voli_inversi___valentina_neri su l'estroverso

Se fossi costretto da un gioco, che spesso i presentatori televisivi fanno, e dovessi sintetizzare in una sola parola questo libro di Valentina Neri, all’apparenza piccolo, risponderei: “Irruenza”. Non l’irruenza della tempesta o dei cicloni, ma l’irruenza della brezza che pacatamente sconvolge e rimuove il risaputo e porta su nuove sponde, oltre orizzonti distrutti dalle consuetudini, dallo sguardo opacizzato dell’abitudine.
Di conseguenza ecco Le figure del sogno e per prima gli Specchi, una galleria di miti rivissuti però senza aloni, con quella umanità che è segno distintivo dell’intero volume. Poi il Bestiario delle Figure della realtà, con versi che saettano (“Ho scelto di incarcerarmi / in una lattina della Coca Cola”, “Smarrita in un labirinto di memorie assenti”, “Nessuno vendicherà il futuro immaginifico / scardinato dai nostri sogni”) e a seguire Umanità, in cui trabocca una tenerezza coinvolgente e ricca (“Cucina l’amore”), in cui ciascun familiare risorge da un’icona per ritrovarne un’altra adeguata e ferma dentro parole che fluttuano e rigenerano l’amore.
Molto belle le interpretazioni sia di Davide Rondoni, sia di Maria Teresa Marcialis, che sono entrati nel vivo della poesia di Valentina, e non nascondo che dopo avere letto il libro e dopo avere letto i due scritti critici mi sono sentito privo di risorse, per un attimo, con la sensazione che ogni argomento fosse stato trattato, che ogni sfumatura dei testi fosse stata discussa.
E dunque la rilettura. Come sempre bisognerebbe fare, soprattutto quando un libro come questo presenta mille risvolti. Ed ecco Le figure della felicità, il Senso che si apre a ventaglio, e l’Oro a chiusura.
La rilettura permette di assaporare le parole, di entrarci e di coglierne le valenze più nascoste, quel profumo imponderabile che la poetessa ha sparso a piene mani donandosi, abbandonandosi, senza paraventi, senza tergiversare e senza coprire di veli i suoi sentimenti, consapevole che si tratta di sentimenti forti, frutto di una natura che rapidamente ha racchiuso in sé esperienze umane e di letture, viaggi nell’abisso dei sogni, esaltazioni che debordano e però fermano, proprio nell’attimo di debordare, il senso recondito delle perdite quotidiane, del disfarsi della logica, dell’insinuarsi di quel qualcosa che a un certo punto rende palese la verità. Perché si badi con attenzione, Valentina è a questo che tende, scovare la verità, portarla allo scoperto, offrirla e magari fustigarla quando si concede a chi non la merita.
Una poesia così fatta non bada, dunque, soltanto agli esiti letterari ed estetici, ma anche a quelli irti e scomodi del sociale. Infatti, se ci si sofferma adeguatamente, ci si accorge che non mancano stilettate impudiche che vanno al cuore del sistema-mondo. L’ansia di Valentina, la sua inquietudine sono come fiumi che impetuosamente si gonfiano e trascinano verso il mare aperto.
Il fiume però non è soltanto mezzo che ha la funzione assegnatagli dalla natura, ha versanti emblematici che vanno dal viaggio, al canto frastagliato, allo sconvolgimento, alla bellezza insita nella corsa, alle anse, alle rapide… e perfino alla distruzione, alle diramazioni…
Libro perciò vero, parole intagliate che non sono puri suoni rubati al vocabolario, pensieri costruttivi che mirano a dare un nuovo assetto alla realtà, che non vogliono essere carezzevoli e suadenti, ma vogliono il colloquio, l’incontro e lo scontro.
Ritorno per un attimo alla postfazione di Maria Teresa Marcialis che avvisa: “Voli inVersi ha una profonda unità, derivante non solo dall’unità del sentire e del poetare, ma anche dalla struttura formale”. Infatti la voce della poetessa è riconoscibilissima, tersa, accattivante e calda, ed è per questo che diventa saldo il rigore formale che dà la possibilità di esprimersi al meglio, con punte raffinatissime e con lampi che attanagliano e ci danno la misura di un’anima, di un carattere, di un poetessa, insomma, che io vedo avviata a grandi risultati e proprio perché nell’irruenza del dettato non dimentica d’essere donna pienamente, fino in fondo. E lo si intende magnificamente proprio quando dice, in Cibo, “Non sono nemmeno più donna”.

 

Sei poesie scelte da Voli inVersi di Valentina Neri, Arkadia Editore, 2015.

Sorella

Pasticcio d’altruismo
inopportuna schiettezza
e bellicosa friabilità malcelata.
Instabile e sdrucita d’incuria
ma forte come un virgulto
in guerra col maestrale.

*

L’invito

Toccarsi d’occhi tanto da sentirsi
tra acuti maestralini irriverenti.
Ho voglia di sentirti, e tu già dentro
ansioso sensuale manifesto.
Ci separa il sospeso.
Trovarti fra le tue carte,
avvinto in testardo timore.
Non sapevo che il presagio
a guida dei miei involuti: sì!
Mani a chiomare sui capelli
Fuggire e fuggire
in avvinghi balocchi come gli anni.
Comprimimi come in un guizzo
come in un suono
come in un quadro
come in un verso.
Come ciò che non contengo
per trabocco d’incapienza.
Non ho nulla, oltre il dare
dunque accoglimi.

*

Il segreto di Cappuccetto Rosso

Ingoia nel tuo ventre la mia disobbedienza.
Il mio peccato abdica a servizio della tua crudeltà
Nessuno deve vedere nascosta,
sotto il rossore pudico dal mio cappuccetto,
la voglia mia che ho del male.
Nessuno deve capire
la magia di te che mi turba i sensi
la perversa anima tua che mi farà donna.
Ambisco ad essere punita
Voglio essere vittima
sono la voglia tua che hai del male.
Sapevo tutto! del bosco … del lupo …
E ora ti vengo incontro:
non puoi deludermi.
Sii tu quello che non sei
non hai speranza
Seducimi solcandomi il corpo con la foga dei tuoi artigli
graffiami con la soavità delle tue bugie
Ingoiami … Non vomitarmi!
Ingoiami.
Ingoia la mia solitudine incompresa
Ingoia la mia inetta nullità.
Fammi male, tanto male
male da essere capita,
male da non poter più essere ferita.
Male da poter essere qualcuno
nel bosco nero dell’ ipocrisia
finalmente

Qualcuno.

*

Svagonerie e vaneggi

Non mi regalerò all’ingorgo malato
nell’asse dell’assenso disperato
come un messaggio imbottigliato
che non arriva mai a destinazione.
Mezzogiorno di frustrazione!
trascorso tra i semafori rosso relativo
e l’ironia del clacson collettivo
affetto da diurna licantropia.
Salirò invece su un treno e svagonerò
accoccolandomi tra scampoli di vita altrui
alienandomi all’occorrenza
per sognare indisturbata
fino alla prossima fermata.

*

Avvengo

Avvengo
ogni giorno
da te penetrata e fertile
mai sazia nel ventre
di trastulli attraenti la vita.
Così avvengo, come non sapessi …

Strumento risuono
abbandonata tra dita intente
a stuzzicar corde di me
orfane di suono.
Cerco almeno l’altra mia voce.
Così canto, come non capissi …

*

Come il vino

Potrei chiederti di amarmi come il vino
che decanta dall’innocenza il vizio
distillando l’utopia dall’oggettivo.
Tralci dolciastri fermentano le mie voglie
imbibite di pudicizia.
Metaforiche vinezzerie
rosseggiano sul colmo delle mie labbra:
calici da leggersi come fondi di caffè
in lucido delirio.
Abboccami in una botte di zucchero
vendemmia gli zampilli del mio crescere
appanna le pretese del mio nascere
stordiscimi col mosto del tuo nettare
eccita la mia volontà disinibita
inebria la ragione intorpidita.
Potrei chiederti di amarmi come il vino
allora allegramente annegherei.

Potrebbero interessarti