Abrazo de mariposas. Óleo sobre tela. 195- 95 CMS.

“Il mondo necessita di caos per esistere”

Vorresti dipingerci te stessa con qualche pennellata di parole?

“Non ho mai parlato di me. Penso di dipingermi in tutti i miei quadri. C’è qualcosa di me in ogni passaggio. Sono una persona molto semplice, mi piacciono le cose piccole, mi piace la gente e guardare, guardare molto. Mi piace essere normale, guardare il mondo normale e quello nascosto, le cose speciali che hanno facce normali come la mia”.

Il tema natura domina l’attenzione mondiale. Sostenibilità, protezione, sensibilità, indifferenza. Parole. Molte. Ma di quale natura si tratta? Ce ne sono diverse? Dove si trova? Vicino o dentro di noi? Nei tuoi dipinti? In te?

“Penso che la natura sia tutto, anche la società, le necessità che a volte si nascondono e vengono riprese. Senza natura non possiamo mai essere felici. Nei miei quadri, quando dipingo la natura appaiono i mostri che sono anch’essi natura senza regole e sono parte di noi. La natura fuori della società è, per il fatto di non appartenerne, un mostro ed è marginale.
Ma non deve essere necessariamente brutto. Natura sono le persone e le idee che hanno le persone. Non posso capire il mondo al di fuori del nostro pensiero perché il mondo è la concezione che abbiamo di esso”.

Le persone sono esseri artificiali o naturali? Se le dovessi identificare con un materiale, a quale penseresti?

“Io penso che questa separazione non sia vera in quanto tutta la creazione è artificiale perché fatta da noi che siamo parte della natura e quindi è tutto naturale. La materia sono i colori che ballano sulla tela e hanno necessità di altri colori per esistere. Non esistono colori soli. Non posso immaginare un colore o una persona sempre soli”.

Nei tuoi dipinti sembra non esistere il confine tra astrazione e figurazione ma in realtà si pone dentro l’osservatore. Ciò rispecchia la tua vita e il tuo pensiero? 

“Sì, penso che ci serva un ordine ma questo ordine non è reale. Il mondo è molto più ricco. Dentro un’astrazione ci può essere un volto e dentro un volto ci può essere un’astrazione. Il mostro è dentro questa relazione caotica, gli serve il caos per esistere. L’ordine ci serve per emarginare l’idea di disordine che è il mostro. Il mostro ci fa vedere le relazioni che normalmente non vediamo e non creiamo, ci fa paura perché nasconde le cose nascoste
dietro la nostra maschera. Ognuno di noi è una piccola società”.

I colori vivaci e contemporaneamente pacati provocano e rassicurano nello stesso tempo. Così è l’arte?

“Questa ambiguità è pure l’idea del caos. Le cose non sono buone o cattive. I colori da soli sono una cosa, uniti ad altri un’altra. Il mondo non è monotono ma ambiguo, vario e ricco. I colori hanno un linguaggio proprio, parlano più di quello che dico loro. Quando parlo di colori parlo di tutto, di forma. Anche una pennellata ha una forma, una misura, una connessione. Ma questo caos ha qualcosa dell’ordine. Le relazioni caotiche sono un ordine
così grande che non si puo comprendere immediatamente con la nostra ragione. È un lavoro lungo e sempre più complicato. Se c’è qualcosa che può toccare quest’ordine sono l’arte, il teatro, la letteratura…che sono un mondo più libero e ricco della parola. Anche la scrittura è più che parola. La parola, il colore, la nota musicale sono una piccola ferramenta per
costruire un linguaggio”.

Calvino nello splendido e malinconico racconto „Senza colori“ de „Le Cosmicomiche“ descrive l’improvviso e traumatico cambiamento dell’aspetto del mondo, dal bianco e nero al colore. I due protagonisti sono un uomo e una donna, che reagiscono in due maniere
differenti. L’una preferendo ritirarsi nelle profondità della terra, senza colori, sfuggendo al nuovo, al diverso, al cambiamento, forse ad una facciata? L’altro gettandosi nella novità e nella fantasia dei colori. Uscendo da sè? Se accadesse il contrario, un’improvvisa mutazione da un mondo colorato ad un altro privo di colori, dove ti porresti? Dove porresti la tua arte?

“Questo racconto di Calvino è metaforico: a colori fuori di sé e in bianco e nero in sé. Pensando a questo racconto penso che i miei quadri siano più in bianco e nero che a colori. Ma sappiamo che il bianco e nero ha dentro di sé molte categorie di colore. Perciò penso che il bianco e nero sia più vicino al mio lavoro perché c’è qualche filtro tra il mondo e
quello che faccio. Importante è pure la società di colori. Mi serve vederla per creare il mondo in bianco e nero. Non c’è bianco e nero senza colori perché ai colori serve la luce che è bianca e il nero è assenza di colore che senza colore non esiste”.

Le tue origini sono spagnole. Lo senti di più quando sei in Spagna o all’estero? Quanto influenzano la tua pittura e i tuoi strumenti? Come agiscono gli incontri con altre persone nella tua personalità e nei tuoi lavori? Sono mostri e mostre itineranti?

“Penso che per me non sia importante la nazionalità ma la gente, l’esperienza, ciò che sta intorno. Tutti noi siamo parte di un puzzle che di volta in volta si ingrandisce, cresce e cambia di forma. Non è un rettangolo, né un quadrato o un cerchio. Dipende dalle persone e da me, da dove si guarda, non si è sempre uguali e quello che già si conosce cambia. È come se le facce dei quadri cambino quando sono dipinte. L’origine sono io con la mia esperienza che cambia fuori e dentro la Spagna. Le radici sono l’infanzia, la mia persona. La terra è esterna, una parte importante di me. Le origini personali sono un caos ma non sono negative perché hanno molte cose diverse dentro. La nazionalità è una casa molto grande e molto pesante che ti incasella moltissimo. È più facile dire sono spagnola che sono Maria. Sono sempre case superficiali. Ci servono le case ma dobbiamo sapere che ci sono, utilizzarle per liberarci”.

Maria Balibrea Melero è un’artista di Alicante (Spagna), ha studiato all’Accademia di Belle Arti di San Carlo, a Valencia, e ha intrapreso lo studio della filosofia. Oltre a occuparsi di pittura lavora nel sociale. Dall’8 al 31 marzo ha esposto i suoi lavori nella Zentrifuge, a Norimberga, dove abbiamo realizzato l’intervista.

 

 

 

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