Maria Gabriella Canfarelli, “Taccuino dei giorni chiusi”.

anteprima

dalla sezione Taccuino dei giorni chiusi
(tratta dalla raccolta inedita Il viaggio sulla terra della signora C.)

 

 

 

L’ORDINE DOVUTO

Fare, rifare daccapo
armare la pazienza a mani nude
sterilizzate in alcool puro a iosa.
Farsi ubbidienti all’ordine dovuto
lavare bene il giorno, affidarsi
alla frase pronta all’uso, bell’e fatta
che cuci e scuci a mente. Poi ti butti
con rabbia, con furore nel cambio
anticipato di stagione
frattanto che il pensiero corre ai lacci
e nel silenzio monacale chiosi
gli amati libri amanti, dov’è presente
la resurrezione.

 

CALMA FORZATA RESISTENZA

Ti chiamo, non ti giri né rispondi.
Dai le spalle alla voce, poi continui del resto
indifferente. Volevo solo raccontarti, dirti
cosa succede al mondo a morte
stropicciato. Ho sviluppato, sai, e non
tanto per dire, una calma forzata resistenza
da poco diventata più severa. Quasi non piango più
se ti ripenso, a crepapelle quasi più
non rido.

 

UN RISVEGLIO

Biglietto del mattino
è la schiarita
e tu rispondi, riprendi colore
fattezze meno uguali a prima
che fosse il cuore dentro la corsia.
Sorride l’anima che urla
nello stomaco come fame arretrata
ed è stanchezza
che non sai misurare, e ancora provi
e provi a stirare di stento la faccia
uscita dal sonno, dal lenzuolo
sbattuto bianco albume d’uomo
risuscitato infine, e così sia.

 

OCCLUSIONI

Prono paziente, posa remissiva
d’albume d’uomo fatto quasi infante
per guadagnare aria dalla cannula
spinta in fondo, verso i mantici occlusi
del respiro, che sonno è, il tuo
e quanto è differente o uguale al mio
e lo vorrei svegliare andando via
da qui a dappertutto
con le parole, con le vene urgenti
messe a tacere da novanta giorni.

 

TRENTUNO AGOSTO

Manco da giorni e giorni
al richiamo del foglio di scrittura
e al suo punto di vista rispondo
in qualche modo
a più di mezza estate a sfinimento
provo a fare dell’aria scorta
e promemoria, tesoro del presente:
scrivere intanto una lettera al buio
per domani, settembre.

 

 

(Nota dell’A.)

Scritti tra maggio e agosto 2020, con mente/cuore rivolti ai giorni virulenti del furore pandemico che ha sconvolto e ridisegnato i confini delle certezze umane, giorni mancanti della gioia di un semplice abbraccio familiare e amicale, dell’incontro con conoscenti o sconosciuti come del piacere elementare di una passeggiata, questi versi sono dedicati alle vittime del COVID 19, ai sopravvissuti e ai medici, agli infermieri e a quanti si sono prodigati con assoluta abnegazione nei confronti dei malati e dei sofferenti, anche sacrificando se stessi.

Edvard Munch, Ragazza alla finestra, 1893.

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