cop argentina di silvia rosa

Con questo lavoro (Italiane d’Argentina, Storia e memorie di un secolo d’emigrazione al femminile 1860-1960 ed. Ananke) ho tentato di ricostruire in un’ottica di genere il fenomeno dell’emigrazione italiana in Argentina, durante un secolo, tra il 1860 e il 1960. Il lavoro ha preso forma:  in primo luogo attraverso la ricognizione e l’analisi critica degli studi storiografici condotti finora sulle italiane emigrate oltreoceano in secondo luogo mediante una ricerca sui materiali autobiografici e sulle memorie delle protagoniste. La finalità di questo percorso è stata duplice: rivedere le questioni salienti trattate in ambito storico centrando il fuoco dell’analisi sulla realtà delle donne emigrate e al contempo dare voce alle loro storie e alla dimensione della loro interiorità. Nella prima parte del lavoro, quindi, mi sono proposta di rileggere e declinare al femminile le tematiche centrali della ricerca storiografica sull’emigrazione italiana in Argentina, passando al vaglio tutti gli studi che è stato possibile reperire – sia in ambito italiano che argentino – condotti ad oggi sui comportamenti matrimoniali, la fecondità, le catene migratorie, le reti sociali, le dinamiche transnazionali, l’associazionismo e il lavoro, alla ricerca di precise informazioni relative alle donne. Nella seconda parte del lavoro, invece, ho usato le fonti autobiografiche disponibili sia in ambito italiano che argentino, per raccogliere e indagare le testimonianze delle donne emigrate, ripercorrendo attraverso i loro racconti i temi classici messi in evidenza dalla storiografia d’emigrazione: i motivi della partenza, il viaggio transoceanico, il problema della lingua, l’inserimento nel mondo del lavoro, il processo di integrazione. Le ricerche sui materiali autobiografici degli ultimi anni hanno puntato l’attenzione soprattutto sui gruppi di emigranti di una certa appartenenza regionale: quindi l’impiego queste testimonianze ha reso possibile un’interessante e inedita ricomposizione del mosaico di esperienze locali/regionali che nel loro complesso hanno costituito la vicenda migratoria dell’Italia intera. Non è possibile tracciare un resoconto sintetico di quanto emerso in merito ad ogni singola tematica affrontata e questo perché numerose differenze hanno segnano le italiane sia nel contesto di partenza che in quello di arrivo, influendo di volta in volta sui loro ruoli, le loro identità, i loro comportamenti e le loro occupazioni, e rendendo quindi difficile costruire un modello migratorio definibile in modo univoco. Tra le differenze più rilevanti vanno annoverate: quelle temporali che determinano fra l’altro un senso d’appartenenza mutato rispetto al paese d’origine e cambiamenti notevoli negli assetti economico-sociali del paese d’accoglienza; le differenze relative alla provenienza territoriale (Nord e Sud, città e campagna,  ecc.) e ai diversi contesti d’accoglienza (città, Pampas) le differenze sociali esistenti prima della partenza e quelle prodotte dai distinti percorsi individuali nella nuova realtà; le distanze generazionali: madri e figlie, appartenenti alla stessa famiglia e alla stessa ondata migratoria, infatti, hanno offerto la possibilità di esaminare due immagini spesso contrastanti dell’esperienza femminile all’estero, dell’assimilazione del nuovo ambiente di vita e di lavoro e due diversi modi di confrontarsi con il paese d’origine. Oltre al classico paradigma che analizza il rapporto tra continuità e mutamento culturale dei ruoli tradizionali femminili nel contesto migratorio, ho preso in considerazione altri fenomeni, che si sono mostrati rilevanti nel loro intreccio con le relazioni di genere, quali ad esempio i rapporti transnazionali. Questi rapporti, come le studiose anglosassoni hanno postulato da tempo, permettono di evidenziare l’autonomia e la partecipazione attiva delle donne al processo migratorio. Dunque in conclusione questo lavoro mostra l’eterogeneità, la complessità e la pluralità del soggetto donna migrante: non più moglie madre o figlia accompagnatrice dell’uomo, passiva e inesistente – almeno secondo una visione riduttiva a lungo in auge nella storia dell’emigrazione – ma protagonista attiva. In questa ricerca è emerso che le donne hanno svolto un ruolo fondamentale nel dar forma alle comunità degli italiani all’estero e nella creazione di dinamiche sociali ed economiche familiari transnazionali. Si sono rivelate agenti di cambiamento sociale in Argentina, impegnandosi in attività politiche e sindacali. Inoltre, pur essendo le custodi della memoria e dell’identità regionale/nazionale, si sono dimostrate capaci allo stesso tempo di rivisitare, innovandola, la cultura di appartenenza. Le donne, in ultimo, hanno saputo raccontare e svelare i vissuti più intimi della propria esperienza di emigrate: le loro testimonianze costituiscono una voce altra, per certi versi un controcanto alla storia degli uomini, che incarna tutte le tonalità della vicenda migratoria, restituendola alla memoria in tutta la sua complessità e interezza.  

***

Prefazione di Paola Corti

        Sull’esperienza femminile nell’emigrazione italiana esistono ormai diverse pubblicazioni, sia in Italia che all’estero.  Nel caso dell’Argentina, tuttavia, la prospettiva di genere non ha ancora ricevuto un’attenzione adeguata. La  pubblicazione di questo  volume – basato sulle testimonianze femminili raccolte e selezionate nella vastissima produzione bibliografica italiana e argentina  – dà quindi  visibilità  a soggetti sociali finora meno approfonditi nella pur ricchissima produzione di studi sull’emigrazione italiana nel grande paese sudamericano. Una produzione della quale il volume restituisce una sintesi aggiornata ricostruendo, nel capitolo di apertura, le tappe più significative della lunga esperienza migratoria degli italiani dagli anni preunitari al secondo dopoguerra. È un profilo storico che, nella sua efficace sinteticità, rappresenta un buon punto di partenza per la lettura del volume anche da parte di quanti, studenti e lettori comuni, non abbiano una conoscenza approfondita dell’emigrazione italiana.

       Ma nel volume l’autrice si inoltra anche nella scarsa e ben meno esplorata storiografia sulle donne italiane in Argentina, fornendo una rassegna ragionata delle ricerche, dei loro risultati, e ipotizzando i possibili sviluppi di una storia di genere nel quadro dell’immigrazione italiana nello stesso paese. Risulta così che le poche analisi mirate sulle italiane – fatta eccezione per alcuni studi sulla produzione letteraria femminile – hanno privilegiato finora approcci di impianto statistico-quantitativo sui comportamenti demografici, come le scelte matrimoniali, oppure, sempre con l’utilizzo di fonti numeriche o censuarie, hanno puntato alla comparazione internazionale tra i comportamenti delle immigrate in Argentina, negli Stati Uniti e in altri paesi, e hanno infine approfondito i comportamenti di alcuni gruppi regionali in certe realtà agricole e urbane del grande paese sudamericano. Mentre solo più di recente, grazie anche al coinvolgimento di associazioni femminili interessate al recupero della memoria dell’emigrazione regionale, si è arrivati alla raccolta diretta di interviste e testimonianze di un’importante catena migratoria, come quella piemontese, e alla pubblicazione, nel 2010, del ricco volume di Maddalena Tirabassi.

      La ricerca di Silvia Rosa si colloca in questo nuovo filone degli studi sull’autorappresentazione femminile con un’attenzione verso l’analisi diacronica dell’esperienza di emigranti appartenenti a fasi migratorie diverse e provenienti da differenti aree regionali. L’analisi delle testimonianze, concentrata negli ultimi due capitoli del volume, è preceduta da una rassegna molto articolata degli studi sulle corrispondenze, i diari, le autobiografie e le fonti orali. Questo lungo capitolo –  nel quale la riflessione storiografica si intreccia con quella sui problemi teorico-metodologici relativi al gender e alla ricerca autobiografica – costituisce, assieme al profilo storico disegnato nel primo capitolo, e all’analisi critica degli studi sul gender affrontata nel secondo, un’altra utile introduzione metodologica anche per il lettore poco introdotto nel dibattito  specialistico.

       L’utilizzo delle testimonianze orali per la ricostruzione dell’esperienza femminile, infine, non solo va ad ampliare il quadro della ricerca sull’esperienza delle donne italiane in Argentina in una prospettiva di indagine qualitativa finora poco seguita, ma permette anche di formulare alcune considerazioni non scontate sui percorsi femminili in una delle più grandi aree dell’emigrazione transoceanica. Questi itinerari – studiati maggiormente nella realtà statunitense, e spesso con un’ottica volta a valutarne le dinamiche nella prospettiva della modernizzazione – nell’analisi di Silvia Rosa vengono disegnati attraverso le molteplici ambiguità e contraddizioni che risaltano dall’autorappresentazione delle protagoniste.

     È vero che la scansione prescelta per seguire queste traiettorie non si discosta molto da quella più seguita nell’ormai sterminata produzione bibliografica sui movimenti migratori: la partenza, il viaggio e l’arrivo, punti d’avvio obbligati di ogni percorso migratorio, sono la premessa per affrontare le tappe dell’integrazione e per decifrare i comportamenti che l’accompagnano. Questa scelta, tuttavia, risulta particolarmente opportuna proprio per le caratteristiche dei soggetti che vengono presi in esame. È infatti attraverso questi percorsi, seguiti finora con la lente dell’esperienza maschile, che si colgono molte delle peculiarità di genere messe in risalto dall’autrice. Così, se per la partenza il baule diventa una sorta di oggettivazione di una quotidianità femminile a cui non si vuole rinunciare neppure all’estero – e per questo è l’oggetto più ricorrente e simbolicamente più evocato nei racconti autobiografici di donne di provenienze differenti e di fasi migratorie diverse – per il viaggio a dominare i ricordi femminili sono piuttosto le paure fisiche per le aggressioni esterne – divenute spesso una tragica realtà –,  per i rischi ai quali vengono esposte le gravidanze, o per le maggiori sofferenze che queste ultime comportano nella già difficile vita a bordo. Mentre per l’arrivo, e per la vita nei nuovi contesti, i racconti declinati al femminile permettono di cogliere soprattutto la non univocità dei ruoli assunti dalle donne nel variegato percorso dell’integrazione all’estero. Piuttosto che la dicotomica alternativa tra la figura della “custode” e della tramite generazionale di lingua, tradizioni e identità d’origine o, all’opposto, della donna progressivamente “emancipata” dal processo di assimilazione, tra le “italiane d’Argentina”, che si raccontano nel volume di Silvia Rosa, sembrano prevalere comportamenti meno definiti e più articolati sul piano temporale e generazionale. E soprattutto sembra risaltare l’utile funzione di mediazione esercitata  dalle donne tra la famiglia e la nuova società. Una funzione che in Argentina, come in tante altre sedi di immigrazione, viene riconosciuta dalla più aggiornata storiografia sul gender come base importante per la formazione delle stesse comunità etniche e della loro organizzazione.

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