#1Libroin5W.: Veronica Tomassini, “Vodka siberiana”, Minimegaprint.

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Chi?

I protagonisti ancora una volta sono i diseredati, mi piace definirli così, molto semplicemente, molto brutalmente, un po’ alla Salgado, i diseredati della Storia. Sopravvissuti al primo grande esodo biblico, a fine secolo scorso, uomini e donne dell’est Europa, quel che ne restava dopo la coercizione, la caduta del muro. Ma “Vodka siberiana”, chiude un tempo, una trilogy, il ciclo epico e slavo, inaugurato con “Sangue di cane” (Laurana, 2010), “L’altro addio” (Marsilio, 2017) e quindi questo ultimo, “Vodka Siberiana”, autopubblicato.

Cosa?

Il tema della solitudine, intanto, universale, e di un gruppo di bevitori, un dolore storico, l’espiazione, un male, la nostalgia. L’amore, la privazione, dentro un universo capovolto, cechoviano. Nella pozzanghera di Mirgorod rivederli tutti, eroi stralunati e alticci, così commoventi.

Quando?

L’idea dell’autopubblicazione più che altro nasce dall’indolenza rispetto a quel che ritenevo un punto morto dell’editoria o forse della mia cosiddetta “carriera” di scrittrice. Sentivo la necessità di chiudere quel tempo, slavo epico, con un romanzo che ne affrontasse ancora un brano, un lembo, una prospettiva nuova; non si finisce in effetti di raccontare, talvolta è sempre la medesima storia. L’autopubblicazione si è rivelata una piccola rivoluzione. Se n’è parlato abbastanza, nei maggiori quotidiani.

Dove?

I miei ultimi romanzi sono stati pubblicati a puntate, nel mio blog in wordpress. È un rito oramai, una condizione necessaria, senza la quale non riuscirei più a scrivere. Non riesco più a sopportare la solitudine che impone la scrittura.

Perché?

Perché sono una testimone. La mia scrittura ha questo significato. Dovevo eseguire il compito bene, fino alla fine.

Scelti per voi

“Non vede il mio mondo finito? E la parola fine non le procura smarrimento, pianto, turbamento? Signore, dico a lei. Lei ce l’ha una vita, signore? La prego mi ridia la mia, una piccola porzione, congrua, un saluto, capisce? Un saluto doveroso tra due senza patria che per una ragione o l’altra hanno costruito una terra avulsa, non per questo meno felice delle altre, perché se da qualche parte ne esistesse – della suddetta – la prova inconsistente, ecco, allora era quella, era la terra avulsa.

Le lacrime ti scendono sulle guance. Sono il segno famigliare che riconosci oggi, la tua coperta, dove ti avvolgi, in pace nella desolazione. Nella desolazione hai trovato la pace, dimenticandoti.

Indossi un vestito di velluto, lungo. Sei magrissima, la rotondità si vede appena. I capelli bruni e corti li sistemi dietro le orecchie, hai una frangia scostata di lato. Sembri un ragazzino.

La prego, signore”.

Veronica Tomassini, siciliana di origini umbre, vive a Siracusa. Il suo romanzo d’esordio, Sangue di cane (Laurana 2010) fu un caso letterario. A lungo collaboratrice del quotidiano catanese «La Sicilia», dal 2012 scrive per «il Fatto Quotidiano».

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Il prossimo 14 maggio sarà la protagonista dell’incontro condotto da Grazia Calanna, “Dal libroVodka Siberiana alle riflessioni sull’assenza odierna della resistenza intellettuale”.   

 

 

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