Un libro e un incontro per i cento anni dalla morte di Giacomo Matteotti
Nel centenario della morte di Giacomo Matteotti, l’attenzione mediatica si sofferma principalmente sulla brutalità del suo assassinio e sulle relative responsabilità del fascismo che, con quella “condanna a morte”, aveva sancito la nascita del suo regime liberticida; in ambito più ristretto si organizzano convegni e tavole rotonde per analizzare il pensiero del deputato polesano e le vicende storico-politiche che portarono alla sua formazione in seno al Partito socialista e alla sua lotta contro il dispotismo mussoliniano. Lo scorso 30 maggio invece, nel comune padovano di Arre, in un incontro che coniuga riflessione e dialogo, approfondimento e condivisione, è stato presentato l’opuscolo Giacomo Matteotti, un Uomo, un Ideale, una Battaglia da conoscere e da condividere, curato dal Prof. Carlo Scarabello che ad Abano Terme gestisce, da circa vent’anni, la Libreria Moderna.
Il libretto, che porta in copertina un ritratto di Matteotti realizzato da Maria Vinca, si apre con lo scritto introduttivo di Damiano Marcolongo, studente di Filosofia all’Università di Padova. Già la scelta di affidare la prefazione a uno studente è indicativa dell’obiettivo perseguito da Scarabello: attualizzare il pensiero del deputato socialista, o meglio riconoscere la straordinaria modernità del suo impegno morale, politico e pedagogico; ai giovani dunque, e al loro coinvolgimento, va proposto il suo modello d’intransigenza etica, di dedizione alla causa civile. Marcolongo rappresenta perfettamente l’esigenza dell’autore; operando egli nel Gruppo civico “Comunità e Territorio” a Maserà di Padova, sa che anche la politica locale può agire in modo importante sul territorio:
“Una delle caratteristiche più attraenti del pensiero politico di Matteotti è senz’altro la peculiare concezione della politica locale. Ribalta completamente alcuni assunti che caratterizzano il modo odierno di pensare l’attività pubblica nei piccoli paesi, così spesso associata al perseguimento di obiettivi “condominiali” da rischiare la riduzione ad ordinaria amministrazione.
[…] L’onere che riguarda decisioni su larghi cambiamenti sociali e sull’autentico destino del popolo viene percepito come dominio di sfere ben più lontane.”
Dalla partecipazione comune, dall’ingresso dei cittadini nelle istituzioni democratiche può iniziare un cambiamento capace di riflettersi sulla politica nazionale:
“Matteotti ci dice esplicitamente che la politica locale è il motore originario del cambiamento sociale. Anche oggi, una legge per essere equa deve incorporare il maggior numero possibile di casi particolari e problemi concreti, apprezzabili soprattutto nei piccoli comuni.
Ci indica di partire dal disagio e di applicare un lavoro pratico-costruttivo nel segno della solidarietà, dell’inclusione e della pacificazione.”
È proprio sui valori di solidarietà, inclusione e pacificazione che si basa questa pubblicazione di Scarabello in cui troviamo un Matteotti che incita i contadini a riunirsi in leghe di mestiere, obbligando così i proprietari terrieri a rivolgersi a un rappresentante dell’organizzazione per ottenere condizioni di lavoro più eque e vantaggiose per la manodopera:
“Ai cinquantamila lavoratori organizzati della provincia bisognava indicare i passi progressivi, non dei programmi di inquietudine e di rivoluzionarismo inconcludente.
L’opera di Matteotti trascurava quasi deliberatamente i Circoli e si svolgeva nelle Leghe.
Consulenza alle Cooperative agricole, aiuto nella creazione delle Cooperative di consumo, tendenza a fare in tutte le sedi questioni pratiche di realizzazione. Fu il più infaticabile nel lavoro quotidiano di assistenza amministrativa.
Matteotti trasportava la discussione su un terreno concreto di capacità e di iniziativa.”
Inoltre i contadini e gli operai dovevano prendere consapevolezza dei propri diritti – e conseguentemente doveri – di cittadini e intervenire attivamente per il miglioramento delle condizioni politiche del proprio Comune:
“Gli premeva che operai e contadini si provassero come amministratori affinché imparassero e perciò nei vari Consigli comunali soleva stare come un consigliere di riserva, pronto a riparare gli errori, ma voleva i più umili allo sperimento delle cariche esecutive.”
Tutto ovviamente doveva partire dall’istruzione scolastica vista come base necessaria per il progresso intellettuale e morale dell’individuo, come passo necessario per il conseguimento di una propria identità politica. Sempre Scarabello scrive:
“Matteotti sente il problema della scuola come luogo di formazione del popolo, non come strumento di selezione delle classi dirigenti. Gli interessano le scuole elementari, non gli istituti superiori o l’università. Non si aiuta a sostenere il progresso di un popolo restringendo il collo di bottiglia a favore delle élite, ma allargandolo alla base a beneficio delle masse.”
Scuola, comune e lega: i tre luoghi d’incontro che, secondo Matteotti, avrebbero permesso a ogni cittadino di affermare sé stesso mettendosi al servizio della comunità:
“Negli anni in cui fu impegnato nelle amministrazioni locali, lavorò con l’abnegazione di un monaco e con la costanza di un apostolo, convinto che l’elevazione delle classi inferiori passasse attraverso tre strumenti: per primo la scuola, poi il comune e poi la lega. La scuola per istruire, educare e incivilire; il comune per rompere alla base il monopolio borghese del potere; la lega e il partito per creare la coscienza di classe.”
Scarabello tratta anche del Matteotti giornalista («Così era il suo stile di giornalista: articoli brevi, facili, semplici. Un’idea sola, con dati precisi, con numeri evidenti, preferibilmente senza polemiche, senza scandali») così come di quello antimilitarista (processato per disfattismo, dal 1916 al ’17 fu confinato in Sicilia, più precisamente a Campo inglese, frazione di Messina) e, naturalmente, del Matteotti antifascista (viene ricordato il primo importante affronto alla sua persona da parte di una squadraccia fascista durante un comizio del 1921).
Viene accennato anche alla donna che gli fu compagna e sostenitrice, Velia Titta, di cui si riporta un breve ma significativo scambio epistolare col marito.
Con questo opuscolo e con questo incontro, Carlo Scarabello scardina le consuetudini “provinciali” dei nostri operatori culturali che pure agiscono in ambito nazionale; lo fa sintetizzando il pensiero di Matteotti, di cui analizza i principi basilari, e i vari campi (politica, scuola, sindacato, etc.) in cui egli dimostrò la sua abnegazione per la causa pubblica. Il risultato è un racconto godibilissimo che ha come scopo quello di destare l’attenzione dei lettori (non soltanto i cittadini di Arre) e di spronarli a riappropriarsi del territorio – delle sue necessità, delle sue aspirazioni – così da incidere finalmente sul proprio avvenire. La sfida lanciata certamente non sarà stata vana…