Granacci
Granacci

Giulio Cesare, dopo aver sconfitto Vercingetorige nel 52 a.C., è sicuro di ottenere un’accoglienza trionfale nella lontana Roma, ma i suoi nemici, guidati da Pompeo, sono pronti per privarlo del suo comando, l’imperium. Cesare cerca quindi di negoziare col Senato una tregua, proponendo così di lasciare il potere a patto che anche Pompeo faccia lo stesso. Il Senato continua la sua ostilità così Giulio Cesare decide di commettere uno dei più gravi affronti per la Res publica Populi Romani: superare il confine meridionale della Gallia Cisalpina, il fiume Rubicone. Con questo evento, verificatosi tra il 10 e l’11 gennaio, inizierà la guerra civile tra Cesare e Pompeo. Proprio questo fatto, data la sua importanza storica, è stato spesso soggetto d’arte. Un dipinto in tempera cattura questo evento, si tratta del pannello di Francesco Granacci (1469-1543) attivo nel fiorentino. La scena rappresentata è ispirata a un fatto prodigioso raccontatoci da Svetonio: mentre Cesare meditava sul da farsi gli apparve accanto un bellissimo giovane, suonante un flauto. D’improvviso il giovane prese una tromba dalle mani di un soldato di Cesare e, suonando il segnale di tromba, attraversò il fiume. Il dipinto di Granacci (nella foto) racconta l’evento in ogni particolare: la scena è unica e continua, con i protagonisti che si ripetono per “recitare” la loro parte, un espediente di magnifico effetto che permette di vedere l’ambientazione senza tagli. Alla fine di questa “pellicola dipinta” Cesare si dirige a Roma col suo esercito, trovandosi dinanzi una città circondata da possenti mura. Ad altra opera letteraria, precisamente Farsaglia di Lucano, è ispirato il lavoro di Richard Westall, pittore inglese del XVIII secolo: in procinto di attraversare il Rubicone apparve a Cesare la grande dea Roma in ansia, luminosa ma immersa nell’oscurità, con i capelli bianchi che le cadevano dal capo turrito. La scena di Westall è avvolta dalla luce divina, una luce che non è però, aperta, piena ma nebulosa così da rilevare la paura e lo stupore dell’esercito, come traspare tra l’altro dai loro volti. Giulio Cesare è invece rappresentato sicuro, come se si fosse aspettato le apparizioni preoccupate delle divinità. Jean-Léon Gérôme, pittore e scultore francese di fine Ottocento, dedica all’impresa di Cesare una statua bronzea che immortala il generale romano nell’attimo in cui, in sella al suo cavallo, è uscito dalle acque. La statua, di modeste dimensioni e conservata nella National Gallery of Canada, mostra tutta la fisicità dell’evento, dalla fatica del destriero al vento che innalza le vesti di Cesare. Le raffiche sono così forti che quasi sembrano aiutare nella risalita i due soggetti, così come accentuate sono le increspature dell’acqua. La plasticità classicheggiante, accademica, dell’opera di Gérôme, conferma le convinzioni dell’artista nel rifiutare l’impressionismo francese, protraendo quindi lo stile neoclassico.

 

 

 

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