In occasione di una recente recensione i Microliti di Paul Celan.
Ieri lunga conversazione col mio pseudoplatano in giardino. Due tronchi da una radice, la sua ombra farfugliante quando lo lasciano gli uccelli. Due oracoli uniti sotto terra, ma sopra, al momento di parlare, un vano chiacchierio. Sicché mi avvicinai, tesi l’orecchio a sfiorare la corteccia. Ne veniva un mugugno: taci… Ripetei il gesto con l’altro orecchio e tronco. Mi sorprese uno schianto: parla!
Tornato tosto in studio, il pc segnalava un’e-mail:
UN NOME NOTO scrive sui giornali
e ora punta il piccolo esordiente
un orfanello le gengive rosa
un’anima da Africa assetata,
ora celebra un forte, un arrivato
passioni tristi, un figlio del passato,
e ne dice ogni bene esagerando –
tanto per dire, ché non crede in niente
né in lui né in altri –
e anche i veri grandi l’han stufato
come i cartelli sulle case in vendita
tutte magnifiche, tutte eccezionali.
E in cuor suo: poesia, sorella pazza
della prosa,
ancora, ancora, che ci stai a fare?
Era Anna Maria Carpi, che m’invitava a spostare l’ora. Spostai immediatamente tutto, comprese fauna e flora.