È un racconto fascinoso e inquietante quello che Paola Tricomi ci regala con Il canto del mare, un testo arricchito dai bei dipinti di Carlo Cordua. Il racconto si legge tutto d’un fiato. È la storia di una donna, di una scienziata, che si trova dentro una ricerca in cui vengono alla luce i nodi della sua vitae della vita di tutti. Una ricerca dell’oggetto che diventa una ricerca del senso, anzi un rinvenimento del (non)senso, tanto potente quanto spiazzante e terribile. Nulla di serioso o di moralistico, però. Quel che colpisce è invece l’abilità della narratrice di porre con leggerezza problemi profondissimi e ‘pesanti’, di aprire finestre inedite sull’esistenza.
Si può vivere conoscendo in anticipo il proprio destino? Il destino dell’umanità? O forse la vita è per noi questa miracolosa capacità di ricavare spazi di libertà lì dove tutto sembra scritto, di dare un senso all’insensato, di sottrarci al caso e al destino? C’è qualcosa nell’umano – Pavese lo sapeva – che ci rende nemici e lottatori del destino. Esso è posto inesorabilmente come fine della nostra avventura, e coincide al limite con l’ineluttabile della morte. Ma noi viviamo senza curarcene, anzi credendo sempre di potergli sfuggire. Ogni giorno di speranza, ogni giorno che comincia è una scommessa sulla possibilità, sulla libertà.
È come se dicessimo: posso creare io le condizioni della mia vita, posso liberamente collocarmi nel mondo: e la morte non mi bloccherà. È come un impeto commovente, lirico e tragico insieme, a cui la Tricomi fornisce una sorta di leggera e fine tramatura. Con una chiara scelta di campo: Paola crede nella libertà. Il suo racconto esprime questa fede e la fa coincidere con il narrare, quale pratica eminentemente umana di accesso alla comunità e alla condivisione dei significati. Con la libertà di raccontare e di raccontarci diventiamo donne, diventiamo uomini. E ci ritroviamo. La narratrice del Canto del mare lo ha fatto per prima. Chi la conosce lo sa.
Paola Tricomi e “Il canto del mare”, luminosa ricerca di senso nel segno della libertà.
Antonio Sichera
Antonio Sichera insegna Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Catania ed è docente di Ermeneutica e Fenomenologia nella Scuola di Specializzazione MIUR dell’Istituto di Gestalt HCC Kairòs. Ha scritto in chiave concordanziale e comparatistica su numerosi temi e autori della letteratura otto/novecentesca, in costante rapporto con la Bibbia e la patrologia cristiana, e in dialogo con la teoria critica di Benjamin e la teologia letteraria di Jean-Pierre Jossua. Ha studiato sul versante gestaltico la questione ermeneutica, tra Heidegger e Gadamer, con saggi tradotti in varie lingue europee. Per i tipi di Olschki, oltre ad una monografia pirandelliana, ha pubblicato nel 1997, con Giuseppe Savoca, la Concordanza delle poesie di Cesare Pavese. (gennaio 2015)