lei era lì
non era più la stessa
il volto sbiancato nell’intangibile
nulla più le apparteneva
si rivoltava in un’altra che l’offendeva
nell’involo mostruoso in lontananza
lei era un soffio chiuso
tutto era in sé pieno, attaccata
alle pareti, lei era ormai radice
*
ancora più in alto
in mezzo alle querce
non c’è altro che querce
siamo sempre più vicini al cielo
poiché nessuno è giunto alla sua fine
prima di morire
su quelle rovine vedemmo
ciò che di noi viene disperso
*
come grembo che si prepara
a ritornare estraneo ad ogni flutto
nell’uliveto deposto ogni possesso
lei chiese
sul lago conducimi con te
poi vide la giovane a lei rivolta
che l’abbracciava tante volte
non vide più nulla dopo
solo un sorriso chiaro,
una gratitudine
*
il sole alle spalle cancella
i nostri volti
veniamo da troppa lontananza
lungo quella discesa
nel porticato
alte colonne ci avvolsero
con le loro braccia
simultanea la superficie
il movimento attorno al proprio
asse, in rotazione
all’ampiezza
offriamo il soffio qui adagiato
la bellezza che ci fu tolta
nella luce inesorabile
dello spegnersi
*
la soglia era ciò
che a noi stessi fu ignoto
per molti anni
come le cose
che invecchiano e si annullano
poi qualcosa chiamò
precipitata e muta
lasciò che altri sapessero
– siamo colui che se ne va
abbiamo le sue gambe
le spalle, l’incedere veloce
la traccia di un saluto
siamo colui che sprofonda
a un passo da noi –
*
lei stava su un piano mobile
quando sospesa vide
l’insegna dei volti
qui visse la donna diceva
ma tutto era già stato
sulle rovine del nostro essere
rimbombava sola la domanda
è quella la porta?
*
tutto stava su di lei
e lei sosteneva tutto quel peso
e il peso erano i suoi figli
creature che non erano ancora
venute al mondo
lei stava di sotto e dentro
questa pena l’attraversava ancora
quando venne meno qualcosa
le acque la accolsero
e quando si avvicinò alla costa
della piccola isola, tutti
portava nel suo grembo
*
la condizione umana chiude
in sé la forma del tempo
che non vuoi più, allora
ti incammini tastando
muri che non vedi, conosci
la disaffezione
negli occhi scende, toccata
nell’incertezza della gamba
è poca cosa
è poca cosa anche
l’oscillare sulla strada sdegnosa
hai visto il tempo nello spazio
brevissimo, ancora da varcare
*
inesauribile sul fondo
la scomparsa si deposita
premendo negli occhi la rara
bellezza
imperfetta resta lì sul confine
la madre è la dentro, insieme
erano stati l’aurora più forte
al ventre fa la guardia il vento
tutto il mattino cade nella mano
passa in un soffio
beati gli occhi fa la luce
*
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