“Resto fermo sul piano più stralunato / Di un sasso che non ha bocca per parlare / E comunque ingiunge di non essere preso alla leggera.” Versi come sintesi di un libro, “Del fare spietato”, edito da Arcipelago Itaca, per introdurre la nostra intervista al poeta Pasquale Vitagliano.
Qual è il ricordo (o un aneddoto) legato alla tua prima poesia? E, ancora, nello specifico, alla ‘nascita’ di questa raccolta?
Se ho cominciato a scrivere poesie lo devo ad un film di Luigi Comencini, Voltati Eugenio. È la storia di un ragazzino che vive un malessere che gli deriva dalla vita degli adulti. Così, ad un certo punto, di notte, scrive una poesia. Anche a me è capitato lo stesso. A tredici anni ho scritto un poesia un po’ goffa, la prima. Per gioco l’ho anche pubblicata nella mia prima raccolta. Quanto al Del fare spietato, la raccolta ha la struttura musicale di una fuga, con un tema centrale e molte varianti che girano intorno ad esso. Ancora una volta il tema lo ha suggerito un film, Into the wild di Sean Penn. È la storia vera di un giovane, che muore di stenti nella natura selvaggia, inseguendo il suo sogno di purezza. Ho pensato, perché l’ho vissuto, che anche l’impegno civile, in questo momento storico preciso, può essere altrettanto selvaggio, spietato, una vera e propria discesa all’inferno.
Quale (e per quali ragioni) poeta e relativi i versi che non dovremmo mai dimenticare?
Dante, intanto. Tu proverai sì come sa di sale/ lo pane altri, e come è duro calle/ lo scendere e ‘l salire per l’altrui scale. Il più grande dei poeti civili. Rocco Scotellaro perché è il più meridiano dei poeti. E’ fatto giorno. Siamo entrati in giuoco anche noi/ con i panni e le scarpe e le facce che avevamo. Pasolini, il più struggente. Cosa conterà la mia vita privata,/ miseri scheletri senza vita/ né privata né pubblica, ricattatori/ cosa conterà/ Conteranno le mie tenerezze. E infine Emily Dickinson, la più vigile. Buongiorno, mezzanotte./ Torno a casa./Il giorno si è stancato di me:/ come potevo io – di lui?
Ovviamente, la scelta è forzata. I poeti fondamentali sono tanti e concorrono tutti a creare un unico testo che, come un respiro, li contenga tutti, anche, lo speriamo, i nostri.
Riporteresti una poesia o uno stralcio di testo nel quale all’occorrenza ami rifugiarti?
Metti in versi la vita, trascrivi/ fedelmente, senza tacere/ particolare alcuno, l’evidenza dei vivi./ (…) Inoltre metti in versi che morire/ è possibile a tutti più che nascere/ e in ogni caso l’essere è più del dire. E’ una poesia esortazione di Giovanni Giudici. E’ il mio faro nella scrittura e nella vita.
Qual è la tua ‘attuale’ spiegazione/definizione di poesia?
La poesia è un ragionamento verbale creativo che ambisce a (ri)creare la vita. Ed in questo dispiegamento, che insieme decifra e (ri) codifica, è il sogno più vigile, la più dolorosa gioia.
Quando una poesia può dirsi compiuta?
Adatto una citazione di Palombella Rossa. La poesia deve riuscire a mettere insieme i quattro silenzi, letterale, allegorico, morale e divino. Quando accade è un goal. E’ un’armonia. E riuscirci è difficilissimo. Accade 163 volte nella vita.
La poesia necessita più di ascolto o di essere ascoltata?
E come può esserci discontinuità? Non ci può essere poesia senza ascolto. Ed una poesia inascoltata è una poesia nata morta. Per questo i reading poetici, per quello che sono diventati, sono dei funerali. Ciascun poeta legge, come un cordoglio, il proprio testo e se ne va via, senza ascoltare gli altri.
Oggigiorno, qual è (ammesso ne abbia uno) l’incarico della poesia?
L’incarico della poesia è ad essa intrinseco. Nel momento in cui diventa estrinseco, dovuto, un appello, la poesia tradisce se stessa. In questo senso, solo in questo senso, il compito della poesia è tenere accesa un luce, per vigilare nella notte. E nella notte non si vede nulla, ma si ascoltano i rumori e le voci.
La parola poetica per preservare la propria efficacia comunicativa deve “esprimersi” usando il linguaggio del tempo in cui nasce e vive?
Anche in questo caso, non credo si possa fare un discorso didascalico. È nelle cose che il linguaggio poetico, come qualsiasi tipo di linguaggio, risenta di quello del proprio tempo. Credo sia impensabile oggi scrivere una poesia con lo stile di Leopardi o di Foscolo, o della stessa Dickinson. D’altra parte, ridurre un testo poetico ad un bugiardino, come pure la neo-avanguardia ha fatto, non solo è un tentativo goffo di scrittura ma anche effimero. Per me la stella polare è l’autenticità.
Per concludere, ti invito, per salutare i nostri lettori a scegliere una tua poesia e, nel contempo, ti invito a portarci a ritroso nel tempo, a prima della stesura completa o della prima stesura, per raccontarci quanto “accaduto” così da permetterci di condividere (e meglio comprendere) il percorso che l’ha vista nascere.
Vedo il mare Sempre dal solito punto
Ogni anno da questo angolo sempre
Dalla stessa posizione
Ho visto addirittura che si scarnifica
Sugli scogli che perdono il muschio marino
Le alghe scompaiono intossicate
E la sabbia lentamente avanza da sotto
Per la gioia dei ragazzi che ho visto neonati
Distesi sotto il sole all’ombra del disagio
Ed io sempre con gli stessi pensieri
Ed io sempre da quella distanza
E lui che alla stessa ora passa e mi saluta
È lui il solito ragazzo che ho visto bambino
È lui che passa e saluta me che sono lui.
Questa poesia è un piccolo paradigma della mia scrittura. È reale, in quanto nasce da un’esperienza concreta. Non suona alcun tasto sentimentale. All’opposto ragiona intorno all’osservazione. L’anima viene fuori per emersione da questo scardinamento poetico dello spazio e del tempo. Il sentimento della nostalgia di ciò che si perde sta in questo inesorabile passaggio attraverso la fissità delle cose.
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Pasquale Vitagliano è nato a Lecce. Vive a Terlizzi (BA) e lavora nella Giustizia. Giornalista e critico letterario per riviste locali e nazionali. Ha scritto per Italialibri, Lapoesiaelospirito, Reb Stein, Nazione Indiana, Neobar, Nuovi Argomenti, il Ponte. Ha collaborato con le pagine culturali de La Città, quotidiano della Provincia di Teramo. Collabora con la rivista Incroci, diretta da Raffaele Nigro e Lino Angiuli. Menzione speciale nel 2005 al Premio di Poesia Lorenzo Montano Città di Verona – Sezione Opera Inedita. Nel 2006 è tra i “Segnalati” nello stesso premio – Sezione Poesia Inedita. Nel 2006 ha curato la sezione riservata a Italialibri dell’Antologia della Poesia Erotica (Atì editore). Ha pubblicato le seguenti raccolte: Amnesie amniotiche (Lietocolle, 2009); Il cibo senza nome (Lietocolle, 2011); Come i corpi le cose (Lietocolle, 2013); 11 Apostoli, poesie sul calcio (Zona contemporanea, 2016); Habeas Corpus (Zona contemporanea, 2017); Del fare spietato (Arcipelago Itaca, 2019).
È tra gli autori che hanno curato l’opera critica La poesia nel secondo Novecento – Vol. 1 (Edizioni CFR, 2014). Nel 2010 la silloge di poesie civili Europa è stata inserita nell’antologia Pugliamondo – un viaggio in versi, curata da Abele Longo (Edizioni Accademia di Terra d’Otranto Neobar). Nel 2011 ha partecipato alle opere collettive Impoetico mafioso – 100 poeti contro la mafia, curata da Gianmario Lucini (Edizioni CFR) e La versione di Giuseppe – poeti per Don Tonino Bello, curata da Abele Longo, (Edizioni Accademia di Terra d’Otranto). Tra i poeti antologizzati nello studio A Sud del Sud dei Santi. Sinopsie, Immagini e Forme della Puglia Poetica, a cura di Michelangelo Zizzi (Lietocolle, 2013). Nel 2013 è stato finalista nella XVI Edizione del Premio “Poesia di Strada” di Macerata. Nel 2015 è tra i premiati nella sezione cultura e costume del Premio “Michele Campione” dell’Ordine dei Giornalisti della Puglia. È presente nell’antologia Come sei bella. Viaggio poetico in Italia, curata da Camillo Langone (Aliberti Compagnia Editoriale, 2017). Presente nell’Atlante dei poeti curato dall’Università di Bologna. La raccolta Del fare spietato è stata “Segnalata” nel 2019 al Premio di Poesia Lorenzo Montano Città di Verona – Sezione Opera Edita. La stessa opera è stata finalista al Premio di Poesia Gianmario Lucini.