Protagonista di questi versi è la giovinezza sconfitta, astuta, disastrata e compianta dell’eterno giovane della poesia, Arthur Rimbaud (1854-1891). Composta nel maggio del 1872 e inserita nella raccolta Derniers vers (una sua parte sarebbe stata inclusa anche nella composizione in prosa, Une saison en enfer, del 1873), questa poesia appartiene alla vera fase “simbolista” del percorso poetico di Rimbaud: influenzato dallo stile impressionistico del suo compagno di scorribande, Paul Verlaine, il giovane ardennese tende a perfezionare i propri mezzi espressivi, prediligendo una scrittura sottilmente cromatica (lui stesso, in un celebre sonetto, aveva addirittura stabilito i colori delle vocali), dai toni meno accesi, dalle sfumature sempre calde ma più raffinate; l’uso degli strumenti retorici appare più incisivo, e capace di richiamare, medianti avvincenti lampi allegorici, una vita pulsante, pur se mostrata dietro la grata del Verbo poetico. Per certi versi il linguaggio è il solito: tagliente, arguto, volto a dissacrare ogni apparenza della Verità, e ad invocare, partendo dal profondo stato di grazia del poeta, la Pietà, da lui stesso riconosciuta come vera chiave interpretativa della vita, e che disperatamente avrebbe ricercato nella sua stagione infernale. La traduzione di Luigi Carotenuto è un’abile ed efficace interpretazione del testo originale: con finezza espressiva e audacia linguistica, egli riesce a rendere perfettamente l’armoniosa inquietudine e la dolorosa ironia dell’autore. Il “suo” è un vero Rimbaud…
(nota critica di Andrea Giampietro)
Canzone della torre più alta
di Arthur Rimbaud
Giovinezza oziosa
Onniasservita,
Per gentilezza,
Ho perduto la mia vita.
Ah! Che il tempo arrivi
dei cuori invaghiti.
Lascia, mi son detto,
e che nessuno ti veda:
e senza promessa
di gioie più grandi.
Nulla t’arresti
Asilo augusto.
Portai tanta pazienza
che ho dimenticato per sempre;
Paure e duoli
in cielo finiti,
E l’insana sete
intenebra le mie vene.
Così il prato
all’oblio dato,
vasto e fiorito
d’incenso e malerbe
al ronzare feroce
di cento mosche schifose.
Ah! Mille lutti
d’un’anima sì povera
senz’altro che un’icona
della Madonna!
Forse che si preghi
La Vergine Maria?
Giovinezza oziosa
Onniasservita,
Per gentilezza,
Ho perduto la mia vita.
Ah! Che il tempo arrivi
dei cuori invaghiti.
(traduzione di Luigi Carotenuto)
Oisive jeunesse
À tout asservie,
Par délicatesse
J’ai perdu ma vie.
Ah ! Que le temps vienne
Où les coeurs s’éprennent.
Je me suis dit: laisse,
Et qu’on ne te voie:
Et sans la promesse
De plus hautes joies.
Que rien ne t’arrête,
Auguste retraite.
J’ai tant fait patience
Qu’a jamais j’oublie;
Craintes et souffrances
Aux cieux sont parties.
Et la soif malsaine
Obscurcit mes veines.
Ainsi la Prairie
À l’oubli livrée,
Grandie, et fleurie
D’encens et d’ivraies
Au bourdon farouche
De cent sales mouches.
Ah ! Mille veuvages
De la si pauvre âme
Qui n’a que l’image
De la Notre-Dame!
Est-ce que l’on prie
La Vierge Marie?
Oisive jeunesse
À tout asservie,
Par délicatesse.
J’ai perdu ma vie.
Ah ! Que le temps vienne
Où les coeurs s’éprennent!
Mai 1872
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