UN’OPERAZIONE DI POLIZIA LETTERARIA?

    1. Andrea Cortellessa ha recentemente raccontato in Celan dilazionato https://antinomie.it/index.php/2024/11/14/celan-dilazionato/ di come nel 1962 Vittorio Sereni, allora direttore letterario della Mondadori, commissionò a Giuseppe Bevilacqua la traduzione di qualche lirica di Paul Celan in vista di un’antologia, a patto che a supervisore fosse l’amico comune Andrea Zanzotto. Così costui 

a Sereni manda otto specimina di Bevilacqua (che infine, nel ’98, sarà il curatore del “Meridiano” di Celan), nelle quali però mette le mani pure lui: secondo Borso in tre di esse, in una sola secondo Giovanna Cordibella (curatrice, nel 2013 per L’Obliquo, del carteggio fra Celan e Sereni; e tornata sull’argomento sul numero dedicato a Zanzotto dal “verri”, nel ’21).

Il motivo per cui Cordibella riduce da tre a uno gli (non “le”) specimina ossia le prove di traduzione si desume da quanto affermava nel 2013:

Zanzotto ha allegato alla missiva “un saggio di traduzione da Celan di Bevilacqua” con qualche suo “ritocco”. Per quanto il documento non presenti alcun allegato, si è potuto identificare quest’ultimo nel dattiloscritto qui riprodotto, che presenta il testo originale della lirica Im Spätrot e, a seguire, la sua versione italiana […]. Questa traduzione è l’unica testimonianza che ci sia pervenuta di quel lavoro di “supervisione poetica” sulle versioni di Bevilacqua che Sereni aveva richiesto a Zanzotto. L’opera di traduzione, per ragioni non deducibili dalle carte d’archivio, dopo questa prima prova non verrà intrapresa.[1]

Per Cordibella dunque i ritocchi sarebbero presenti in una sola prova di traduzione giusto perché ne aveva presente solo una, mentre in Fondazione Mondadori l’allegato c’è e consta di otto prove che ho riportato nel mio Celan in Italia. Storia e critica di una ricezione, Prospero, Milano 2020, dove segnalo l’errore[2].

Ciò malgrado, Luigi Reitani in una recensione su “Il Sole 24 Ore” dell’8 ottobre 2020 citò “il carteggio tra i due poeti curato qualche anno fa da Giovanna Cordibella in un bel volume per l’Obliquo di Brescia, che purtroppo Borso omette di citare”. Meno ingiusto fu invece quando in un’altra recensione su “L’Indice” di due mesi dopo denunciò che il sottoscritto “fa passare come inediti i documenti presentati, senza menzionare la pubblicazione di G. Cordibella”. Io cioè non ho fatto passare per inedito un bel niente, semplicemente ho riportato in traduzione mia più brani del carteggio senza citare Cordibella. Ma perché?

Detto carteggio si compone di sette brevi lettere (tra la doppia e la mezza dozzina di righe, per intenderci), due di Celan e cinque di Sereni, tutte in francese e tutte tradotte in italiano a fronte pagina da Cordibella; solo che la traduzione lascia eufemisticamente a desiderare. Un esempio instar omnium dalla lettera conclusiva, di Sereni (che dà del vous reso con “lei” da Cordibella, la quale tosto però se ne scorda traducendo vos deux editeurs con “i vostri” invece che “i suoi”):

Si je peux comprendre, peut-être mieux que personne ne le pourrait, vos doutes et vos hésitations, je crois aussi qu’un écrivain doit aux autres de se faire lire et connaître par le plus grand nombre de lecteurs possible, et que parfois il faut se détacher de ses enfants chéris et leur permettre de marcher seuls.

Se io posso comprendere, forse meglio di qualsiasi altra persona lo possa [di chiunque potrebbe], i suoi dubbi e le sue esitazioni, credo altresì che uno scrittore debba agli altri il [abbia verso gli altri il dovere di] farsi leggere e conoscere da un [dal] più grande numero di lettori possibile e che talvolta occorra staccarsi dalle proprie amate creature e permetterle [permettere loro (o permettergli)] di procedere sole.

Invece di contestare Cordibella punto per punto oppure dichiarare coram populo la sua imperizia e inservibilità, ho preferito soprassedere, tanto più che avendo citato in nota il Carteggio, paravo l’eventuale accusa di non conoscerlo.

    2. Quanto a Per Zanzotto e Celan, note e revisioni, “il verri”, n. 77, ottobre 2021, pp. 144–154, vi sono chiamato in causa da Cordibella a più riprese. Già subito all’inizio, quando in nota “tra le più recenti pubblicazioni” compare: “D. Borso, Celan in Italia, cit., 48ss.” – ma ovviamente prima citato non ero[3].

Due pagine dopo Cordibella dichiara finalmente, seppur contortamente, l’esistenza in Fondazione Mondadori di “diversi saggi di traduzione tra cui alcune prove di Bevilacqua con interventi manoscritti di Zanzotto”, mentre in nota elenca le otto prove e aggiunge:

La prima pubblicazione di una delle traduzioni (quella della lirica Spätrot) risale al 2013 (cfr. la prima edizione del Carteggio (1962-1967) tra Sereni e Celan, cit., 62). Una trascrizione di tutti i testi è poi apparsa in Borso, Celan in Italia, cit., 52-56. Una loro edizione critica si legge ora in P. Celan-V. Sereni, Carteggio (1962-1967), nuova edizione ampliata, a cura di G. Cordibella, Edizioni Studi Germanici, Roma 2021, in corso di stampa.

L’edizione ampliata non si è purtroppo ancora vista, e sì che Reitani già su “L’Indice” di dicembre 2020 aveva annunciato:

Da segnalare è l’imminente ripubblicazione nelle edizioni di Studi Germanici del carteggio fra Celan e Vittorio Sereni, già apparso nel 2013 per L’Obliquo di Brescia. Curato con rigore da Giovanna Cordibella e ora ampliato, il volume permette di ricostruire la lunga storia che porta nel 1976 alla prima traduzione italiana delle poesie di Celan nella collana dello “Specchio” di Mondadori, a firma di Moshe Kahn e Marcella Bagnasco.[4]

Quella annunciata a sua volta da Cordibella è (o sarà o sarebbe) un’edizione critica, come del resto era il Carteggio dell’Ubiquo, che Reitani definisce “volume” e io invece direi librino: 67 pp. di formato ridotto che, tolte le pp. bianche e il testo francese a fronte, si riducono a una quarantina scarsa di 1100 battute ciascuna. Il mio libro invece, di formato grande con 2200 battute a p., non è un’edizione critica, fondamentalmente perché non metto in nota la collocazione per esteso. Gli è che, contenendo esso diverse centinaia di lettere citate, avrei tempestato di note il lettore eventuale, che mi stava e sta più a cuore dei concorsi universitari; e ben perciò, essendo (stato) anch’io universitario seppur non concorrente, ho escogitato una soluzione che salvaguardasse comunque la riscontrabilità della fonte. Posta alla fine dell’introduzione, essa suona:

Quanto alla Fondazione Mondadori, le fonti citate dal Fascicolo Paul Celan dell’Archivio storico della Casa editrice-Segreteria editoriale estero recano qui la sigla C, quelle dal Fondo Marco Forti la sigla F, quelle dal fondo ALI-Linder la sigla L (essendo tutto il materiale ordinato cronologicamente, dalla data della fonte si giungerà facilmente alla collocazione in fascicolo); quelle conservate al Deutsches Literaturarchiv di Marbach non recano sigla (digitando in www.dla-marbach.de/katalog/handschriften/ gli estremi della fonte citata comparirà la collocazione); nel caso residuo di fonti citate da altri archivi o da pubblicazioni, se ne fa esplicito riferimento.

E qui cominciano le obiezioni di Cordibella, sempre con rinvio in nota alla sua ventura versione ampliata.

Tra i ritocchi di Zanzotto avevo incluso anche l’intestazione dell’allegato: “Da Von Schwelle zu Schwelle, Stoccarda, 1955”, che indicava il titolo della raccolta celaniana di provenienza. Cordibella al riguardo replica: “Ringrazio Giovanni Zanzotto e Silvia Volpato per l’esame anche di questa nota ms.  e per la conferma, in questo caso, di come non sia stata apposta da mano di Zanzotto”. Ricordo di avere soppesato a lungo, e per esclusione di Bevilacqua la cui calligrafia è diversissima, optai per Zanzotto: e se fosse allora di una terza mano, redazional-mondadoriana? Meglio dismettere la lana caprina (stante che qui il paratesto è una mera etichetta) e passare alla seconda obiezione, questa sì essenziale:

Priva del corredo critico, la trascrizione […] presenta pure qualche refuso. [In nota:] Mi limito qui a segnalare un solo luogo che riguarda Con alterna chiave. Borso trascrive così il v. 5: “da occhio, bocca ed orecchio”, trascrizione da revisionare come segue: “da occhio, bocca od orecchio” (“aus Aug oder Mund oder Ohr,”). Cfr. Borso, Celan in Italia, cit., 53-54.

Ammesso che ce ne siano altri, Cordivella non avrà scelto certo il più veniale dei refusi: ma non è un refuso. Nella prima parte storica del mio libro infatti, dove riporto via via tutte le traduzioni apparse in Italia fino al 1976, a p. 54 trascrivo effettivamente “da occhio, bocca ed orecchio”; nella seconda parte critica invece, dove di ciascuna di esse do testo originale e traduzione mia segnalando di seguito in grassetto eventuali errori gravi dei singoli traduttori, a p. 300 sotto Con alterna chiave scrivo: “BEVILACQUA / v. 5, bocca ed orecchio”. Da revisionare è cioè Bevilacqua, non me.

Cordibella chiude il saggetto con un intervento televisivo del 1976 di Zanzotto su Celan,

testo che ripropongo qui di seguito con l’assenso degli eredi Zanzotto e alcune (minime) differenze rispetto alla trascrizione proposta da Borso. Tra queste, restauro necessario per garantire una fedeltà all’audio originale, introduco una lieve attenuazione nel passo […] dove Zanzotto riflette su un possibile “limite” di Celan, “ancora un po’ troppo avvelenato e abbagliato dalla grande tradizione del decadentismo europeo”.

Innanzitutto è da dire che, da un accurato confronto, il testo proposto è perfettamente uguale alla trascrizione mia, stranamente uguale perfino nella punteggiatura e nei numerosi a capo[5], fuorché nell’unico punto segnalato. Ebbene sì, rivedendo ora il video, peccai d’omissione, un po’.

Tutto era partito da uno dei tanti scambi avuti con Moshe Kahn durante la stesura del mio lavoro, quando mi raccontò di una domenica sera dell’estate 1976: romano d’elezione, si trovava in un bar con la tv accesa, quando apparve un conduttore che intervistava Bevilacqua sull’antologia celaniana con in collegamento Zanzotto. Mi bastò questo per risalire alla trasmissione, e grazie al regista Rai Davide Del Boca (lo ringrazio ora perché omisi di farlo nel libro) recuperare data e video. Cercando un po’, mi sono risorbito tutta la puntata: in studio Enzo Siciliano che intervista in diretta Bevilacqua, entrambi con l’antologia sulle ginocchia senza nominarla mai in tutta la puntata, prodiga di collegamenti in differita con Italo Chiusano, Claudio Magris, Franco Fortini, Zanzotto appunto – e Moshe, solo come un cane, a poca strada da via Teulada… Ho pensato al senso di esclusione, e mi son detto: sei in buona compagnia, di Moshe e di Celan, cui avevo “giurato” di pubblicare Celan in Italia entro il 23 novembre 2020, centenario della nascita.

[1] P. Celan – V. Sereni, Carteggio (1962-1967), a cura di G. Cordibella, L’Obliquo, Brescia 2013, p. 65. Per carte d’archivio Cordibella intende quelle conservate in Fondazione Mondadori (dichiara le lettere di Sereni “consultabili al Deutsches Literaturarchiv di Marbach”, ma in Fondazione ci sono le copie carbone). Quanto alle “ragioni”, sono deducibili dal buon senso: a Celan le prove di Bevilacqua non piacquero, come non piacquero le altre sue inoltrate nel 1969.

[2] In nota a p. 53, e un altro errore in nota a p. 96 (Cordibella trascrive l’elenco di 48 poesie stilato da Celan per l’antologia saltandone una).

[3] Un lapsus più freudiano, penso, che timpanariano. Uno svarione invece, sempre all’inizio, è: “A differenza della cultura francese, nella quale Celan è attivo nel dopoguerra e dove già nel primo scorcio della seconda metà del Novecento è un poeta riconosciuto, la cultura italiana” ecc. Bastava leggere

https://hal.science/tel-01634451v1/file/Dissertation%20WEISSMANN.pdf, studio del 2003 che ha fatto scuola, per convincersi del contrario.

[4] Avrebbe dovuto dire: un tassello tra i tanti della lunga storia. Invece continua con: “La stessa vicenda è anche al centro di un volume di Dario Borso (Celan in Italia. Storia e critica di una ricezione, pp. 380, € 24, Prospero, Novate MI 2020), che riporta per esteso […] una pluralità di traduzioni che risulta oggi di straordinario interesse e che andrebbe studiata in un modo più approfondito di quanto fa Borso nella sua pur ricchissima ricognizione”. Esistesse un codice del consumo per la repubblica dei dotti, gli abusi punibili sarebbero due: pubblicità ingannevole e pubblicità comparativa.

[5] Elementi, differentemente dalle parole, a discrezione di chi trascrive il parlato. Strano anche che Cordibella non segnali in nota, come invece fa negli altri casi, “Borso, Celan in Italia, cit., 246-247”. Un secondo lapsus?

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