Talani“‹‹Dammi un bacio forte prima di andare via. Prima di richiuderti nella tua crisalide vetro opaco, verde edera. Ramificata dentro la schiena. È per troppa materia a cui abbiamo dato nomi e cifre che non sappiamo più sfiorare l’attimo. Schiavi seviziati dalla paura.Come se l’aria potesse dividersi in atomi tutti uguali, schegge affilate dentro la gola, le parole che rimangono in silenzio. ›› Era il pensiero abortito, raschiato e vomitato lucidamente dopo molte bocche passate sulla sua. Se avesse potuto strozzare quella rabbia, mai gridata, sempre decorata di sguardo collerico, di quel gioco della filosofia, scudo d’oro alle urla bulimiche. Panta rei. Non passa un cazzo senza lasciare taglio. Sempre cullata col senno di poi, pur sempre spina dorsale di ogni giorno, notte, alba rubata al sonno, mano vibrante di mancanza. Tremava. Per quella vita che sentiva troppo, che le drogava la bocca e anestetizzava il dolore, pur sempre canto, caduta libera dentro uno specchio riflesso di sé. Se avesse potuto spegnersi, per morire almeno in pochi millimetri di pelle, da ricucire senza sentire il graffio dell’abbandono, se avesse dimenticato di respirare per il dovere di rimanere viva, avrebbe ingaggiato un patto con la sua malsana patologia, si sarebbe resa vulnerabile e avrebbe gettato la maschera della fragilità. Era il simulacro del suo stesso essere. Essere troppo, essere sempre, per sempre. Es, per trovarsi sempre dov’era stata lasciata. <Mi muovo in base alla mia violenza>. Allo stato brado delle sue emozioni, sfiniva la mente di innumerevoli intrecci e visioni, fotogrammi, rebus sfilacciato di nervi rossi e neri. Sinapsi incazzate.”

(Erica Donzella)  

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