PASSEGGIATE TRA LETTERATURA E DINTORNI. L’ultima opera critica di Pietro Civitareale.

Considerare Letteratura e dintorni (Martinsicuro, Arsenio Edizioni, 2020) ultimo libro dell’abruzzese Pietro Civitareale, come una semplice miscellanea di critica e pubblicistica sarebbe una svista eclatante. Sebbene egli vi abbia raccolto, in tre sezioni (Scrittori di ieri e di oggi; Testi, pretesti e contesti; Scritti vari: tra arte, scienza, religione e società), un’ampia scelta della sua produzione di prefatore, saggista e recensore, il volume presenta una solida struttura compositiva e un taglio stilistico che armonizza, in un continuum narrativo, i vari interventi.

     Nella prima parte sono presentate alcune tra le più rilevanti esperienze della letteratura internazionale: dal misticismo poetico di Francesco d’Assisi e San Giovanni della Croce all’invettiva dantesca del VI Canto del Purgatorio, dalle Novelle esemplari di Cervantes (tradotte dallo stesso Civitareale: Faenza, Mobydick, 1998), vero innovatore del racconto “picaresco”, all’afflato metafisico di George Herbert, fino a trattare i nomi più innovativi del Novecento: da Musil («poeta della totalità infranta, della frantumazione dell’essere») a Joyce, da Pessoa a Beckett (sono analizzati spunti, influenze, caratteristiche e implicazioni psicologiche del linguaggio beckettiano in cui la parola, ora grottesca ora allucinata, si fa «strumento esorcizzante» per contrastare la pervasione del Nulla), con particolare attenzione agli scrittori italiani: su tutti Montale, Betocchi (l’importanza della prosa, per il poeta fiorentino, come «necessità d’autocoscienza in un punto di confluenza di sentimenti e ragione, di prova concretissima di vita»), Luzi, Alvaro e Bassani. Non manca l’esegesi di un classico della letteratura iberica, Federico Garcia Lorca, né quella di un’eminente autrice cubana, Juana Rosa Pita.    

     Nella seconda sezione troviamo la ricostruzione del Novecento italiano a partire dalle principali correnti letterarie cresciute in seno alle riviste: da “Lacerba” a “Il Politecnico”, da “Officina” a “Il Verri”. Dopo l’euforia destabilizzatrice innescata da Marinetti e la conseguente reazione “ermetica”, si forma, nel secondo dopoguerra, una generazione di autori che denuncia l’arretratezza e le contraddizioni del Paese, mediante un rinnovato confronto tra scrittura e ideologia. Questo dibattito porterà, per contrasto, alla creazione di una neoavanguardia poetica in virtù di una «radicale insofferenza per la letteratura “social-realista” del decennio successivo alla guerra». Quando le rivolte giovanili degli anni Sessanta impongono anche ai letterati una scelta politica, il Gruppo ’63, privo di una vera coesione interna, si divide. Per Civitareale non è facile trovare un motivo comune tra i poeti degli anni Ottanta che reagiscono al fallimento della società dei consumi o attaccando la realtà con l’arma dell’ironia o rifugiandosi in una dimensione metafisica. Un discorso a parte merita la poesia catalana (a cui l’autore ha dedicato l’antologia Poeti catalani del XX secolo, Martinsicuro, Di Felice, 2016) che, proprio nel Novecento, vive una stagione di rinascita.       

     La terza parte è quella dei cosiddetti “dintorni” ma che in realtà costituisce, nella “topografia” del libro, un ruolo centrale. I titoli degli interventi parlano da soli: da Arte, tecnica e meccanicizzazione a Per una cultura della pace, da Il paradosso della felicità a La guerra ovvero la negazione degli altri. Troviamo dunque svelata la chiave interpretativa di Pietro Civitareale, essenzialmente “umanistica”, la quale, trattando questioni di carattere civile (la necessità di una coscienza politica della ricerca scientifica e tecnologica, di una riappropriazione, da parte delle classi lavoratrici, della propria funzione storica, della formazione di una «cittadinanza sociale» a partire dal superamento dell’interesse individuale, etc.), indica il modo più lucido per intendere la letteratura. Non c’è sbaglio maggiore, infatti, che scindere l’opera dalle attinenze storiche e dalle esigenze umane che l’hanno generata. Dell’attività critica di Civitareale questo è forse il tratto più distintivo, assieme alla precisione della ricerca e al nitore della scrittura. 

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