chandra livia candiani

rubrica il cielo è un mantello

 

L’acqua è insegnata dalla sete.
La terra, dagli oceani traversati.
La gioia, dal dolore.
La pace, dai racconti di battaglia.
L’amore da un’impronta di memoria.
Gli uccelli, dalla neve.

Emily Dickinson

Cosa impariamo noi? Nella vita, non solo a scuola. Come impariamo? Chi insegna? La poesia sa di semi. Parla una lingua che sveglia. Pianta domande dentro di noi. Scava silenzi.
Emily Dickinson era un poeta molto solo. Viveva nel 1800, in una casa del Massachusetts dove i boschi sono di aceri che in autunno diventano gialli e rossi come un incendio vegetale. Non lasciava quasi mai la sua casa. E la sua stanza. Ma le pareti erano quasi invisibili per lei. Viveva nel cosmo intero. Scriveva tante lettere. E poesie. Tantissime.
Era molto in compagnia. Compagnia di alberi, foglie e sole, fiori, vento e nuvole, buio, cavalli, rane e spighe, erba e sassi, grilli e fiumi, pioggia, luna. Erano i suoi maestri. Le dicevano che nella vita tutto è legato a qualcos’altro, non c’è niente di solo. Tutte le cose sono in relazione reciproca. E per conoscere davvero l’acqua bisogna aver sete, altrimenti la diamo per scontata, beviamo senza saperlo. E solo soffrendo sappiamo quanto ci manca la gioia, la gioia minuscola di una foglia o di una lumaca, quando siamo vuoti di noi, quando ammiriamo. Sappiamo l’amore perché qualcuno ci ha amato per primo. Di nascosto, con le impronte lo sappiamo. Come con la neve: gli uccelli ci fanno sapere di essere stati in visita. Dalle impronte.
Di cosa è impronta la poesia?

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