L’abbandono
Quando l’abbandono diventa attesa, dolorosa speranza che si spegne lentamente col passare dei giorni. Quando basta un nulla per dare ossigeno al fuoco che in meno di un istante lo consuma. Quando l’abbandono da fatto fisico ed esterno diventa solitudine interiore, ricerca di “perché” che non troveranno mai risposte se non nel disamore e rimangono ricordi di baci sciarpe e di semplici gesti come ossessioni. Quando da tutto diventiamo nulla, perché nulla siamo più per l’altro e ci sentiamo inutili o fastidiosi come la polvere.
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La fame di un bacio Nemmeno la fame di un bacio che mi resta sul collo coperto è più ricordo di una corsa perenne o di una sciarpa bucata e vorrei sovrappormi al tempo e tenerlo o strapparne la carne dalle tue mani che furono ladre di gesti frugati e nascosti e di carte lasciate sui tavoli Mi hai sparsa per i vicoli e le piazze come polvere di vecchi tappeti coi fili tirati da unghie affilate di gatti dispettosi e annoiati e dai tuoi sguardi sempre distratti da pensieri digiuni e dai giri di vite che un tempo cercavi e cercavo e ora non si respirano più.
Non ti chiedo Non ti chiedo del cielo nero né del vento che sposta del tuo tenermi in emostasi costante dei flussi fermi e dei sassi che pesano dentro e tirano a fondo Il mio voler uscire dai giri interni e fermi inferni con l’odore di chiuso e carta bruciata e nessun fuoco ancora Avevi detto che passavi a prendermi.
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