Edgar_Degas_-_Rehearsal_of_the_Scene





lei era lì

non era più la stessa

il volto sbiancato nell’intangibile

nulla più le apparteneva

si rivoltava in un’altra che l’offendeva

nell’involo mostruoso in lontananza

lei era un soffio chiuso

tutto era in sé pieno, attaccata

alle pareti, lei era ormai radice

 

*

 

ancora più in alto

in mezzo alle querce

non c’è altro che querce

siamo sempre più vicini al cielo

poiché nessuno è giunto alla sua fine

prima di morire

su quelle rovine vedemmo

ciò che di noi viene disperso

 

*

 

come grembo che si prepara

a ritornare estraneo ad ogni flutto

nell’uliveto deposto ogni possesso

lei chiese

sul lago conducimi con te

poi vide la giovane a lei rivolta

che l’abbracciava tante volte

non vide più nulla dopo

solo un sorriso chiaro,

una gratitudine

 

*

 

il sole alle spalle cancella

i nostri volti

veniamo da troppa lontananza

lungo quella discesa

nel porticato

alte colonne ci avvolsero

con le loro braccia

 

simultanea la superficie

il movimento attorno al proprio

asse, in rotazione

 

all’ampiezza

offriamo il soffio qui adagiato

la bellezza che ci fu tolta

nella luce inesorabile

dello spegnersi

 

*

 

la soglia era ciò

che a noi stessi fu ignoto

per molti anni

come le cose

che invecchiano e si annullano

 

poi qualcosa chiamò

precipitata e muta

lasciò che altri sapessero

 

– siamo colui che se ne va

abbiamo le sue gambe

le spalle, l’incedere veloce

la traccia di un saluto

siamo colui che sprofonda

a un passo da noi –

 

*

 

lei stava su un piano mobile

quando sospesa vide

l’insegna dei volti

qui visse la donna diceva

ma tutto era già stato

 

sulle rovine del nostro essere

rimbombava sola la domanda

è quella la porta?

 

*

 

tutto stava su di lei

e lei sosteneva tutto quel peso

e il peso erano i suoi figli

creature che non erano ancora

venute al mondo

lei stava di sotto e dentro

 

questa pena l’attraversava ancora

quando venne meno qualcosa

 

le acque la accolsero

 

e quando si avvicinò alla costa

della piccola isola, tutti

portava nel suo grembo

 

*

 

la condizione umana chiude

in sé la forma del tempo

che non vuoi più, allora

ti incammini tastando

muri che non vedi, conosci

la disaffezione

negli occhi scende, toccata

nell’incertezza della gamba

è poca cosa

è poca cosa anche

l’oscillare sulla strada sdegnosa

 

hai visto il tempo nello spazio

brevissimo, ancora da varcare

 

*

 

inesauribile sul fondo

la scomparsa si deposita

premendo negli occhi la rara

bellezza

imperfetta resta lì sul confine

 

la madre è la dentro, insieme

erano stati l’aurora più forte

 

al ventre fa la guardia il vento

tutto il mattino cade nella mano

passa in un soffio

beati gli occhi fa la luce

 

*

 

 

 

 

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