Angelo caro, non abbiamo nient’altro che un tornare nel cuore, con parole. Le tue, che adesso sono ancora di più nostre. Ci manchi. Qui ancora assassiniamo il silenzio e manchiamo il bersaglio. E ancora ti vogliamo bene, e il ricordo di te si apre come un girasole.
All’Etna, coma a una donna
Le bocche aperte
sul flusso sadico di luna:
oltre lo scherzo della solitudine
il fuoco è boato,
è lingua di raggiro.
La vibrazione insiste
– quasi scarto di tempo –
sulla verticalità delle strutture.
Il colore è ciuffo striato
di maldicenze e pastosità:
lascia aditi al connubio.
Perciò ti amo:
bestia che invochi lasciapassare.
(da Trigonometria di ragni, All’Insegna del Pesce d’Oro, Scheiwiller, 1993)
*
Il bersaglio e il silenzio
Per colpire a segno bisogna che
regni verosimilmente il silenzio:
la parola può allarmare il bersaglio,
renderlo vibratile, quindi mobile.
Benvenuti allora gli artefici di suoni,
anche se assassini della quiete.
*
Melologhi ad Acitrezza
a Carlo Muscetta
Quest’odissea di uomini sfatti
dal loro stesso destino
da gesta consumate nell’azione
del loro essere eroi
come vinti anche dal mare
che accerchia Lachea e i Faraglioni,
Mena e ’Ntoni con voci onnipresenti
e le lampare accese
più di disperazioni che di rotte.
È circuito ripetibile
che sconfina nel contesto
con la parola aperta a sgomento
d’invocazioni e umili pretese.
(da Il bersaglio e il silenzio, 2003)
in copertina Vincent van Gogh, Sunflowers, 1889. Collectie Van Gogh Museum, Amsterdam