili motivi, per soddisfare il bisogno di vedersi e di elaborare, a livello emozionale, il periodo di tempo vissuto insieme. Ciò che procura l’attrito tra i due è, secondo gli esperti, il vivere la coppia come identità soffocante e prevaricante l’individualità dei singoli i quali non sono più in grado di mantenere i compromessi stabiliti dall’unione, soprattutto matrimoniale. Se uno dei due, a lungo andare, non trova accolti i propri interessi diventa un elemento insoddisfatto e infelice. Molto spesso, infatti, la soddisfazione dipende da attività comuni: sesso, tempo libero, azioni di reciprocità, educazione dei figli. Le coppie infelici sono quelle in cui i partner si scambiano poche gentilezze e tenerezze e che utilizzano la critica e l’aggressività come strumento comunicativo. Quindi vengono meno comportamenti affettuosi, abbracci, baci, regali e aumentano i litigi e le incomprensioni fino a vivere una vera e propria escalation della discussione. Purtroppo ciò che veramente manca in questi casi è la condivisione dei sentimenti, delle emozioni, dei desideri più segreti senza prestare attenzione a come l’altro reagisce. Infatti, molto spesso, non si presta abbastanza attenzione al silenzio di chi ci vive accanto: le parole taciute sono una delle peggiori reazioni perché possono covare non solo indifferenza, ma rancore e progetti di violenza futura. Raggiungere l’armonia attraverso la volontà di superare il conflitto rende il legame più forte e spinge a compromessi positivi. Di solito le donne chiedono e vorrebbero più affetto, mentre gli uomini desiderano avere una compagna più accogliente a livello sessuale ed emozionale. Osservando la diade come condizione familiare dobbiamo sottolineare che la famiglia ha subito negli ultimi centocinquanta anni una trasformazione radicale e profonda a partire dalla seconda metà dell’800 e più decisamente nel ‘900, fino  a giungere ai giorni nostri dove assistiamo a nuove forme di convivenza familiare. Nel corso dei secoli la famiglia ha assunto diverse connotazioni, esse tuttavia, possono così essere sintetizzate: I – Modello Allargato o Tradizionale (Si sviluppa intorno al XV secolo e rientra nel periodo pre-industriale, la caratteristica principale in questo periodo era che le persone vivevano in gruppi ristretti, tipo molecolare o polinucleare, e spesso ciò era dovuto al tipo di attività che svolgevano: la dimensione Affettiva non veniva considerata, numerosi matrimoni era combinati e per lo più tra gli stessi membri della famiglia; l’unica condizione importante era l’equilibrio e la durata di essa);  II – Nucleare (I motivi del passaggio al Modello Nucleare di tipo borghese, che si sviluppa nell’età post-industriale, vanno ricercati nelle trasformazioni di tipo economico, politico e sociale avvenute a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo. La fine delle servitù medioevali e del sistema corporativo di tale epoca aveva favorito una “personalizzazione” dei capitali e delle ricchezze il cui possesso ora spettava maggiormente ai singoli più che ai gruppi familiari. Durante la prima Rivoluzione industriale (XVIII secolo) la famiglia complessa subì un altro colpo che ne aumentò la tendenza alla frantumazione: in primo luogo questa si era liberata a poco a poco dai controlli della comunità e della parentela. Vi è stato in secondo luogo il passaggio da un sistema di  matrimonio combinato dai genitori, mossi esclusivamente da interessi di tipo economico e sociale, a uno basato sulla libera scelta dei coniugi, sull’attrazione fisica e sull’amore. È mutato in terzo luogo il rapporto fra i coniugi. La tradizionale asimmetria di potere fra marito e moglie si è attenuata e la passione erotica ha acquistato una crescente importanza. Infine, anche le relazioni domestiche in seno alla famiglia sono variate e mutate nel  corso dei secoli: il matrimonio da un semplice contratto stipulato dalle famiglie degli sposi si è trasformato in legame sempre a carattere affettivo  ed anche i rapporti con i figli sono migliorati, a seguito anche della razionalizzazione e del controllo della maternità e della drastica riduzione della mortalità infantile che ha portato all’abbandono della pratica del baliatico a cui si ricorreva anche per non affezionarsi troppo a bambini della cui sopravvivenza nei primi anni di vita non si era sicuri. Tale modello basato sulla completa e totale deferenza dei figli nei confronti del padre, entrò in crisi, si affermò, quindi, un modello detto coniugale intimo, in cui i maschi (marito e padre) pur continuando ad avere potere ed autorità assoluta vedevano ridurre di molto le distanze sociali con la  moglie ed i figli. Il sistema relazionale è cambiato, sia nelle procedure di aiuto, nella risoluzione dei conflitti che nella comunicazione intrafamiliare e interfamiliare creando delle strutture apposite a svolgere questi compiti. La delega è individuata soprattutto in strutture preposte nell’educazione dei figli, nell’assistenza degli anziani e nel soccorso di aiuto che in passato venivano organizzate all’interno del gruppo familiare. Questo tipo di modello è sopravvissuto fino agli anni Cinquanta, basato sull’indissolubilità del matrimonio, su una precisa divisione dei ruoli tra i coniugi, sbilanciata a danno della donna, e sulla centralità dei figli dovuto a molteplici ragioni); III Allargata di tipo Globale (Oltre alla famiglia nucleare tradizionale ed alla famiglia allargata, si parla oggi di “Famiglia Tradizionale Globale” perché è cambiato il ciclo di vita della famiglia; famiglie composte da un solo genitore con i figli (1.560.000 famiglie nel 1987), da coniugi senza figli, da coppie con figli provenienti da unioni precedenti, da single giovani e anziani, da coppie omosessuali, e così via. Il concetto di famiglia si è quindi allargato a comprendere più situazioni, che spesso non trovano adeguato riconoscimento giuridico (come le convivenze) e che pongono problemi del tutto nuovi al legislatore. Basti pensare, per esempio, alle complesse questioni giuridiche e morali derivanti dalle moderne tecniche di fecondazione artificiale, che vengono in soccorso di quelle coppie che non riescono ad avere bambini, e che suscitano dibattiti infuocati sulla legittimità a farvi ricorso da parte delle coppie non sposate. Famiglie di fatto o di diritto, allargate o ristrette, laiche o religiose, con figli nati da unioni diverse o da uno stesso matrimonio, sono comunque tutte accomunate da una intimità dei rapporti tra genitori e figli e tra gli stessi coniugi, impensabile cent’anni fa quando ancora vigevano, tra i componenti della famiglia, relazioni di tipo asimmetrico, fondate sull’autorità del padre cui i figli davano del “voi” e cui la moglie doveva obbedienza. La spiegazione classica attribuisce i mutamenti dei comportamenti demografici al processo di modernizzazione economica e sociale (approccio funzionalista-strutturale): le componenti sono rappresentate da una molteplicità di trasformazioni strutturali delle quali le principali sono la diminuzione della mortalità, la diminuzione delle attività agricole a vantaggio della diffusione dell’economia di mercato urbano-industriale, la mobilità geografica e l’urbanizzazione, il miglioramento della condizione femminile e l’aumento della scolarizzazione. La struttura familiare reagisce a queste variazioni in quanto i comportamenti tradizionali risultano ormai economicamente poco funzionali e così la transizione demografica (il passaggio da una società agricola ad alta fecondità a una società industriale a bassa fecondità) si realizza passando, necessariamente, attraverso la modernizzazione economica. L’esperienza delle società europee degli ultimi cento-centocinquanta anni giustifica soltanto in parte questo pragmatismo, ma le sincronie delle trasformazioni sono abbastanza convincenti. Possiamo concludere affermando che questo terzo modello racchiude in definitiva entrambi i modelli su esposti, la sua rappresentazione principale è l’apertura dei suoi confini. Vi è una chiara visione del predominio individuale su quello della coppia.) Negli anni settanta si è assistito a una vera rivoluzione del diritto di famiglia con l’introduzione del divorzio, confermato dal referendum popolare del 1974, che ha sancito il diritto di sciogliere il matrimonio qualora venga a mancare la comunione spirituale e materiale tra i coniugi; nel 1975 è stato integralmente riformato il diritto di famiglia, che ha stabilito tra l’altro la parità tra i coniugi sia nei loro rapporti personali che nei confronti dei figli; nel 1978 è stata approvata la legge sull’interruzione volontaria della gravidanza, anch’essa poi confermata da un referendum, che ha concesso alla donna la piena libertà di scelta in questo campo. A seguito di questa profonda evoluzione è diminuito il numero dei matrimoni (90.000 in meno nel 1987 rispetto agli anni Sessanta), mentre si è costantemente accresciuta la percentuale di quelli celebrati solo civilmente (dall’1,2% sul totale negli anni Sessanta al 15% degli anni Novanta); si è innalzata l’età al matrimonio ed è diminuito il numero dei figli; sono aumentate – anche se meno che in altri paesi europei – le unioni libere, cioè le coabitazioni e i divorziati. La risoluzione di una crisi familiare spesso avviene in una camera di tribunale con una sentenza pronunciata da un giudice o da un presidente di Tribunale. Prima della pronuncia della sentenza si procede con una istruttoria; essa non è in grado di fotografare la situazione reale della coppia, le esigenze e i bisogni dei figli; infatti, la stessa sentenza finale del giudice, non sarà frutto di una conoscenza reale della relazione della coppia e dell’interesse reale del bambino, ma di provvedimenti dettati da leggi e normative in materia di diritto di famiglia. L’unica soluzione per ovviare a questo tipo di problema è quello di rimandare la soluzione della crisi a un Mediatore Familiare offrendo alla coppia uno spazio per elaborare e gestire il conflitto attraverso l’attivazione della comunicazione ed elaborando un progetto che metta d’accordo entrambi i coniugi tenendo conto delle esigenze dei figli per un futuro sereno. Purtroppo la mediazione è confinata solo a un accenno finale del testo legislativo, come possibile strada alternativa a una lite già iniziata. L’esperienza vissuta nelle aule di giustizia ci insegna che la vicenda separativa è sempre produttiva di un lutto, perché evento inevitabilmente luttuoso è il fallimento di un progetto di vita inizialmente condiviso e sulla buona riuscita del quale, tanto l’uno quanto l’altro dei coniugi, o dei conviventi, hanno creduto, profuso sforzi e investito emotivamente; ogni lutto, come è noto, richiede un percorso e un tempo di elaborazione e la capacità di elaborazione del lutto varia da soggetto a soggetto, in funzione delle risorse personali delle quali ciascuno è dotato. La mediazione è uno strumento di aiuto in caso di conflittualità familiare, al quale possono ricorrere tutti coloro che vivono una situazione di conflitto in famiglia, e che avvertono l’esigenza di confrontarsi in uno “spazio neutro” con un esperto che li affianchi nel processo volto a ritrovare un ruolo (di marito, moglie, genitore) che il conflitto ha reso problematico e nebuloso. La mediazione familiare non serve solo ad aiutare i coniugi a trovare accordi soddisfacenti per entrambi sugli aspetti della separazione, quali l’affidamento dei figli, la divisione dei beni e via dicendo, ma anche, e soprattutto, a ristabilire una comunicazione magari interrotta anni prima, a migliorare la comprensione fra le parti, a promuovere un dialogo sia in vista di una riconciliazione, sia in vista del divorzio, il quale comunque non priverà gli ex coniugi della volontà e della capacità di essere genitori attenti ai bisogni dei figli in una fase così delicata. Non bisogna mai dimenticare, infatti, che ci si separa come coppia, ma non dal proprio ruolo di genitore.

 

Tra le fonti utilizzate per questa stesura: P. Donati, Famiglia e politiche sociali. La morfogenesi familiare in prospettiva sociologica, FrancoAngeli, Milano 1981; P. Donati, Sociologia delle politiche familiari, Carocci, Roma 2003; Riviste di psicologia e di psicologia contemporanea, Wikipedia, Dizionario di Sociologia Gallino.

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