“Chi non racconta la propria contemporaneità non dovrebbe essere considerato artista”

“Ho iniziato a dipingere come writer all’età di 15 anni – dichiara Janie -. Ammiravo, leggendo la storia del graffitismo (erroneamente chiamato così), la libertà espressiva di quei ragazzi emarginati, la loro malinconia dietro quei colori forti, luminosi e la loro forma di denuncia così plateale che presto divenne famosa in tutto il mondo. L’arte naïf e il graffitismo rimangono attualmente i due periodi artistici in cui l’uomo ha sentito il bisogno di comunicare con il resto del mondo, al contrario del rinascimento. Non credo di avere uno “stile” pittorico, la mia volontà è quella di essere sempre chiaro e non perdermi nell’incomprensione, mi piace osservare e comunicare con i fruitori dei miei lavori, forse la cosa che mi da maggiore soddisfazione, i miei disegni rappresentano ciò che vedo, non aggiungo nulla a quello che regala la natura e l’essere umano distrugge. Il contesto in cui vivo, il momento storico e sociale che osservo e la mia contemporaneità sono le mie uniche fonti d’ispirazione. Chi non racconta la propria contemporaneità non dovrebbe essere considerato un artista. I miei disegni nascono a causa di un senso di nausea dovuto alle distrazioni mediatiche, dalla falsa politica e dall’ignoranza che si sta propagando sempre più; per me l’unico modo per rimuovere questo disgusto è trasferirlo su un foglio o su un qualsiasi supporto. Mi piace pensare che i miei disegni possano risvegliare e disintossicare tutte quelle persone vittime della moderna società”.

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L’uomo (brullo) attenta alla propria vita, la vita (burla) tenta l’uomo, minuscolo sulla mole dell’esistenza, annodato e greve alla via del firmamento. Grappoli di braccia (tramortendosi) penzolano bramosi dalla volta capovolta degli inferi. Beffarda la moneta (sfuggente) bastona il presente gonfiando le attese di bigia polvere destinata alla cenere. Sul camposanto del verbo lacrima la speranza che (tenace) non muore auspicando la pace. Nell’arido deserto quotidiano affiora lo stelo, guerreggia, trafigge l’inganno e non muore auspicando la luce. La consapevolezza è la meta, a portata di mano, in un giro di chiave natale (basta smettere di stare a guardare).                  

 Grazia Calanna

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