Parola d’Autore
Se dovessi trovare una caratteristica al mio percorso di scrittura, sarebbe la pazienza. Io amo scrivere da quando ero una ragazzina e la scrittura ha sempre rappresentato il mio modo migliore di comunicare con me stessa ma, mai, avrei immaginato che, da grande, sarei diventata una scrittrice. Mi sembrava una cosa difficilissima e non ero assolutamente certa di essere brava. Così ho seguito la seconda delle mie passioni, che è la scienza, che mi prometteva qualche prospettiva maggiore di impiego e mi sono laureata in Biologia, prima, e in Scienza della comunicazione, dopo. Ho trovato lavoro in un’azienda farmaceutica per circa quattordici anni. In tutti quegli anni ho, però, continuato a fare quello che amavo, fino a quando la paura di essere letta e la voglia di misurarmi con la scrittura mi ha travolta con grande forza e ho compreso che dovevo almeno provarci. Correva l’anno 2004 quando ho portato a termine il mio primo romanzo Sulla sedia sbagliata e mi sono messa alla ricerca di qualcuno che, non dico mi pubblicasse, ma almeno mi leggesse. Perché il mio grande dubbio di essere all’altezza, non era ancora stato risolto. Fotocopiavo il mio scritto e lo inviavo agli indirizzi delle case editrici che trovavo su internet, senza nessuna conoscenza di cosa significasse linea editoriale e attitudine di un editore a pubblicare di un argomento piuttosto che di un altro. Sulla busta riportavo il solo indirizzo che, con il tempo ho compreso, spesso nemmeno coincideva con la sede reale delle case editoriali bensì con lo studio del notaio o avvocato in cui è stato depositato l’atto di fondazione dell’impresa. Passarono sei anni senza ricevere mai nessuna risposta. Finché nel 2010 Mauro Morellini mi contattò per propormi addirittura la pubblicazione, dando fiducia a me e investendo sulla mia voce narrativa. Ricordo quel giorno come se fosse ieri. “Cara Sara, vorrei che tu la smettessi di cercare un editore perché, se vuoi, l’hai trovato!” Fui avvolta dalla gioia in persona e ci misi settimane a capacitarmi che, finalmente, ci ero riuscita. Potevo pubblicare il mio libro grazie a un piccolo editore onesto e senza dover sborsare un centesimo. Era reale e tanto dignitoso. Sulla sedia sbagliata ha venduto un bel po’ di copie per essere il libro d’esordio di una sconosciuta pubblicato con un piccolo editore e questo mi ha permesso di entrare in contatto con quella che sarebbe poi diventata la mia agente letteraria, Silvia Meucci, che mi ha chiesto di poter leggere qualcosa di mio, totalmente inedito. È arrivato Un uso qualunque di te. La storia di Viola, una donna colpevole e fragile e del suo amore apparentemente perfetto che ha fatto commuovere moltissime donne nel giro di qualche giorni dalla sua pubblicazione, regalandomi così il brivido del vedere il mio nome tra i primi della classifica degli autori più venduti, con la definizione di “fenomeno del passaparola”. Furono giornate di incredulità, stupore, gioia e paura. Forse la gioia è facilmente comprensibile ma la mia paura in quel momento merita una spiegazione. Il mio problema era legato a tutte le mie insicurezze. Ero diventata una scrittrice e ricevevo moltissime email di conferma e di complimenti ma mi portavo ancora addosso, il dubbio di essere davvero capace a fare questo mestiere. Ero brava davvero? O avevo soltanto azzeccato una trama e un personaggio che aveva colpito i miei lettori? Cosa avrei scritto dopo? Sarebbe stato all’altezza? Avrei dato conferma delle mie capacità? Così decisi di mettermi alla prova e di lanciarmi una sfida: se fossi riuscita a scrivere un romanzo diverso dal precedente, magari dando voce a un personaggio maschile, altrettanto convincente, mi sarei tranquillizzata e avrei continuato la mia strada. Insomma, come potete immaginare, decidere di scrivere Non volare via non è stato facile. Ma sono arrivati Alberto, un padre che vorrebbe tornare adolescente, e Matteo, un ragazzino speciale. Sono stati loro a darmi il coraggio che mi serviva ed è grazie a loro che ho deciso che avrei fatto la scrittrice di mestiere. Poco dopo, ho incontrato un uomo che non vedeva sua figlia da quasi dieci anni perché era stata portata dalla mamma a vivere in Danimarca, impedendo al padre di far parte della sua vita. Ho passato intere serate a scambiare mail con quest’uomo disperato e rassegnato che attraverso le sue parole mi ha fatto comprendere quanto importante potesse essere il mio compito: raccontare storie vere che aiutino tutti, compresa me, a riflettere sui propri comportamenti. Così ho raccontato la storia di Margherita, un’adolescente difficile e convinta di non essere amata, e di Francesco, un uomo che chiedo solo di poter fare il padre e nel giro di poco più di un anno è stato pubblicato il mio ultimo romanzo Niente è come te. Oggi, la scrittura è la mia attività principale e dare voce a chi, per svariate ragioni, non ci riesce è uno dei motivi per cui scelgo di scrivere una storia, piuttosto di un’altra e finalmente tutta quella paura che mi portavo dietro dalla giovinezza, sta, lentamente, svanendo. Resta chiaro un punto per me importante: scrivere significa, soprattutto, trasmettere un’emozione e regalare ai lettori un viaggio straordinario al di fuori della propria vita.