11Atelier svelati: 24 opere fotografiche di Antonio Vacirca; 6 Opere pittoriche di Giovanni Blanco, Maria Buemi, Carmelo Candiano, Giovanni La Cognata, Giuseppe Puglisi e Piero Zuccaro; testo critico di Pippo Pappalardo.
Scalamatrice33 sabato 13 luglio ore 18,30.
Compagni di strada, compagni di avventura, compagni di poesia.
A quale genere ascriveremo questa breve nota fotografica? In effetti non abbiamo avvertito alcuna necessità di costruirla come una presentazione sulla personalità dei nostri artisti; né l’abbiamo immaginata come un dispositivo critico ed esegetico utile per illustrare la loro opera e le loro opere; e, volutamente, non intendevamo suggerire percorsi interpretativi circa ill senso e la qualità dei loro elaborati. Ed allora?
Più semplicemente, siam voluti tornare sulla “scena del delitto” e, pertanto, tentare di capire quel momento iniziale (nella contrapposta vicenda artistica tra fotografia e pittura) che ha dato il via ad un nuovo modo di vedere le cose e di rappresentarle.
E se, dapprima, fu la presunta “oggettiva visibilità” del risultato fotografico a impressionare gli occhi dei nostri antenati, ben presto la riflessione su questo risultato – che rimane pur sempre “un risultato virtuale” -, insieme con la ricerca scientifica sulle risorse e sui limiti della percezione visiva, e sul carattere effimero di quanto intravisto, ci convinsero che il reale, dentro e fuori di noi, è ancora avvolto nel mitico velo di Maja; e la fotografia e la pittura, insieme e consapevolmente, hanno compiuto, ed ancora compiono, sforzi non indifferenti, per squarciarlo.
Eppure davanti un’immagine fotografica esclamiamo ammirati: “Bellissima. Sembra un quadro”. E davanti alla verosimiglianza di un quadro, proferiamo: “Magnifico! Sembra un foto”.
Sappiamo, per esperienza, che tali reazioni irritano i loro Autori: da tempo, il “combattimento per un’immagine” è senz’armi e senza ragioni di belligeranza; eppure, ancora oggi, la cosiddetta “aura artistica” è chiamata in causa allorquando alle pareti sono accostate e contrapposte paradossalmente le diverse testimonianze della medesima radice espressiva e, quindi, dell’immagine e della sua rappresentazione e condivisione.
Invero, sui due fronti, si sono schierati i migliori cervelli degli ultimi secoli, contraddicendosi e confondendosi. E noi, qui, proviamo, ancora una volta, a penetrare tale complessità arricchita da una tecnologia che non ha ancora esaurito di stupirci. Ad ogni buon conto, con l’aiuto di Benedetto Croce, sottoscriviamo che l’esperienza visiva, quando si propone come esperienza artistica, muove da un’impressione sensuale, fisica, che si fa emozione nella ricerca di una sua intima definizione e diviene espressione di un’idea che liberatasi dai suoi gravami ormai è pronta per la sua rappresentazione e condivisione. Così il nostro filosofo, che, però, non attribuiva valore estetico o artistico alle fotografie perché troppo semplici da eseguire (e non è rimasto il solo!).
Adesso, volendo allestire una sequenza fotografica che dialogasse con i nostri pittori, si intendeva mantenere le domande di cui sopra, e proporre la possibile comprensione dei due fenomeni/esperienze da tempo contrapposte e che pure invadono i pensieri dei nostri giorni: da una parte, in fotografia, la constatazione di una ricerca che va verso l’occultamento dell’autore, quasi un timore ossessivo per la sua presenza autoriale, tutta a favore di una sua scomparsa (vedi gli ultimi esempi di applicazione della cosiddetta Intelligenza Artificiale della fotografia digitale); e, dall’altro, l’orgogliosa riaffermazione dell’individualità artistica, romanticamente e titanicamente (ri)proposta quale espressione di autonomia identitaria, di individualità creatrice, di libertaria risoluzione espressiva del genere umano.
Ed allora? Si è preferito prendere lo strumento in mano (quello fotografico), portarlo all’altezza degli “occhi, del cuore, del cervello”, e farlo interloquire con le persone, con gli strumenti, con gli ambienti che con altrettanta dovizia tecnica ed altrettanta passione continuano a dare una forma al tempo, una nuova matematica allo spazio, una nuova figura alla fantasia.
Badate bene: l’esperienza è assai vecchia. Conosciamo infatti lo scambio tra le due avventure visive praticato già con disinvoltura dai pittori del secolo scorso fino all’eclettico Picasso; ed a tutti è nota l’epocale mostra “Combattimento per un’immagine”, 1973 – GAM Torino, curata da Carluccio e Palazzoli; e non possiamo prescindere dal magistrale contributo di Ugo Mulas che ci ha lasciato con “New York, arte e persone” un corretto, onesto, criterio per sciogliere ogni contrasto rifuggire ogni polemica.
Pertanto, andando a casa dei nostri artisti, nei loro studi, e guardando i loro attrezzi, sbirciando i loro progetti e catturando i loro gesti , il documento fotografico che è emerso dalla loro visione si è fatto motivo di emozione, causa di espressioni diverse ed oggi è qui accanto alle opere pittoriche per parlare con il linguaggio differente non di un “attimo fuggente” ma di un laboratorio di idee e di sentimenti affidato pur sempre a superfici confinate, a colori creati, a linee connesse non dal caso ma da un pensiero a lungo meditato; molto a lungo.
Questi accessi ci hanno riportato gli scambi tra fotografi e pittori come Degas, Cézanne Matisse, Duchamp e agli scultori come Brancusi, Messina, Pomodoro, Ceroli, Alik, Paladino. E con loro, la convivenza artistica e l’arricchimento reciproco scaturito da sodalizi stupefacenti come quello tra Giacomelli e Burri, tra Berengo Gardin e Nespolo. Straordinario, aggiungo io, l’incontro dei fotografi con l’opera di Morandi e, quasi una lezione d’arte per tutti, la visione di Piero della Francesca.
Ma cosa significa fotografare un’opera d’arte pittorica, un gesto pittorico? Certamente è cosa assai diversa riprendere un momento teatrale: in studio la tela sta ferma, la statua non si muove e riceve una luce spesso assai costante. Ma davanti ai tagli di Fontana, tra gli equilibri sospesi di Calder, tra le “colature” di Pollock, dentro l’obbiettivo del fotografo non passa forse il dinamismo di un pensiero, di una ricerca, di un incontro, di una partecipazione? Non diciamo sempre che “dietro l’obiettivo c’è un’idea, e davanti c’è il reale”?
Ebbene, proprio queste sensazioni ci hanno guidato ad una comunione. Una comunione che come racconta Scianna, riportando il suo incontro con Mulas, è una sfida: “troppo facile fotografare il barbone affamato; prova a puntare la macchina da un’altra parte, scegliti il “tuo” punto di vista e fattene una ragione”.
In effetti queste sequenze sono come delle “tracce, delle tappe”, attraverso cui la nostra coscienza di visitatori della Galleria abbatte le distinzioni, le categorie enciclopediche e converge sulla condivisione, sulla partecipazione.
Non pensiamoci, allora, come due rive opposte: noi siamo il fiume (Borges).
(Pippo Pappalardo)
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Atelier svelati
Chi ha avuto il privilegio di frequentare artisti, e lo spazio fisico dove l’ispirazione prende forma e diventa opera, si rende subito conto che l’atelier d’artista è molto di più di un semplice luogo di lavoro; E’ rifugio personale, laboratorio di idee, archivio di esperienze, diventando esso stesso estensione dell’anima creativa dell’artista.
Sono luoghi carichi di contenuti magici e alchemici dove oggetti, odori, luce e colori, in continuo equilibrio tra materiale e immateriale, compongono una complessa teoria di informazioni dalla sorprendente narrazione, generando una misteriosa energia nella stessa opera.
Conoscere lo studio di un artista significa creare una relazione intima con lo stesso, entrando in profondo collegamento con lo spazio fisico che ha generato “l’accadimento artistico”, e solo grazie ad una esplorazione visiva e olfattiva è possibile indagare la complessa e poliedrica personalità dell’artista.
Queste solo alcune delle riflessioni che mi hanno condotto ad indagare il fascino che su di me esercitano gli amici artisti e gli atelier nei quali, come esseri che si muovono nel liquido amniotico, vivono e si nutrono di tutto ciò che quello spazio, a volte angusto e circoscritto, a volte luminoso e ampio, riesce ad offrire loro.
Creare un ponte tra chi ama l’arte e chi la “genera” è un desiderio che, grazie alla sensibilità e alla capacità espressiva del fotografo Antonio Vacirca sono riuscito a realizzare. E’ ovvio che ciò è stato possibile anche grazie alla generosa disponibilità, affatto scontata, degli stessi artisti che si sono mostrati, anzi svelati, senza preclusione alcuna.
Giovanni Blanco, Maria Buemi, Carmelo Candiano, Giovanni La Cognata, Giuseppe Puglisi e Piero Zuccaro ci hanno affidato la loro prestigiosa immagine accostandosi con curiosità e fiducia a questo esperimento espositivo che certamente non mancherà di affascinare il visitatore.
“Atelier svelati” è un entusiasmante viaggio nel mondo dell’arte contemporanea che, attraverso il medium fotografico, ci permette di entrare negli atelier e conoscere i segreti e le intime pulsioni dei sei speciali artisti che si sono concessi alla nostra istanza di conoscerli più intimamente, ulteriormente avvantaggiati dal prezioso contributo esegetico scritto da uno dei più qualificati esperti di fotografia che abbiamo in Sicilia: Pippo Pappalardo.
Scalamatrice33 ha il privilegio di diventare per qualche settimana “la casa” che accoglie e raccoglie le immagini che raccontano i nostri amici; E per dirla alla maniera del nostro amico Sebastiano, «diventa la casa con le pareti dove appendere sogni, una casa dove c’è tutto purchè sia poco e sincero, e dove il solo talento non basta».
(Giuseppe Cona)
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Biografia di Antonio Vacirca
1972 Vive a Buccheri/Sicilia
Autodidatta, inizia ad interessarsi alla fotografia intorno ai 17 anni, concentrando la sua attenzione sulla ritrattistica e sul reportage di viaggio a sfondo sociale e antropologico.
Ha ritratto personaggi internazionali appartenenti al mondo della musica, del cinema,dell’arte (Patty Smith, David Byrne, Nick Cave, Wim Wenders, Martin Parr, Antoine D’Agata
Franco Battiato, Vinicio Capossela, Giuseppe Tornatore etc)senza trascurare autori emergenti. Negli ultimi anni ha viaggiato nell’Europa dell’Est, Balcani, India, Turchia, New York, Berlin realizzando vari progetti fotografici di carattere storico politico antropologico.
Le sue foto sono state pubblicate da diverse riviste e siti web italiani e stranieri.
(Around Photography, Vis a Vis, TimeOut, Zeit Magazine, Private, BrennPunkt, Drome etc.)
Mostre selezionate:
1999 Biennale dei giovani artisti dell’Europa e del Mediterraneo, a cura di Jannis Kounellis Roma
2007 Festival invernale di Sarajevo (Residenza-Mostra)
2007 2° Premio al Bruce Chatwin Award per la fotografia di viaggio.
2007 Istanbul Photo Festival curata dalla giornalista turca Mine Turkili
2018 Mostra online sul Circuito Off del Festival di Fotografia Europea di Reggio Emilia
2019 White Blank Gallery Atene
2021 The Dog – Un omaggio a Ferlinghetti – Centro Internazionale di Fotografia a cura di Letizia Battaglia Palermo 2021 Mostra al Circuito Off del Festival della Fotografia Etica di Lodi.
2021 Menzione d’onore al PX3 Prix di Photographie Paris.
2021 Terzo premio ex-aequo al Bruce Chatwin Award per la fotografia di viaggio 2021 New York Songs Museo d’Arte S.Rocco di Trapani
2023 Premio Terna Palazzo delle Esposizioni Roma 2024 Residenza C/O Kunstgiesserei ST.Gallen Swiss