Deliziosamente piccola, terribilmente miope, crudelmente spiritosa e irreversibilmente alcolizzata, Dorothy Parker (1893-1967) è degna di essere annoverata tra i grandi narratori del Novecento americano. Attiva sin dalla gloriosa “età del jazz”, quando animava l’eccentrico circolo di intellettuali che si riuniva all’hotel Algonquin di New York, fino ai turbolenti anni Cinquanta, quando la persecuzione politica della commissione McCarthy le si scagliò contro, a causa della sua mai celata simpatia per il partito comunista.
Nota come critica letteraria e teatrale (per riviste come “Vogue” e “The New Yorker”), fu anche reporter di guerra (nel ‘37 si recò in Spagna per raccontare la tragedia del conflitto civile), nonché apprezzata sceneggiatrice ad Hollywood, ma soprattutto scrittrice di racconti e poetessa. In ogni attività si distingueva per la poderosa e raffinata intelligenza del suo umorismo. La vittima preferita del suo spirito graffiante? Se stessa, ovviamente!…
A proposito del suo stile unico, W. Somerset Maugham scrisse: «Forse ciò che dà alla sua scrittura il sapore caratteristico, è la capacità di vedere il lato ridicolo anche nelle più amare tragedie della bestia umana. Ha scoperto una verità grave e salutare al tempo stesso: nelle nostre più sentite disgrazie, c’è qualcosa di irresistibilmente comico».
La poesia che vi presento, dal titolo “Canto di guerra” (War Song), fu scritta per il suo secondo marito, l’attore e sceneggiatore Alan Campbell, quando venne arruolato per combattere nella Seconda Guerra mondiale. Questi versi si distinguono nettamente dallo stile che aveva sempre dominato nella produzione poetica della Parker: stavolta l’autrice mette da parte la sua vena dissacrante e lo humour macabro, permettendo al suo slancio lirico di svettare con impareggiabile grazia e malinconia.
Questa la mia traduzione:
Soldato, in una terra strana al di là del mare ondeggiante, cogli il suo sorriso, prendile la mano – non sentirti in colpa per me. Soldato, esistono soldati sinceri? Se lei è dolce, allegra e gentile, sfrutta l’augurio che ti mando – sino al mattino non restare solo. Soltanto, per le notti che furono, soldato, e le albe che verranno, quando nel sonno ti rivolgi a lei chiamala col mio nome. *** Soldier, in a curious land All across a swaying sea, Take her smile and lift her hand – Have no guilt of me. Soldier, when were soldiers true? If she’s kind and sweet and gay, Use the wish I send to you – Lie not lone till day! Only, for the nights that were, Soldier, and the dawns that came, When in sleep you turn to her Call her by my name.
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