dalla raccolta inedita Badanti
Entra e riempie la casa. É ungherese, alta e possente. Giovane e affamata. Va subito a cucinare e ingoia con fretta. Al portone la attende il suo uomo, un tunisino bello e dolente. Vuole uscire ogni momento, percorrere le strade della città senza aver meta. Lui la segue, con pazienza la calma e la accarezza. Lei, Margherita, fa sogni tumultuosi, si sveglia col cuore che balla. Non sa dove andare, cosa fare, cosa mangiare. Sta male per tutto. É abituata a lavori molto pesanti, stare in casa a guardare la signora T. é per lei come perdere tempo. Non regge le ore davanti a una tv, ad attendere l’infermiere, a pensare alla notte. E piange Margherita. Piange e non vive. Il suo uomo dalla pelle bruna l’ha salvata da una fine prevedibile, ma a lei non basta. La domenica lo va a trovare, pulisce la sua casa e poi aspetta che lui possa amarla. Non si accontenta: i suoi baci non la saziano, ogni atto é una pena, il sonno del dopo la mortifica. L’uomo non parla. La attende. Lei vuol tornare dai figli, dal marito ubriaco, dalla madre che non ha come farli mangiare. Si affaccia alla finestra e pensa di partire, saluta con la mano il suo tunisino che sta sulla via a consolarla. Margherita frigge pesce alle otto del mattino, mangia torte stantie, lecca le sue dita imbrattate di crema, spalma marmellata su dei lunghi panini. E si dispera.
Telefona ogni momento, non guarda negli occhi, vuole abbandonare questo uomo di ebano, vuole infliggere dolore. Va da medici che non conosce chiedendo spiegazioni ai suoi mali, paga con i soldi guadagnati e crede di poter sfidare tutti. Ha fretta e non si siede mai. Il suo grande corpo non si stanca. Ha solo lacrime da versare in abbondanza. Se ne andrà in un mattino d’inverno. Dopo aver lasciato la stanza in ordine. Non sa dove andrà, dove lavorerà. Niente la attende. Ha davanti le strade e il vento che solleva i suoi capelli ondulati, che fa schiudere gli occhi trasparenti, di lucido pianto.