Scarabicchi è morto nell’aprile del 2021 e questo libro esce purtroppo postumo. È uno dei suoi piú belli, senz’altro il piú commovente. Queste sue ultime poesie vanno alla ricerca dei sogni, delle cose, delle idee avute e scomparse nel corso degli anni («Si decida il contabile del tempo | a restituirci gli anni non vissuti»). Con uno sguardo al mondo che andrà avanti, alle generazioni che, come sempre, si succedono alle precedenti. Il lirismo sommesso ed essenziale tipico del poeta marchigiano è qui al servizio di un libro testamentario in cui il poeta fa pacatamente i conti con la fine della vita, avvertita ormai come imminente. Senza mai indulgere al pathos, attenendosi a quella sobrietà linguistica, a quel «monachesimo lessicale», come scrisse Enrico Testa, che chi ha letto Il prato bianco e gli altri suoi non numerosi libri ha imparato a intepretare come indicazione etica non meno che come scelta stilistica.
due poesie
Sarò puntuale quando sarai notte,
starò dalla tua parte a ravvisarti
gli anni di molte insonnie e passi calmi.
Avrò quel viso che non so di avere,
dirò parole appena per fermarti
sull’unico confine che scompare.
Qui regna il tempo che scompare
Qui regna il tempo che scompare,
la fuga sua invisibile,
il nome che non resta,
giorno della stagione, breve resa,
limite d’ogni soglia inesistente.
Francesco Scarabicchi (Ancona 1951-2021) ha esordito nel 1982 con La porta murata. Tra i suoi libri successivi: Il viale d’inverno (1989), Il prato bianco (1997, Einaudi 2017), L’esperienza della neve (2003), L’ora felice (2010), con ogni mio saper e diligentia. Stanze per Lorenzo Lotto (2013), Non domandarmi nulla (traduzioni da García Lorca e Antonio Machado, 2015). Eianudi ha pubblicato anche La figlia che non piange (2021).