“Nostos XV”: DARE LUOGO AL SILENZIO (STEFANO RAIMONDI)

Nostos, ritorno alla parola
Rubrica a cura di Luca Pizzolitto

 

 

Da Stefano Raimondi, Portatori di silenzio (Mimesis, 2012)

Esistono parole che “fanno passare” e altre che “portano” in qualche luogo senza farcene conoscere la meta. Esistono parole di passo e parole d’ombra. Queste ultime avvengono scaturendo dalla luce – la sorgente reale delle ombre e del silenzio – dimostrando i loro contrari: nel chiarore e nel brusio, imboccando entrambi una strada nuova. L’ombra e il silenzio gettano un ponte, creano un passaggio verso il visibile come verso l’invisibile, divenendo confine di una possibile nascita, di un possibile mutamento. Da questa linea sottile della percezione del mondo, sia la luce che il rumore fanno breccia nelle loro stesse sostanze, dalle loro stesse evidenze, modificandosi, patendosi, impregnandosi, dandosi senso.

(…)

(Infatti) l’ombra si fa più scura, più netta, più sottile se la sua luce/sorgente è più intensa e la richiesta di silenzio si fa più energica, se il rumore è davvero lancinante. Essi si palesano come delle necessità, delle urgenze e delle salvezze, apparentemente “irrazionali”, che occorrono per calmarci, placarci, renderci ancora più vicini alla grazia della tranquillità e della pacatezza. E lo fanno senza nessun interesse, senza determinismi. Qui la logica delle contraddizioni resta a volte la più valida e la più corroborata.
Ma è nel silenzio delle parole poetiche – inteso proprio come “rappresentazione fenomenica e metaforica dell’ombra” necessaria per la luce – che l’attenzione si fa decisiva. Un’attenzione che alla luce e alla sua estensione espressiva, si fa portatrice di un senso “Altro” da percorrere e incontrare. (…) È nel valore della testimonianza che il silenzio acquista la sua determinatezza e il suo statuto più alto. Esso si trasforma da silenzio passivo, presente solo come “assenza” o tutto al più, come uno sfondo inerte e inespressivo, in un silenzio parlante, capace di essere agente e concreto nella sua essenza-presenza, nel suo dire a chi sa, che lo spazio intercorso tra il silenzio del balbettio e quello del rantolo, è lo spazio essenziale e avari delle necessità e della vita.

(…)

Il silenzio lo si trova solo se lo si interroga e non se lo si cerca soltanto. Il silenzio ha una dimestichezza particolare con le cose da trovare: le perdute. Il silenzio lo si trova, perché trovare è sapere già cosa si va ad incontrare, perché saputo, perché voluto da prima. Infatti al silenzio non importa di essere cercato ma trovato, perché cercare è sempre dirigersi verso qualcosa che ancora non si conosce, che ancora non ci appartiene, mentre è dal silenzio che noi sorgiamo, è da un grembo filtrante che noi vediamo la luce e che una volta perduto, bisognerà trovare/ritrovare. Da lì i rumori sono come fossero già dentro di noi: materni, nostri. Sentire il silenzio come prossimo a venire; è questo l’orizzonte di chi vuole incontrarlo, di chi vuole condividerne lo spazio e la possibilità.

Stefano Raimondi (Milano, 1964) poeta e critico letterario, laureato in Filosofia. Sue poesie sono apparse nell’ «Almanacco dello Specchio» e su «Nuovi Argomenti». Ha pubblicato Invernale (1999); Una lettura d’anni, in Poesia Contemporanea. Settimo quaderno italiano (2001); La città dell’orto (2002,2021); Il mare dietro l’autostrada (2005); Interni con finestre (2009); Per restare fedeli (2013); Il cane di Giacometti (2017); Il sogno di Giuseppe (2019); Storie per taccuino piccolo piccolo, (2022). Per il teatro ha pubblicato Soltanto vive. 59 Monologhi (2016), L’Antigone. Recitativo per voce sola (2023). È inoltre autore dei saggi: La ‘Frontiera’ di Vittorio Sereni. Una vicenda poetica (1935-1941) (2000); Il male del reticolato. Lo sguardo estremo nella poesia di Vittorio Sereni e René Char (2007); Portatori di silenzio (2012). Curatore del ciclo d’incontri Parole Urbane, svolge inoltre attività docenza presso la LUA (Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari) e la Belleville la Scuola di scrittura. È tra i fondatori dell’Accademia del Silenzio e di LABB – Luoghi abbandonati, luoghi ritrovati. Laboratorio Permanente sui territori e le comunità (Università degli Studi di Milano).

la foto in copertina è di Jason Leung.

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