“La formula della creazione” di Michelangelo Pistoletto, “peculiare dispositivo per viaggiare nel tempo”.

Edito da Cittadellartedizioni nel dicembre 2022, l’ultimo libro di Michelangelo Pistoletto, La formula della creazione, sta ottenendo al momento un sensazionale risalto mediatico, oltre che spazio nei classici “luoghi deputati” dell’arte (quali teatri, musei e accademie) attraverso un ciclo di conferenze in tutta Italia che si concluderà a giugno.

Il libro si presenta come riflessione sulla teoria e la praxis di uno dei più grandi artisti degli anni Settanta ancora attivi, il cui personale epos è inserito nell’alveo delle macroconflittualità concettuali (formale/informale, raffigurazione/astrazione) provenienti dai secoli precedenti e operanti sulle avanguardie novecentesche.

Due tendenze, cioè, che prima di trovare le loro punte di diamante negli anni Quaranta – Cinquanta in Bacon da una parte e Pollock dall’altra, avevano sotterraneamente impregnato dal Medioevo tutta la storia dell’arte occidentale e orientale, condividendone la matrice storico-sacrale.

Se l’arte religiosa, a partire dal potentissimo dispositivo archetipico della croce, funge da collettore di istanze identitarie, dà, però, anche il via alla specialissima ricerca dell’artista tra illuminazioni, casi, sperimentazioni che lo portano, soprattutto con i celebri Quadri specchianti (in cui la realtà entra nel quadro reso specchio e tirato  giù dal “piedistallo” tradizionale rappresentato da muro e zoccolo, simbolo, quest’ultimo, di elevazione dell’opera all’altare dei valori metafisici), a recuperare il rapporto tra arte e memoria storica estromessa dagli astrattisti, attraverso due precipui elementi: l’immagine casuale di un soggetto fissata attraverso foto/serigrafia e la rifrazione degli astanti / spettatori che in tempo/i diversi si specchiano nell’opera. Impronta materica del passato l’una, cattura istantanea del presente l’altra: nell’insieme peculiare dispositivo per viaggiare nel tempo.

In un’epoca ipertecnologizzata, in cui ciò che va oltre il corpo appartiene alla sfera virtuale, il maestro dell’Arte Povera si fa interprete di una nuova urgenza: rendere l’arte veicolo di spiritualità – come la prima impronta della mano sulla parete preistorica, prolungamento del corpo fisico nel tempo – ma in modo oggettivo, fenomenologico e collettivo, al servizio degli altri.

Il Quadro specchiante, linea di demarcazione tra un ‘prima’ e un ‘dopo’ dell’arte, assolve a tale funzione sociale assumendo la principale prerogativa della religione, quella appunto di religĕre, legare insieme i soggetti attorno alle dicotomie immobile / mobile, assoluto/ relativo, certo/ casuale; aspetti che rientrano propriamente nei campi di indagine scientifica e teologica.

Il libro nella sua seconda parte diventa esplicitamente riflessione sul segno; e per segno non si intende solo quello costituito dall’opera, ma anche quello personale teso a sottrarre l’identità a qualsiasi strumentalizzazione politico-religiosa, che sia un simbolo grafico a rappresentarci (il Segno Arte) o la parola stessa.

All’interno di tale impostazione teoretica (che nel corso dei decenni è diventata istituzionale e programmatica, dal Manifesto Progetto Arte del ’94 alle iniziative della Fondazione Pistoletto e di Cittadellarte a Biella, assurta a «piattaforma di attività multidisciplinari» intrecciate «con i diversi settori del tessuto sociale») anche la parola, confluita nella scrittura tecnologica, inoltra il suo precipitato esperienziale al di là del corpo fisico, affidandolo alla memoria collettiva della rete (Selfie Interview): «vedo un’identità tra i bit dell’alfabeto tecnologico, i segni primitivi incisi nelle pietre, i grani del rosario, i numeri arabi, le lettere dell’alfabeto e i codici scritti dai frati amanuensi».

Tale uso del segno riesce a scardinare finanche l’univocità e rigorosità del linguaggio matematico, imprimendo al simbolo dell’infinito espansioni e spostamenti di senso fino ad una ricodificazione validata dalla scienza che lo renda ‘formula della creazione’, onnicomprensivo di ogni fenomenologia cosmica e dinamica attuale.

Insomma, l’operazione a cui assistiamo è semioticamente complessa e, in perfetto stile anni Settanta, si pone come performance a tutto campo: il pensiero visionario ma sistematico dell’autore ha saputo trasfondere corporeità, arte, scienza, tecnologia, politica per proporre un nuovo modello di società planetaria da svilupparsi in sinergia con le realtà del territorio, proprio a partire da Cittadellarte. E il volume, corredato da illustrazioni d’autore, non è ovviamente narrazione che si esaurisce in sè, ma ammicca alle possibilità del ‘libro d’artista’.

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