cop voglio solo ammazzarti

Esistono tante ragioni per scrivere un romanzo. Tuttavia, una soltanto è quella giusta: la voglia di scrivere un romanzo. Per me è un po’ come raccontare una favola al bambino che (ancora) non ho prima di metterlo a dormire. Il senso è quello. Narrare, raccontare, affabulare. Sono rimasto affezionato ai racconti della paura che parlano di gente seduta intorno a un fuoco, con i pezzi di carne abbrustolita infilzata dagli stecchi, che narra aneddoti spettrali mentre le lingue infuocate danzano sui volti. Questo, per me, è il romanzo. Questo è l’unico motivo per il quale un individuo dovrebbe sedersi a una scrivania e cominciare a scrivere.

Come dicevo, però, esistono tante ragioni per le quali si può scrivere un romanzo. Uno può ritenere che la propria vita sia talmente interessante da volerla camuffare e riciclare, ripubblicare, sotto forma di racconto scritto. Almeno una volta la settimana incontro qualcuno che mi dice “dovresti scrivere la mia biografia”, e poi esplode nella risata di chi la sa lunga, di chi, per qualche ragione, sta privando la specie umana del più sensazionale racconto che si possa mai scrivere.

Poi c’è chi vuole scrivere il proprio diario, le proprie confessioni, mettere su carta la propria stupenda fragilità. Persone che nella vita non vengono capite, e che sulla carta vorrebbero avere una sorte diversa.

Poi c’è chi vuole pubblicare un romanzo perché vuole fare lo scrittore. O meglio: vuole fare lo scrittore, e per fare lo scrittore, ahimè, deve per forza pubblicare un romanzo. Sono quelli che si immaginano una vita coi capelli lunghi e disordinati, la fiaschetta di whisky, pile di fogli sparpagliate qua e là e qualche bella signorina seduta sulle ginocchia.

Ma i peggiori, dio mio, sono quelli che vogliono “denunciare”. Per farlo non scelgono un commissariato, una procura, una caserma dei carabinieri, o al limite di esprimersi entro i paletti – pur molto larghi, tanto da lasciar spazio praticamente a ogni cosa – che la saggistica dispone. Scelgono di scrivere un romanzo. Un romanzo-denuncia. Con tutte le conseguenze del caso. Dico questo perché ogni tanto, quando vado in giro a parlare dei miei romanzi, vengo scambiato anch’io per uno scrittore di romanzi-denuncia. Ad esempio: un vero scrittore di denuncia, un “denunciatore” che si rispetti, deve aver ricevuto delle minacce. Per cui la gente mi chiede “ma lei ha mai ricevuto minacce dalla camorra?”. Io rispondo di no. “Ma proprio niente? Intimidazioni? Lettere anonime? Neanche un calcio?”. Qualcuno si alza e se ne va.

Ero molto in dubbio sul fatto di pubblicare questo mio secondo romanzo, “Voglio solo ammazzarti”, a un anno dall’uscita del primo, “Nel nome dello Zio”, con alcuni personaggi in comune e un contesto narrativo analogo. Racconto di personaggi che fanno i camorristi, che vivono vite, percorrono strade, si muovono in maniera più o meno scomposta fra le pagine del mio libro. Non mi è mai interessato scrivere di camorra, esplorare le dinamiche che condizionano i grossi traffici, sviscerare la malavita clan per clan, soldo per soldo. C’è gente che questo lavoro lo sa fare bene. Molto meglio di come io potrei mai imparare a fare. I miei dubbi erano legati a questo: vuoi vedere che poi, a ritornare un anno dopo sul luogo del delitto, qualche lettore si convince che tu sei uno “scrittore anticamorra”? Ecco, io sono un cittadino anticamorra. Che viene prima dello scrittore, prima di tutto. Quando mi metto a scrivere, scrivo e basta. Racconto. Invento.

Stavolta racconto di un maghetto strafatto di coca, una brutta copia di Harry Potter con una fastidiosissima tossicodipendenza. Racconto dello Zio, il boss malato di Grande Fratello, appassionato a livelli patologici. Racconto di Ciruzzo “Stiv Ciops”, che ha maldestramente ereditato il suo soprannome dal guru della Apple, e si presta a creare “app” utili al clan. Lo faccio perché ho voglia di raccontare una storia. E basta. Ogni tanto vedo nuovi amici sedersi intorno al fuoco, e il fuoco danza anche sulle loro facce. Tutti insieme, avvolti dal buio, coi nostri stecchi e i pezzi di carne abbrustolita.

È bellissimo, credetemi. È per questo che scrivo. Non voglio nient’altro.

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