Stefania Orrù e Cetty Previtera, “Elogio alla notte” un “inno a occhi socchiusi”.

L’arte, oggi forse più che mai, è un percorso rizomatico, spesso ellittico nelle dinamiche del figurabile. Essa nasce da altra arte e spesso sono smarriti i legami con la natura. A complicare la questione qui è anche il tema della mostra: la notte, quindi, romanticamente, l’oscurità e il mistero. Alla natura Stefania Orrù e Cetty Previtera si riallacciano attraverso una pratica che affonda le radici in una pittura di materia, le cui stratificazioni da un lato fanno perdere la relazione col visibile e dall’altro la reinventano attraverso un tessuto fitto di colori e iridescenze. Si può pensare anche ai cieli di Anselm Kiefer. Il titolo, scelto da Peppe Cona per questa mostra negli spazi di Scalamatrice 33, è preso da un libro di Claudio Marucchi. Per il loro “inno a occhi socchiusi”, così continua lo stesso titolo del libro citato, Cetty e Stefania utilizzano tecniche pittoriche diverse: prevalentemente l’olio Cetty, Orrù terre e ossidi, su una base di scagliola e polvere di marmo. Una natura organica e pulviscolare è cantata sommessamente nei lavori di Stefania, “Il giardino nascosto” e “I fiori e la notte” mi sembrano due quadri esemplari, dove la qualità del colore si nutre di una dimensione alchemica. In “Il funambolo” scorgiamo un bagliore rosso, forse una figurina su un’immensa rupe. ”Come le stelle”, “Nel blu”, “Il giardino della notte”, il dittico “Paesaggio viola” s’immergono in un’atmosfera panica, ancestrale, mentre le geometrie del piccolo “La misura del buio” tentano di organizzare la fluidità organica in un ordine mentale astratto, così come la centralità della sfera in “Come la luna”, anche se con parvenze di un cielo contemplato attraverso dei ramoscelli fatati. Una festa di colori danza in “Dream up, wake up” di Cetty, cromie che ritornano con diverse geometrie e rispondenze in “Piccola notte”, a tracciare equilibri come galleggianti nel mare mosso delle stesure cromatiche, mentre più apertamente è affrontato il tema notturno in “The night belong to lovers”, ove l’elemento naturale e l’elemento umano s’intrecciano, o nel grande “The black one”, in “Notte notte”, “L’altra notte”. Quadri che confermano una linea di ricerca che muove passi dall’esempio di Franco Sarnari e Piero Zuccaro, ancorata a questi “paesaggi scomposti” ormai caratteristici del lavoro di Cetty Previtera. Nel piccolo “Inverno, notte” si delineano più chiaramente elementi di paesaggio, un tronco pallido e spoglio, esile, tetti di case, ombre d’alberi. La natura è presentata in una dimensione magica, musicale, come in un mosaico, dove ogni colore risuona di echi e tintinnii del carillon della vita. 

(Alessandro Finocchiaro)

Stefania Orrù, “Come le stelle”, 2019

Stefania Orrù – Sono nata a Jesi nel 1976, ho iniziato a dipingere a venti anni. Ero affascinata dagli Affreschi antichi, in generale dai “muri”. Ho imparato a usare i materiali dell’affresco e della pittura su tavola in modo libero, irriverente, ma con un amore totale e pieno di venerazione. Ho vissuto in Umbria per venti anni, lavorando all’inizio con un maestro. I miei primi lavori erano dei giochi compositivi di materia e colore, poi è arrivata la figura umana, me stessa soprattutto. Ad un certo punto tutta l’attenzione si è concentrata sul volto… Poi la materia e il contrasto del chiaroscuro hanno preso il sopravvento in una serie di opere, ancora legate alla figura umana, che ho esposto in una mostra a Giardini di Naxos. Da questo punto in poi mi sono ritrovata immersa nei colori e non a caso, credo, sono approdata in Sicilia, dove ora passo lunghissimi periodi. Qui ho trovato nuovi maestri come Piero Zuccaro, Giuseppe Puglisi. Ora sento la possibilità di partire da qualunque cosa faccia parte del visibile. Le opere sono incentrate sulla lavorazione della materia vista come una natura che si manifesta, sulla superficie come soggetto stesso dell’opera, sul colore, sul segno come struttura, precostruita e spesso nascosta, che ne regola le dinamiche. Alla base del lavoro c’è una figurazione che non intende rappresentare il reale, ma è l’avvio di un viaggio percettivo che parte dal reale e si inoltra in una dimensione più sottile, più misteriosa… È un territorio nuovo di indagine ancora molto sconosciuto per me e difficile da esplorare; a volte sento una oscillazione tra l’esigenza di trovare una figurazione rinnovata e quella di inoltrarmi sempre di più nel bosco fitto dell’astrazione. Dal 2000 ad oggi sono successe molte cose nel mio lavoro. Questi sono i principali avvenimenti: 2016 Roma, Galleria Domenico Purificato; 2015 Giardini Naxos, “Prima Luce” Museo MacS (Castello Schisò) a cura di A. Redaelli; Prato, “ Purità, misticismo e ricerca dell’essere”, Museo del Duomo, a cura di L. Monaldi; 2014 Firenze, “L’incanto dell’essere. Materia e/è luce”, Museo Palazzo Medici Riccardi, a cura di A. Frosini. Perugia, CERP Centro Espositivo Rocca Paolina; 2013 Siracusa, “L’arte del tempo di mezzo”, Galleria Civica d’Arte Contemporanea Montevergini, a cura di D. Del Moro; Noto, “Larte del tempo di mezzo”, Palazzo Trigona, a cura di D. del Moro; Spoleto 56°Festival dei Due Mondi, “Arte in terapia, a cura di A. d’Atanasio e N. Miele; Shanghai, “The Bridge of Humanities”, Museum of Humanities, Zhujiaojiao; 2012 ROMA, Silber Gallery; 2009 ROMA, “La pittura e la Chiave dell’essere” Galleria Domus Arte, a cura di A. d’Atanasio; 2008 Milano, Galleria Senato. Zurigo, Galleria Alexander E. Raeber; 2007 Roma, Domina Festival, Casa del Cinema; 2006 Viterbo, Vitarte. Roma, Galleria Portuense; 2005 Roma, Galleria L’Indicatore; 2003 Bari Galleria Studio 5. Bari “Fiera del Levante” Expo Arte.

Cetty Previtera, “Respiro di notte”, 2019.

Cetty Previtera – Nasco in Svizzera nel 1976. Da bambina, con la famiglia mi trasferisco in Sicilia, dove ritrovo presto le mie radici. Lì cresco e vivo tutt’oggi. Coltivo da sempre lo studio della pittura, finché incontro i maestri Giuseppe Puglisi e Piero Zuccaro, incontro che si rivela cruciale per la mia formazione artistica. Dopo diverse esposizioni collettive, nel 2014, in occasione dell’esposizione de La ragazza con l’orecchino di perla di Jan Vermeer a Bologna, partecipo alla Mostra Attorno a Vermeer, a cura di Marco Goldin. Del maggio 2017 è la mia prima mostra personale, Primavera, curata anch’essa da Marco Goldin, presso le Quam di Scicli. Del 2018 la mia prima personale nella mia città, Catania, alla Carta Bianca Fine Arts. Dicono che la mia ricerca pittorica è connotata da un forte senso del colore e da una giocosa trasformazione della realtà. Il mio lavoro è la pittura. È una ricerca continua, incessante, difficile, storica. La ricerca del soggetto sovente mi confonde, ma è la pittura che, infine, accoglie qualsiasi cosa, se la lascio fare. Credo, dall’esperienza, che la pittura possa essere ricerca spirituale, e che trovi in noi un canale di passaggio per esistere. L’ascolto, l’assenso, il farsi veicolo, possono condurre alla creazione di una realtà nuova e indipendente che, meraviglia, prima non esisteva. I miei lavori più recenti sono legati alla natura, una natura spesso poco contaminata, forse abbandonata. Luoghi in cui, tra rami ed erbe, poco se non nulla è certo e definito dall’uomo. Questo senso di casualità, di libertà, lo ritrovo, soprattutto in questo momento, nella pittura, dove spesso lascio spazio ad accogliere il caso, i tentativi, i momenti inaspettati. I miei materiali sono quasi sempre grassi e corposi, dai colori ad olio ai pastelli, grassi anche essi, alla tela, spessa e a grana evidente. Tante cose dello spazio pittorico diventano parte del lavoro. Le pause più o meno lunghe tra le stesure fanno in modo che anche il tempo ci metta le mani attraverso l’aria che lentamente cristallizza il colore. Il colore trova sempre uno spazio sulla tela, anche quando non era atteso. Da tutto ciò, dai tempi, dall’ascolto, dallo sguardo, dalle attese, nascono nuove strutture, nuovi equilibri pittorici. (www.cettyprevitera.it)

La mostra sarà inaugurata domenica 19 maggio, ore 18.30, a “Scalamatrice33”, Caltagirone.

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