Markrain, il poeta che ti viene a cercare.

POESIE D’AMORE AL PRIMO CHE PASSA, la prima del giovane artista catanese

(a Palazzo Scammacca sabato 22 ottobre)

Aforismi che scavano nel non detto dell’oggi, versi brevi come haiku che non sono haiku, pagine di parole e grafica in dialogo con una terza dimensione. Una poesia soggetto/oggetto in un binario comunicativo il cui autore non aspetta il lettore in libreria, ma irrompe ovunque con pagine sospese ad altezza d’uomo per dirgli: parlo con te. E ci riesce.
Condividere sembra il primo must di Marco Raineri in arte Markrain, studente in Medicina all’Università di Catania e artista che a soli ventisei anni debutta in una prima mostra personale sabato 22 ottobre alle ore 18.30 presso Palazzo Scammacca (Piazza Scammacca n.1) con 52 poesie stampate su carta e 7 poesie-istallazioni, dopo essersi fatto conoscere in varie città – nord Italia compreso – diffondendo gratuitamente per strada e in eventi pubblici i suoi versi, in un’azione definibile come street poetry, ripresa e diffusa su Instagram e altri social da noti influencer.
Eclettico e innovatore, talentuoso, non da ultimo coraggioso, già noto e apprezzato dai coetanei, dà al termine poesia una nuova veste, più fresca, più prossima e sinestetica di quella classica o contemporanea, svelando un sentire/pensare profondo.
Un debutto ufficiale fortemente voluto dall’artista nella città natìa (solo a Catania e non altrove, malgrado una richiesta dalla città di Milano) e in un luogo – Palazzo Scammacca – che vuole essere centro d’incontro culturale e di rigenerazione urbana. La mostra Poesie d’amore al primo che passa, da sabato 22 ottobre alle 18.30, resterà aperta al pubblico tutti i fine settimana su prenotazione fino a data da stabilirsi.
L’opera poetica di Markrain utilizza più linguaggi artistici facendoli dialogare in modo nuovo e identitario, e lui stesso ci dà modo di conoscerli in anteprima mentre completa l’allestimento nel palazzo.

«Uno dei concept della mia poesia – dice Markrain – è giocare, sia con, sia di chi sta usufruendo della poesia. Mi sono ispirato alle opere di Marcel Duchamp e di Maurizio Cattelan, anche lui mosso da Duchamp nel fattore “presa in giro”, tant’è che io definisco poesie “post duchampiane” alcune opere che potrebbero apparire come semplici oggetti. Parto dal concetto di una poesia che anziché su carta rappresento su un oggetto, che così diventa l’oggetto del concetto, e il tutto è così metafora, analogia.»

La tua grafica è particolare. Da dove nasce?
«È una scrittura dove ogni lettera, girata, non cambia significato. Su questo tipo di lettere, gioco, ruotandole di tanto in tanto, per riprodurre nel fruitore una difficoltà simile a quella che incontra nella lettura un dislessico. Io stesso ho una leggera dislessia e quindi mi serve per fare entrare il lettore ulteriormente nella mia testa, nel mio modo di leggere.»
Mentre Markrain spiega il pensiero sotteso al “filo logico” della mostra (rappresentato da un filo rosso che il visitatore dovrà seguire) e a vari collegamenti tra gli elementi dell’allestimento, ci illustra anche la distribuzione delle opere tra le quattro stanze di Palazzo Scammacca, ciascuna delle quali rappresenta una tematica. Si parte con quella del “Dialogo interiore”, annunciata sulla porta dal foglio sospeso con l’aforisma «la nudità non c’entra con l’essersi spogliato, io mi spoglio su di un foglio per poi essere sfogliato».

Qui spicca la poesia dal titolo “Indovinello”. Che posto occupa nella tematica “dialogo interiore”?
«Il dialogo interiore guarda a ogni emozione espressa senza filtro, senza censura foss’anche per le emozioni negative quali la rabbia, e proprio ad essa è dedicata Indovinello. Dico sempre che la tua vita è un’autostrada dove non puoi tornare indietro, perché è a senso unico. Le emozioni sono delle colline che attraversi dentro, al buio. L’unica opzione data per tornare a vedere la luce è quella di attraversare il tunnel».

E le altre stanze tematiche?
«La seconda stanza è “La critica sociale”, in cui l’occhio è rivolto all’esterno. Ad esempio, ho qui una poesia post-duchampiana: “Non pagare non ha prezzo”, scritta su una banconota. È sulla riflessione innescata sul valore dell’arte, sul rapporto valore/denaro, e mi piacerebbe sapere che valore danno le persone a questa opera. Lo chiederò ai visitatori, perché io sarò qui con loro durante le visite».

C’è una poesia che puoi dire la tua preferita?
«Sì, ed è Presa in giro, una critica all’arte concettuale, che a mio parere ha raggiunto uno stato di cortocircuito, perché ormai, se non la spieghi, non riesce a trasmettere il significato che si propone. Proprio per non fallire nel fine comunicativo, io cerco di porre degli strati di significato con dei livelli diversi in cui il primo deve raggiungere tutti, e gli altri livelli sono lasciati a letture successive e a lettori pronti».

La terza stanza si apre con l’aforisma: “La scienza ragiona come farci vivere più a lungo, le emozioni ci danno una ragione per volerlo fare”. Che tema ha?
«Sì, questa è la stanza della “terapia”. Ho iniziato a scrivere a 18 anni, due anni dopo l’avvio di un percorso psicoterapeutico che appunto guida a saper riconoscere le proprie emozioni, a sbrogliare la matassa. Inoltre, sono studente di Medicina e vorrei diventare psicoterapeuta. Alcune opere compariranno più avanti perché la mostra sarà in evoluzione, proprio come la persona. La chiamo anche “La stanza dello spirito e del tempo”, citazione presa da Dragon Ball, dalla sua stanza dove il tempo si ferma e lui si allena. L’ultima stanza-tematica si chiama “Amore”, dove dentro e fuori si scambiano e dialogano».

Le tue citazioni pescano in diverse arti, visive e no, in un repertorio noto ai tuoi coetanei. È a loro che ti rivolgi espressamente?
«Le mie poesie sono il resoconto delle epifanie della mia vita. Sicuramente rappresento me e loro. Lo dice l’opera Non vedo l’ora, che recita: Il tempo è denaro – quindi a tempo debito. In questa frase c’è una proporzione che è: tempo sta a denaro come tempo (perso) sta a debito. Questa è per me la sensazione che vive soprattutto la mia generazione nel mondo capitalista. Tu devi produrre sempre. Nel momento in cui non lo fai, stai perdendo tempo e stai producendo debito. Questa è la sensazione fortemente ansiogena vissuta dalla mia generazione. Ci sentiamo coi minuti contati, anche per la situazione climatica, e tutto il tempo va capitalizzato. Io vorrei poter godere il tempo libero, ma dato che per la società quel tempo è perso, cado in uno stato ansiogeno, e non a caso il disagio psicologico sta aumentando terribilmente e sistemicamente, e ciò significa che è il sistema a essere tarato in modo da non pensare all’individuo».

Marco, per la tua produzione, al termine poesia io sostituirei quella di “opera poetica in toto”. Ti ritrovi, o preferisci l’espressione “versi”?
«Preferisco l’espressione “versi”, anche perché mi richiama i mostri, come quelli che abbiamo dentro, col bisogno di esprimere».

Ecco perché la poesia di Markrain ci viene a cercare, e ci trova.

INDOVINELLO di Markrain, ph Lucia Russo
RIFLESSO di Markrain, ph Lucia Russo
Stanza TERAPIA Markrain a P. Scammacca ph Lucia Russo
IL FILO LOGICO di Markrain, ph Lucia Russo
NON VEDO LORA di Markrain, ph Lucia Russo
Stanza AMORE di Markrain, ph Lucia Russo

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