La poesia come critica sociale: due testi di Seamus Heaney (1939-2013)

Seamus Heaney
Seamus Heaney

‘Limbo’ (‘Limbo’, 1970) e ‘Figlio illegittimo’ (‘Bye-Child’, 1971) – entrambe da Traversare l’inverno (Wintering Out, 1972), terzo di dodici libri del poeta nordirlandese – descrivono la situazione di una madre colpevole di «una figliazione illegittima». Il British Abortion Act del 1967, che ha reso legale l’aborto in Gran Bretagna fino alla 28ma settimana di gravidanza, non è mai stato esteso all’Irlanda del Nord. Movente della prima poesia è il ruolo della Chiesa, che ha spinto la ragazza a uccidere il bambino – gesto che lei compie non senza affetto materno e sofferenza – e che la condanna alla dannazione, escludendo dalla beatitudine eterna anche il neonato, innocente ma non battezzato. Heaney prende le distanze da questa condanna con una metafora tradizionalmente cristologica: nemmeno Cristo può pescare nel Limbo. A ispirare la seconda poesia fu invece il caso di un bambino nordirlandese, Kevin Halfpenny, che nel 1956 fu trovato in un pollaio, dove la madre lo teneva rinchiuso da anni. Heaney, nato nella stessa contea e adolescente all’epoca dei fatti, conserva un ricordo vivissimo di questo «piccolo schiavo» ed è colpito particolarmente dall’inabilità di parlare del «piccolo uomo lunare», compensata solo in parte da gesti. Nei versi conclusivi la brutalità della schiavitù del bambino è elevata alle afflizioni di una vita santa sull’esempio di Cristo sofferente e liberatore. Sia per ‘Limbo’ che per ‘Figlio illegittimo’ si può dunque parlare di critica sociale e religiosa, rivolta soprattutto all’ipocrisia istituzionale.

(M.S.)

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foto di Giovanna Iorio

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Limbo

Nelle reti dei pescatori di Ballyshannon
la notte scorsa c’era un neonato
oltre ai salmoni.
Una figliazione illegittima,

un pescetto ributtato
nelle acque. Ma sono sicuro
che, quando lei stava nell’acqua bassa
e lo immergeva con tenerezza

finché i suoi polsi ossuti e gelati
furono insensibili come il ghiaietto,
lui era un pesciolino con ami
che le laceravano il ventre.

Lei entrò in acqua sotto
il segno della sua croce.
Lui fu tirato a riva con il pesce.
Ora il limbo sarà

un luccichio freddo di anime
oltre una lontana zona salmastra.
Là persino i palmi di Cristo, le piaghe ancora aperte,
bruciano e non riescono a pescare.

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foto di Giovanna Iorio

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Figlio illegittimo

Lo trovarono nel pollaio dove
lei lo aveva relegato. Non sapeva
parlare.

Quando la lampada rifulse,
un tuorlo di luce
alla finestra sul retro,
il bambino nel capanno
portò l’occhio a una fessura –

piccolo schiavo in gabbia
dal volto appuntito come lune nuove
ricordate, la tua foto intravista
ancora come un roditore
sul fondo della mia mente,

piccolo uomo lunare,
fedele nella tua cuccia chiusa
in fondo al cortile,
la tua fragile forma, luminosa,
senza peso, smuove la polvere,

le ragnatele, vecchi escrementi
sotto i trespoli
e odori stantii dagli avanzi
che lei ti passava dalla botola
mattina e sera.

Dopo quei passi, il silenzio;
veglie, solitudini, digiuni,
lacrime non battezzate,
un confuso amore per la luce.
Ma ora finalmente parli

con una mimica distante
di qualcosa che va oltre la sopportazione,
la tua conferma stupita e muta
di distanze lunari
percorse oltre l’amore.

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(Traduzione di Marco Sonzogni)

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